Un TRANQUILLO weekend di basket

Un TRANQUILLO<BR> weekend di basket
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La rassegna stampa della settimana suggerisce almeno qualche riflessione.  Sul Corriere dello Sport di ieri c’era un’intervista di Valerio Bianchini sulla possibile sparizione del basket romano, eventualità prospettata già il giorno prima dal quotidiano romano che il Vate ritiene «sarebbe la morte del basket italiano». A Montegranaro il presidente Basso chiede che in futuro «la squadra sia gestita da più imprenditori» laddove Cannella spiega che nella raccolta del milione che manca per completare il campionato «siamo a metà strada». A Biella Marco Atripaldi raffredda gli entusiasmi disegnando un futuro incerto e pieno di incognite, di Avellino, Caserta e Teramo si è già detto più volte ed a Treviso l’operazione-consorzio si è resa necessaria per il salvataggio in extremis di cotanta società.

La questione non mi pare quella di fare del catastrofismo o del “tutta-l’erba-un-fascismo”. E neppure quello di pronosticare chi ce la farà e chi no. Questo inequivocabile quadro dovrebbe solo suggerire la necessità di apportare modifiche autentiche al sistema. Modifiche che non possono limitarsi a fumose riforme federali buone fino al prossimo cambio di vento. E neppure tradursi in una conferenza-stampa che annuncia il pericolo della sparizione seguita a ruota da una che celebra sul filo di lana lo scampato pericolo. La logica del salvataggio è perversa e perdente: se si vuole cambiare, e credo si debba, bisognerà ragionare in un’altra maniera. 

 
Dando per esempio a clienti e investitori serie e motivate ragioni per credere in un prodotto di straordinario potenziale (se non vi è piaciuta gara 5 tra Pana e Maccabi, per dirne una, avete bisogno di uno buono che vi dia un’occhiata). Mi dovete scusare se batto sempre sullo stesso tasto, ma invertire il trend negativo è un’esigenza non più differibile. L’alternativa unica è quella di ridimensionarsi con la logica del piano inclinato, perdendo pezzi per strada e soccombendo a una competizione che sarà sempre più globale.
 Un primo passo potrebbe essere un colpo d’ala che spazzi via i provincialismi di un mondo che dovrebbe invece, più che mai in queste ore, rifuggire dalle imitazioni di mostruosi modelli calcistici. “I love this Game” è una realtà, non uno slogan; ma non basta, è meglio che ce lo picchiamo in testa presto e definitivamente. Altrimenti lo farà la cronaca per noi. 
 
 
Flavio Tranquillo
Inviato Sky Sport

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