Cerruti: "Senza l'Angelico Biella perderebbe un tesoro"
In principio era la Libertas. Morì nel 1971 perché attorno al presidente Alberto Cerruti si era creato il vuoto. Poi è cominciata l’era di Pallacanestro Biella, la società nata dalla passione del nipote Alberto Savio di cui Cerruti è socio. Vicende simili, corsi e ricorsi storici. Ma ora la speranza è che la nuova società non faccia la stessa fine della vecchia: «Allora rimasi con un paio di amici - racconta Cerruti -, oggi sono rimasti in dieci o dodici. Ma non bastano lo stesso, ce ne vorrebbero molti di più».
Lei aveva indicato la strada un anno fa: cento persone che mettono dieci, anziché dieci che mettono cento. Oggi è il segreto di Varese. Perché a Biella non è possibile?
«Un po’ perché qui abbiamo poche aziende che producono per il pubblico. Ma c’è dell’altro: la mentalità. L’imprenditore biellese tende a ragionare in questo modo: se a quella cosa ci pensa già lui, io me ne tengo fuori perché ho altri problemi».
Ad oggi come vede il futuro della società?
«Penso che salvarsi sia difficile, ma possibile. Anzi sono ottimista, perché vado spesso agli allenamenti e vedo una squadra in salute. Purtroppo credo che impostare la prossima stagione sia ancora più difficile che salvarsi. Ho il timore che anche l’ultimo gruppo di soci si stufi, esaurisca l’entusiasmo».
Quali sono i reali problemi, dal suo punto di vista?
«In realtà ce n’è uno solo: i soldi. Per il resto abbiamo tutto. Ma senza soldi non si va avanti. Cercare sponsor è sempre più difficile. Ormai il gm Marco Atripaldi è in preda ad una depressione umoristica: ci scherza sopra, ma non è facile dover telefonare sette o otto volte per chiedere un contributo a chi magari lo aveva anche promesso. È imbarazzante, è umiliante».
Pallacanestro Biella ha sempre preferito puntare su sponsor del territorio, ma se la soluzione fosse cercarli fuori provincia? In fin dei conti la sua Libertas aveva l’Aramis Bergamo e la Gelati Cecchi Torino.
«Sì è una soluzione e ci stiamo lavorando. Trovare un grande sponsor per due o tre anni permetterebbe di progettare meglio il futuro. Ma questi sponsor come arrivano vanno. Noi dobbiamo essere tutti grati a Massimo Angelico e alla sua famiglia che sta facendo tantissimo, anche più di quanto ci saremmo aspettati».
Già, anche perché piazze come Caserta e Montegranaro non hanno ancora un main sponsor...
«Sapere che altri stanno peggio non ci consola. Tuttavia sappiamo di dover tenere duro più di loro. È brutto da dire, ma il primo che molla retrocede. Mors tua vita mea. L’ho detto anche nella riunione dopo la sconfitta contro Cremona».
A proposito, come ha vissuto quei momenti? Atripaldi e Cancellieri avevano dato le dimissioni, la stagione era ad un bivio.
«Quella sera siamo rimasti al Forum a confrontarci. C’era chi voleva mandar via l’allenatore, chi lo voleva tenere. Io ho solo detto che non dovevamo accentuare le difficoltà, in una situazione che era già “tragica” di per sé. Perché le altre squadre non aspettavano altro».
Ci sono stati altri momenti difficili, come la contestazione ai soci, a inizio novembre, con quel “Tirate fuori i soldi”.
«Sì, è stato molto spiacevole. Mi è tornato in mente un episodio di uno degli ultimi anni della Libertas: una signora mi stracciò l’abbonamento in faccia dopo una brutta sconfitta con Cantù».
Dicono sia successo qualcosa di simile a suo nipote Alberto Savio quest’anno... Se ripensa al 1971, l’ultimo anno della Libertas, vede qualche analogia con la stagione in corso?
«Non voglio nemmeno pensarci, ma purtroppo alcune analogie ci sono. Tuttavia se Biella perdesse la squadra di basket perderebbe un tesoro. Forse oggi nessuno se ne rende conto, ma il giorno in cui sparisse sentiremmo tutti un grande vuoto».
Matteo Lusiani