Il regista Ferrario al Cinema Verdi alla proiezione del suo "Boys"
Venerdì 23 luglio il cineasta sarà ospite per incontrare il pubblico in sala.
Venerdì 23 luglio il regista Davide Ferrario sarà ospite del cinema Verdi di Candelo per incontrare il pubblico in occasione della proiezione del suo film Boys (ore 21), nel cast del film Neri Marcorè, Marco Paolini, Giovanni Storti e Giorgio Tirabassi, con le musiche originali di Mauro Pagani.
Il regista Ferrario al Cinema Verdi
In Boys, Joe, Carlo, Bobo e Giacomo sono amici da sempre, ciascuno con la propria vita e i propri problemi, ma uniti da un autentico legame e dalla passione che li aveva fatti incontrare: la musica. The Boys, questo il nome della band, avevano avuto un fulmineo successo negli anni Settanta. Nella loro routine - tra vicende amorose e personali - irrompe una possibilità che li porta in un nuovo viaggio: dovranno fare i conti con i sogni e le ambizioni di un tempo e il mondo di oggi, ma ancora di più scopriranno il senso della loro amicizia.
Regista, sceneggiatore, produttore e critico cinematografico. Davide Ferrario è un intellettuale che ama il cinema, la magia delle immagini in movimento, sperimenta generi e stili diversi, con l'intento di raccontare piccole storie di italiani, provinciali alla ricerca di una vita più piena. Con uno spirito critico acuto, ha realizzato commedie e drammi, e si è affezionato all'animo dell'inchiesta dei documentari.
Davide Ferrario (Casalmaggiore, 1956) inizia a lavorare nel campo del cinema negli anni '70 come critico cinematografico e saggista, avviando al contempo una piccola società di distribuzione a cui si deve la circuitazione in Italia di Fassbinder, Wenders, Wajda e di altri registi. Ha pubblicato anche due romanzi: “Dissolvenza al nero” (1995) e “Sangue mio” (2010). Il suo debutto alla regia è del 1989 con La fine della notte, giudicato “Miglior film indipendente” della stagione. Dirige poi sia opere di finzione che documentari, che gli procurano una grande considerazione in Italia e che sono stati presentati in numerosi festival internazionali. Tra gli altri: i lungometraggi di finzione Tutti giù per terra (1997), Figli di Annibale (1998), Guardami (1999), Dopo Mezzanotte (2004) ambientao al Museo Nazionale del Cinema di Torino, Tutta colpa di Giuda (2009) e il documentario Piazza Garibaldi (2011). Rigorosamente indipendente, non è solo regista ma guida, al contempo, la propria casa di produzione, Rossofuoco.
Nel 2014 il suo film La zuppa del demonio, un documentario sugli effetti che l'industrializzazione e il progresso hanno avuto sulla società, viene presentato fuori concorso alla Mostra di Venezia. Nel 2015 racconta uno dei tesori d'Italia da poco riaperto al pubblico, l'Accademia Carrara di Bergamo, nel documentario L'Accademia Carrara - Il museo riscoperto. E lo stesso anno dirige due danzatori nel documentario incentrato sul corpo e sul sesso Sexxx.
"Boys è una storia di amicizia"
"Boys è una storia di amicizia e di relazioni personali. Che, con la crisi di tutto quello che è possibile entrasse in crisi, è quanto di buono ci è rimasto. Sentirsi parte di un gruppo (in questo caso una rock band, per quanto agée) è ancora qualcosa che ci regala la grazia di un posto nel mondo. Tanto più se queste amicizie sono di antica data e collegano il passato al presente e se il destino le sottopone a prove che ne testano la sincerità e il valore. I personaggi del film appartengono a una generazione (la mia, in effetti...) che non ha mai immaginato di invecchiare davvero. E invece il tempo non fa sconti a nessuno. Ma pur dovendo ciascuno affrontare una sorta di "prova di passaggio", scopriranno che la vita può tenere in serbo soddisfazioni imprevedibili in tutti i momenti. Da questo punto di vista sono essenziali i rapporti con le donne e con i personaggi più giovani. È solo con il loro confronto e con il loro intervento che Joe, Carlo, Bobo e Giacomo "diventano grandi".
Essere sessantenni oggi è strano, perché non ci si sente vecchi. Ma in questo c’è un pericolo: continuare a credersi giovani. Io penso invece che non dovremmo rincorrere chi ha meno anni di noi. Dovremmo essere fedeli a noi stessi e al nostro passato. Il che non significa rimpiangerlo con nostalgia, ma esserne dei testimoni sinceri, nel bene e nel male. Nella loro semplicità è quello che fanno i nostri boys. Con un linguaggio capace, quello sì, di attraversare le generazioni: il rock.
Il genere più adatto per raccontare questa storia è naturalmente la commedia, mescolata a elementi di road movie. Una commedia intesa non come pura macchina di produzione di situazioni comiche, ma come un genere capace di divertire, emozionare e far riflettere".