Il grigioverde del Biellese: il tessuto che ha vestito l'Esercito italiano
L'associazione laniera tutelava gli interessi biellesi: l'industria fra le due guerre raccontata su "Eco".

Nel cuore del Museo Biellese degli Alpini, creato con passione e competenza dalle penne nere locali, c’è un simbolo che parla da solo: un lembo di panno grigioverde. Un tessuto semplice, ma carico di significato, che racconta un legame profondo tra Biella e la storia dell’Esercito italiano.
Dalle valli biellesi alle divise grigioverde militari fatte nel Biellese
La tradizione tessile del Biellese affonda le radici nel XIX secolo, quando il giovane Regno di Sardegna iniziava a scrivere le prime pagine della storia unitaria italiana. I lanifici locali, già allora rinomati per la qualità dei loro tessuti, fornivano pannilana per le divise di fanti, cavalleggeri e garibaldini.
Ma è con l’introduzione del grigioverde che la connessione diventa indelebile. Questo “non-colore” venne scelto all’inizio del Novecento per la sua capacità mimetica, sostituendo il blu scuro poco adatto alla guerra moderna. Gli alpini del battaglione “Morbegno” furono i primi a testarlo. Promosso a pieni voti, divenne ufficialmente il colore dell’esercito italiano allo scoppio della Prima Guerra Mondiale.
I lanifici biellesi durante la Grande Guerra
Con l’ingresso dell’Italia nel conflitto, i lanifici biellesi risposero con prontezza alla chiamata. Coordinati dall’Associazione Italiana dell’Industria Laniera (fondata proprio a Biella nel 1877), si impegnarono nella produzione di tessuti militari seguendo le direttive del Ministero della Guerra.
Non fu un compito semplice. La scarsità di materie prime, la carenza di manodopera richiamata al fronte, gli scioperi e le malattie epidemiche misero a dura prova il sistema produttivo. Tuttavia, quasi tutte le aziende locali contribuirono, e l’Ufficio del Collaudo di Biella lavorò incessantemente per garantire la qualità dei materiali forniti all’esercito.
Nel 1918 fu persino progettato un “Opificio Militare Laniero” con sede nel Biellese, pensato per centralizzare forniture e logistica: tre magazzini zonali su quattro previsti in Piemonte sarebbero stati localizzati proprio qui.
Il grigioverde dei profughi
Durante la guerra, il grigioverde non fu solo il colore dei soldati. I santuari montani del Biellese – come Oropa e San Giovanni d’Andorno – ospitarono centinaia di profughi in fuga dalle zone di confine. Spesso privi di abiti propri, vennero vestiti con la stoffa più facilmente reperibile e a basso costo: proprio il grigioverde. Così, anche i bambini sfollati portavano una piccola “divisa” che li accomunava a chi combatteva al fronte.
Dopo la guerra: tra inchieste e nuove forniture
Nel dopoguerra, le forniture militari finirono sotto la lente della “Commissione parlamentare d’inchiesta sulle spese di guerra”, che indagò anche sui presunti sovrapprofitti. Tutti gli industriali lanieri coinvolti furono ascoltati, ma dopo due anni l’inchiesta si concluse senza conseguenze rilevanti per il settore tessile biellese.
Con la Seconda Guerra Mondiale, la storia si ripeté: ancora una volta i lanifici biellesi produssero stoffe per le divise militari. Il grigioverde si confermò tinta dominante, usata da quasi tutte le forze armate. E dopo l’8 settembre 1943, molte aziende si trovarono strette tra le richieste della Repubblica Sociale, dell’esercito tedesco e dei partigiani. Tutti avevano bisogno delle stesse coperte, flanelle, divise.
L’addio al grigioverde biellese
Con la fine della guerra, si chiude anche l’epoca del grigioverde. Le nuove divise puntano su tessuti tecnici più moderni e colori diversi, primo fra tutti il verde oliva. Ma quel panno, testimone silenzioso di un secolo di storia, resta simbolo di un legame profondo tra Biella, il suo tessile e il destino di una nazione.
(immagine di copertina generata con l'IA)