Capitani, di padre in figlio in casa Raspino

Capitani, di padre in figlio in casa Raspino
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Storie di capitani coraggiosi. Molto coraggiosi. Addirittura due in una casa sola. Tutto in famiglia. Praticamente una saga. Di mezzo, una generazione. A dividerli un secolo. Sì, perché Dario aveva la fascia al braccio negli anni Ottanta, mentre Tommaso l’ha presa quest’anno. Padre e figlio sotto canestro, ovviamente. A lottare, prendere rimbalzi e difendere, spesso, pure per gli altri. Se serve, anche punti in attacco. Dario lo faceva nel Biella Basket Club che raccolse l’eredità della Libertas. Giocò tanto e bene in serie C, con presenze nell’allora serie B e poi in serie D, seguendo gli alti e i bassi della più importante società cestistica cittadina, dopo i fasti di Flaborea e soci. La carriera di Tommaso è sotto gli occhi di tutti. Trafila nelle giovanili della Pallacanestro Biella. Esperienze in alcune piazze importanti (Pavia e Trieste) e dall’anno scorso il ritorno a casa del figlio al prodigo. Poco utilizzato da coach Massimo Cancellieri nell’anno nero della storia rossoblù, oggi è uno dei punti di forza della rosa del condottiero Fabio Corbani. I due in comune hanno un fisico statuario e un ardore gladiatorio. E i gradi sul petto, non per caso.

Io c’ero. «Difficile fare paragoni, come giocatori. Parliamo di contesti molto diversi - sostiene Gianpiero Bertetti, attuale tecnico del Vigliano e da sempre tifoso della Pallacanestro Biella -. Fisicamente Tommaso è più forte: più alto, più atletico e con un’elevazione superiore al papà. Nell’approccio difensivo invece sono simili, anche se penso che Tommaso abbia anche quel pizzico di cattiveria sportiva che ricordo di più in suo zio Paolo. In attacco inoltre Tommaso ha più punti nelle mani. Ricordo nei tanti anni che l’ho allenato, o in cui facevo l’assistente, che Dario raramente andava in doppia cifra. E solo verso la fine della carriera si costruì un buon tiro dalla media distanza».

PAOLO LA BUA

 

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