Giulia Muscatelli: «La fame di Balena è la fame di ogni donna»

Giulia Muscatelli: «La fame di Balena è la fame di ogni donna»
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La scrittrice presenterà a “ContemporaneA365” il memoir tratto dalla sua vita. Un lutto, il vuoto colmato con il cibo, la vergogna. E il riscatto.

Intervista

I vuoti, quando ti prendono, vanno riempiti. O, almeno, ci si prova. Ma come può riuscirci una bambina di undici anni, che per vuoto ha una voragine, causata dalla morte del padre? Giulia, che diventerà Balena, prova a colmare quel vuoto enorme con il cibo. Fa posto al pensiero del papà “sotto la pelle che si dilata”, passa da 40 a 80 a 96 chili. Arriva a pesare infinito. Insieme al corpo, cominciano a crescere il rifiuto di sé e la vergogna. E presto arriva il bullismo dei compagni, ma anche di qualche insegnante. Comincia così, da un lutto, il libro d’esordio di Giulia Muscatelli (in foto), “Balena” (nottetempo), un memoir che si alimenta di parte della sua vita e di ampie riflessioni. L’autrice sarà ospite a Biella oggi sabato, alle 16.30 da BO-BOx Art Space in via Italia 38 e ne parlerà a “ContemporaneA365”. Qui, anticipa a “Eco di Biella” com’è nato il libro.

L’elaborazione del lutto e la fame, anche buona

«La genesi di “Balena” è stata complicata. Ha avuto una gestazione durata sette anni e la cosa interessante è che non è mai stata un memoir, almeno all’inizio. Il tema del lutto è, prima del corpo, il tema che sento “mio” e ho avvertito che questa storia, a un certo punto, aveva bisogno di qualcosa in più, della dichiarazione che fosse mia perché mancava qualcosa. Le storie seguono, come la vita e l’amore, dei corsi naturali e la mia ha seguito questa scia».

Il lutto, cardine attorno a cui tutto gira, viene trattato come la sua elaborazione:

«Noi esseri umani abbiamo tantissime maniere di affrontarlo, senza che ci sia qualcuno che ci venga a dire come. In “Balena”, tutto viene affrontato tramite il corpo. La bambina invece di usare la parole o altri metodi per esprimere il dolore lo tiene dentro e, quando questo viene fuori, si manifesta sul suo corpo: lei ingrassa in armonia con la sofferenza di chi ha intorno. Il cibo è stato mio alleato per un po’ di tempo, poi è arrivato il risvolto negativo non solo per il bullismo, ma per i problemi fisici che ne derivano».

Però la storia parla anche di una fame buona e “femminile”:

«La fame è delle donne. A un certo punto, mi sono accorta che il corpo che avevo non andava bene agli altri e che con quel corpo mi erano negate delle cose, per un fattore estetico. In più, non solo avevo un corpo grasso, ma ero una donna: inaccettabile per le altre persone. La fame è di tante donne verso ciò che è ancora negato, per lo spazio in cui essere noi stesse. La fame che provavo e tante provano è una fame del mondo, di prenderci quel che desideriamo, fosse avere figlio o scalare l’Everest. Ecco, per questo credo che la fame sia molto femminile».

A proposito di donne, molto intensa è la figura della madre di Balena:

«Credo che “Balena” sia una dichiarazione d’amore alla madre di Balena e alla mia. Una madre che, perduto l’amore della sua vita, all’inizio è devastata, si trova in una marea di debiti, non ha tempo di elaborare perché vuole salvare e dare una vita agiata alla figlia, partendo dal presupposto che, perso suo padre, non perderà nient’altro. Non si accorge del corpo che sta cambiando, ma poi le insegna che la fame può essere colmata. E non è sognare, ma andarsi a prendere ciò che si vuole. Un grande esempio, per me». E Balena in lei resta: «Grazie a Balena ho capito prima come si sta dalla parte dei più deboli e questo mi ha resa più forte. La ringrazio, è stato bello essere Balena perché mi ha dato quel che sono oggi».

Giovanna Boglietti

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