Basket, Magarity cresce nell'Angelico

Basket, Magarity cresce nell'Angelico
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William Magarity, classe 1993, diciannove anni da compiere a giugno, è un giocatore svedese di grande talento, che ha l’età dalla sua parte e la tranquillità di poter crescere in un ambiente come Pallacanestro Biella nel quale si sente quasi come a casa.

Una famiglia di atleti. Storie un po’ tristi da un lato, perché la correttezza non è sempre di questo mondo, ma anche gioiose dall’altro, con viaggi oltre oceano e porte che si riaprono come per magia dopo essersi chiuse brutalmente tempo prima: «Mio padre è americano e fa parte di una grande famiglia formata da 6 tra fratelli e sorelle, dove tutti hanno a che fare con il basket, o perché lo giocano, oppure perché allenano. Quando mio padre William frequentava il college gli erano arrivate delle richieste da alcune squadre della lega ABA e da quelle di NBA. Il suo allenatore che aveva ricevute queste lettere non glielo ha mai comunicato. Quando lo ha scoperto il termine per rispondere era già scaduto». Ma suo padre non si scoraggia e tenta la carta Europa, unendosi ad un gruppo di cestisti in viaggio verso il vecchio continente. Viene scelto da una squadra svedese e così comincia la sua avventura nel paese scandinavo. Da lì, come allenatore si sposterà con la famiglia ed anche da solo in varie parti del mondo, dalla Germania, alla Arabia Saudita, all’Ucraina (dove oggi a Mariupol allena anche Luca Bechi) fino a ritornare sempre in Svezia, questa volta come responsabile dello sviluppo del settore giovanile di una squadra.

Un mondo fatto di basket per William. Il padre incontra quella che sarà la sua seconda moglie (dalla prima aveva avuto due gemelli ed una sorellina, ndr) sempre sul parquet, perché era il suo coach e poi dopo alcuni anni, nasce il giovane William: «Ho praticato vari sport, dal calcio, all’hockey al tennis ed insieme a questi sempre il basket, la disciplina che ho conosciuto fin da piccolissimo e che ho deciso di sviluppare con il giusto impegno. Pensi che ho una sorella più giovane, Regan, che è una incredibile giocatrice di basket». Negli anni si fa notare per la sua bravura e non essendo ancora abbastanza alto, impara a giocare sia come play sia come guardia.

La crescita in altezza vertiginosa. Quando te lo racconta gli domandi se hai capito bene e lui te lo ripete convinto, conscio che quanto accadutogli fosse forse scritto nel suo destino: «Tra i 14 ed i 15 anni, nel tempo di un’estate, cresco di ben 20 centimetri: questo cambiamento repentino mi provoca problemi alla schiena ed a varie parti del corpo che poi con il tempo si attenuano. Anche il mio ruolo in campo necessariamente diventa differente». La grande occasione arriva e William non se la lascia sfuggire: «Partecipo ai Campionati europei under 16 in Portogallo e nella prima partita segno 27 punti. Quello che diventerà poi il mio attuale agente, sente parlare del sottoscritto e mi domanda se voglio tentare la carta del professionismo». Allo stesso tempo fioccano offerte sia dai college americani sia dalla Spagna e precisamente da Madrid dall’Estudiantes: «Mi presento lì, però mi rendo conto di non essere ancora maturo per questa esperienza e così ritorno in Svezia».

L’arrivo in Italia. Passa poco tempo ed il destino ha in serbo un’altra opportunità per il giovane William: «Sapevo che se avessi voluto giocare seriamente a basket avrei dovuto  spostarmi dal mio Paese e così accetto l’invito di partecipare al torneo internazionale Nike Jordan  Under 18 vicino a Londra giocando proprio per Biella».  Intanto la Benetton è interessata a lui, ma gli propone un contratto troppo lungo e William decide di non accettarlo: «Nel frattempo anche Biella, dove mi ero trovato subito a mio agio nel torneo, si fa avanti e così decido che questo sia il posto giusto per crescere e firmo in seguito 4 anni di contratto (2 + 2). Questo grazie anche ai buoni rapporti del mio agente con la società: lui è lo stesso di Jonas Jerekbo, uno dei miei grandi idoli, che ho conosciuto e che è stato molto disponibile con me».

Biella, un posto perfetto. Lo vedi completamente inserito nell’ambiente e soddisfatto dei progressi che sta facendo: «Ho ottimi rapporti con tutti, dai giovani come me, agli americani con i quali dialogo liberamente, a Tadja Dragicevic ed Albert Miralles che sono sempre molto carini. E poi le mie prospettive rispetto all’inizio sono cresciute: mi alleno con la squadra maggiore e gioco con i compagni giovani come me. Ora spero anche di potere dimostrare qualcosa nella prima squadra,  impegnandomi al massimo e con grande energia anche se per pochi minuti». Parla un po’ l’italiano, ma sa che deve impararlo meglio. Ed a tal proposito ti dice ridendo: «Ma come faccio a migliorarlo? Marco (Lagana, ndr) mi parla in calabrese, altri in piemontese e così posso dialogare in italiano solamente con coach Federico Danna e pochi altri …».
Marta Coda Luchina

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