Aria di playoff, Infante carica l'Angelico: "Facciamo valere il fattore campo!"

Luca Infante è stato il primo acquisto dell’Angelico, la scorsa estate, dopo l’addio di Renzi. Qualcuno storceva il naso pensando che nell’avvicendamento la squadra ci avesse rimesso. Ma dieci mesi dopo sono tutti d’accordo: Infante è stato uno dei “segreti” di Biella, un esempio per i giovani, un collante dello spogliatoio.
Si sentiva addosso questo ruolo delicato?
«Sapevo che dovevo essere un punto di riferimento per i compagni, ma sapevo anche che il rispetto si conquista sul campo, quindi mi sono messo a disposizione del gruppo».
“Gruppo” sembra essere la parola chiave della stagione...
«È stata la nostra arma. Credetemi, ho girato tante piazze, ma da nessuna parte ho trovato un gruppo come quello di quest’anno».
L’arma che vi ha fatto arrivare ai playoff: se gliel’avessero detto a inizio anno?
«Avrei risposto “ci spero”. L’accesso alla post season è la ciliegina sulla torta di una stagione straordinaria. Ma per me la vera vittoria è aver tirato un schiaffo agli addetti ai lavori che ci volevano indietro».
Prima di sbarcare qui in estate il nome di Biella probabilmente le evocava qualche fantasma: Angelico-Brindisi, penultima giornata della stagione 2010/11, sconfitta 74-72 e retrocessione.
«È stata una delle pagine più tristi della mia carriera. Mi ricordo il Forum strapieno e quanto sentivamo la sfida. Brindisi era appena tornata in Serie A dopo tanti anni e non voleva retrocedere subito. Ma non siamo riusciti a salvarci. L’ultima giornata, in casa, ci fu un brutta contestazione».
In panchina c’era Bechi, ma lei era già stato allenato anche da Ramagli oltre che da Corbani (foto). Insomma, è passato sotto tre allenatori che hanno fatto la storia di Biella. Una frase per ognuno?
«Bechi quell’anno ha fatto di tutto per salvarci, ma non è bastato: è un grande comunicatore. Ramagli mi ha allenato solo due mesi nel 2009, poi mi sono infortunato: un grande conoscitore del basket. E Corbani... be’ su di lui avrei cento cose da dire. Fu il primo allenatore a cercarmi quando avevo 18 anni: trasmette sempre una grande tranquillità».
Ce n’è voluta molta, di tranquillità, dopo le quattro sconfitte di fila?
«È stato un attimo di appannamento, ma siamo rimasti sereni e compatti. È stato il momento più difficile della stagione, ma lo abbiamo superato».
Il momento più esaltante (finora perlomeno) è stato invece Rimini. Qual è il primo ricorda che lega a quell’esperienza?
«Arrivavo da tre finali perse, vincere è stato incredibile. I ricordi più belli li lego ai momenti prima della partita con Trento: condividere le stesse emozioni con i compagni e buttarle tutte in campo».
In quella finale, secondo i pronostici, avrebbe dovuto esserci Torino. Tra poco ve la troverete di fronte, più delusa rispetto a due mesi fa quando si giocava il primato con Trento. Che serie si aspetta?
«Torino ha speso molti soldi quest’anno e avrebbe dovuto stravincere. Ma il campo ha parlato. Presi singolarmente sono fortissimi e hanno probabilmente la coppia di lunghi più forte del campionato. Ma noi dovremo giocare la nostra pallacanestro, con intensità e velocità. E contare sul fattore campo: credo che influirà moltissimo. Soprattutto con un pubblico come quello del Biella Forum: i tifosi sono straordinari, ci fanno sempre sentire la sua vicinanza».
Matteo Lusiani