A Biella tornano lanci e battute
Quando sua mamma gli ha chiesto di venire a vivere in Italia la sua prima domanda è stata: «Ma lì c’è il baseball?». La risposta fu sì. Era il 1997. In realtà a Biella la squadra non esisteva già più, così cominciò a giocare a Vercelli coltivando il sogno di fondare una società nella città in cui era venuto a vivere: «Ora che ho 29 anni ho deciso di provarci», racconta Andres Castillo, anima dei Biella Bears Baseball che sabato scorso hanno esordito in casa nel Campionato amatori.
In casa, si fa per dire. Perché in realtà non hanno un vero campo: «Quando ero piccolo giocavo per strada a La Romana, la mia città natale a Santo Domingo. Ci bastava un prato. Ora non ho neanche quello. Sabato scorso abbiamo giocato dietro la piscina Rivetti, ma dalla prossima partita forse dovremo pagare un affitto e non possiamo permettercelo. Abbiamo il materiale per allestire il campo e giocare, tutto sommato anche adesso ci basterebbe un prato di almeno 85 metri per 85».
Quando Andres ha deciso di fondare la società il primo passo è stato rivolgersi a Piero Ramella, già presidente della polisportiva Angelus Biella nella cui squadra di baseball avevano giocato assieme, ed ora presidente dei Biella Bears Baseball: «Il mio ruolo è di supervisore - racconta Ramella, titolare del negozio Equipe Olympique e ideatore, insieme ad Alberto Vineis, della Mostra dello sci -. La squadra è buona. Nelle prime due partite ha perso 19-13 e 10-6, ma per adesso c’è ancora un po’ di confusione nei ruoli. Andres, ad esempio, è un ottimo ricevitore ma sta facendo giocare altri in quel ruolo in attesa di trovare l’assetto migliore».
Il reclutamento lo ha fatto Andres Castillo: «Sono partito da cinque miei amici, altri li ho trovati con il passaparola e altri ancora ci hanno contattato su Facebook. Ora abbiamo un bel gruppo di ragazzi che abitano a Biella, composto soprattutto da dominicani e cubani, con due brasiliani e due italiani». Uno, Edoardo Caniati, ha attraversato il baseball biellese dalla Serie C degli anni ‘80 ad oggi: «Per gli italiani - prosegue Castillo - non è sempre facile diventare buoni giocatori di baseball. Molti si stufano quando vedono che ai latinoamericani riesce tutto più naturale. Ma per chi continua, come Edo, diventa una droga: la palla da baseball se l’è anche tatuata».
Matteo Lusiani
Quando sua mamma gli ha chiesto di venire a vivere in Italia la sua prima domanda è stata: «Ma lì c’è il baseball?». La risposta fu sì. Era il 1997. In realtà a Biella la squadra non esisteva già più, così cominciò a giocare a Vercelli coltivando il sogno di fondare una società nella città in cui era venuto a vivere: «Ora che ho 29 anni ho deciso di provarci», racconta Andres Castillo, anima dei Biella Bears Baseball che sabato scorso hanno esordito in casa nel Campionato amatori.
In casa, si fa per dire. Perché in realtà non hanno un vero campo: «Quando ero piccolo giocavo per strada a La Romana, la mia città natale a Santo Domingo. Ci bastava un prato. Ora non ho neanche quello. Sabato scorso abbiamo giocato dietro la piscina Rivetti, ma dalla prossima partita forse dovremo pagare un affitto e non possiamo permettercelo. Abbiamo il materiale per allestire il campo e giocare, tutto sommato anche adesso ci basterebbe un prato di almeno 85 metri per 85».
Quando Andres ha deciso di fondare la società il primo passo è stato rivolgersi a Piero Ramella, già presidente della polisportiva Angelus Biella nella cui squadra di baseball avevano giocato assieme, ed ora presidente dei Biella Bears Baseball: «Il mio ruolo è di supervisore - racconta Ramella, titolare del negozio Equipe Olympique e ideatore, insieme ad Alberto Vineis, della Mostra dello sci -. La squadra è buona. Nelle prime due partite ha perso 19-13 e 10-6, ma per adesso c’è ancora un po’ di confusione nei ruoli. Andres, ad esempio, è un ottimo ricevitore ma sta facendo giocare altri in quel ruolo in attesa di trovare l’assetto migliore».
Il reclutamento lo ha fatto Andres Castillo: «Sono partito da cinque miei amici, altri li ho trovati con il passaparola e altri ancora ci hanno contattato su Facebook. Ora abbiamo un bel gruppo di ragazzi che abitano a Biella, composto soprattutto da dominicani e cubani, con due brasiliani e due italiani». Uno, Edoardo Caniati, ha attraversato il baseball biellese dalla Serie C degli anni ‘80 ad oggi: «Per gli italiani - prosegue Castillo - non è sempre facile diventare buoni giocatori di baseball. Molti si stufano quando vedono che ai latinoamericani riesce tutto più naturale. Ma per chi continua, come Edo, diventa una droga: la palla da baseball se l’è anche tatuata».
Matteo Lusiani