BIELLA:Tris d'assi ai giochi
Giochi attesi, come sempre. Blindati, come non mai, da un esercito di soldati, nell’anniversario di Monaco 1972. Censurati, peggio che in Cina, quattro anni fa. I social network sono lo spauracchio del Comitato Olimpico: gli atleti non potranno usarli durante le gare. E allo stesso tempo sarà un’Olimpiade sovraesposta grazie alla copertura pressochè totale della pay tv Sky che allestirà ben dodici canali in diretta per seguire dalla poltrona gli eventi di Londra che inizieranno ufficialmente domani con la cerimonia d’apertura in programma alle 21.
Le Olimpiadi 2012 vedranno tre alfieri biellesi portare simbolicamente il vessillo della nostra terra biellese in maglia azzurra. Si tratta di Enrico Pozzo, alla sua terza partecipazione nella ginnastica artistica, sia nella gara a squadre sia nel concorso generale individuale. Nell’atletica leggera, due le punte, entrambe alla seconda esperienza a cinque cerchi: Nadia Ejjafini, impegnata su 5mila e 10mila metri, ed Elena Romagnolo, che gareggerà sulla distanza dei 5mila. La presenza biellese all’Olimpiade estiva è ormai una costante dal 1992 quando a Barcellona Betty Perrone e Fabia Trabaldo indossarono per la prima volta la maglia azzurra nella manifestazione a cinque cerchi. Trabaldo si fermò lì, con un 10° posto nel 1.500 metri, e appena ventenne dovette chiudere la sua carriera per problemi di slute (per un periodo è stata anche allenatrice di Elena Romagnolo). Perrone, invece, timbrò altri tre “cartellini” olimpici gareggiando ad Atlanta 1996, Sidney 2000 e Atene 2004 ed entrando di diritto nella “Hall of fame” dell’atletica mondiale con la medaglia d’argento conquistata negli Stati Uniti. Nell’appuntamento del 2004 la “pattuglia” più nutrita di biellesi: c’erano anche Alberto Gilardino con la maglia azzurra dell’olimpica di Calcio e Beatrice Lanza (15ª nel Thriatlon), oltre alla già citata Betty Perrone e ad Enrico Pozzo. Quattro biellesi, tanti quanti potevano essere a Pechino se Beatrice Lanza non fosse stata fermata da medici e sfortuna, e il pesista Giuliano Cornetta non si fosse infortunato all’Europeo due mesi prima, quando aveva già in tasca il biglietto aereo per Pechino. Marcia d’argento. Il risultato più importante dal 1992 in avanti è stato quello di Betty Perrone. La marciatrice di Camburzano a Barcellona chiuse al 19° posto i 10 km. Ad Atlanta fece il suo capolavoro: a 28 anni ottenne l’argento chiudendo la gara in 42 minuti e 12, a 23 secondi dalla russa Yelena Nikolayeva. A Sidney, invece, la pagina più sfortunata della carriera. Betty fu protagonista della 20 km, ma a 3000 metri dalla fine fu squalificata ingiustamente, tra le proteste: la mannaia dei giudici colpì anche la cinese Wang e a 150 metri dal traguardo la padrona di casa Saville, privata della vittoria, probabilmente al termine di un regolamento di conti tra giudici che coinvolse, suo malgrado, anche la marciatrice biellese. Ad Atene, poi, ottenne un ottimo 18° posto a 36 anni. Calcio di bronzo. La seconda e ultima medaglia biellese degli ultimi vent’anni è nella bacheca personale di Alberto Gilardino, che portò la nazionale allenata da Claudio Gentile al terzo posto nel 2004. Il biellese fu grande protagonista del torneo segnando quattro gol. Capitan Uncino. E nelle Olimpiadi precedenti il 1992 c’era qualche biellese? I tre nomi che citiamo fanno parte della storia dello sport italiano per quanto sono importanti: si tratta dell’inarrivabile Vittorio Pozzo e dei biellesi d’adozione Carmelo Rado e Ottorino Flaborea. Il mitico Capitan Uncino Flaborea è uno dei pilastri del basket azzurro: limitandosi alle Olimpiadi, basta dire che vi partecipò con la maglia azzurra nel 1964 a Tokyo (5° posto), nel 1968 a Città del Messico (8° posto) e nel 1972 a Monaco di Baviera (4° posto). Carmelo Rado, classe 1933 nato a Oderzo, prese parte ad una Olimpiade (a Roma nel 1960) chiudendo settimo nel Lancio del disco, dietro ai mostri sacri del tempo. La sua storia sportiva continua anche oggi: nelle categorie Master è imbattibile e di anno in anno inanella record del mondo e titoli nazionali, continentale e mondiali. L’ultimo quando a Lubiana in Slovenia ha vinto l’oro europeo M70. Un vero esempio di longevità sportiva. Il più grande. Poi c’è il più grande di tutti: Vittorio Pozzo da Ponderano (nato nel 1886 e morto nel 1968), il commissario tecnico che portò la nazionale italiana alla conquista dei Mondiali del 1934 a Roma e del 1938 a Parigi e che, nel mezzo, conquistò anche l’oro olimpico a Berlino nel 1936. Quattro le partecipazioni a questa competizione contando anche Stoccolma 1912 (9° posto), Parigi 1924 (5° posto) e Londra 1948 (eliminata nel 2° turno). Pozzo, al quale è stato intitolato lo stadio di Biella, fu anche tra i soci fondatori del Torino, e detiene il record di panchine azzurre (95) e di vittorie con la nazionale (63). Con lui a Stoccolma c’erano anche due giocatori azzurri della grande Pro Vercelli nati però a Biella: Modesto Valle di Casapinta e Pietro Leone di Massazza. Oro nel 1920. Ma non è finita qui, perché ad Anversa nel 1920, lo spadista, originario di Camandona, Giovanni Canova Breja ottenne l’oro a squadre, mentre a Parigi 1924 conquistò anche il bronzo. In Belgio, nel ’20, nell’equitazione partecipò anche un secondo biellese, di Portula: Ruggero Ubertalli giunse 17° nel concorso a ostacoli in sella al puledro Proton.
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