Volontari: un 'esercito' che continua a crescere

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Volontari: un "esercito"
che continua a crescere
Nel Biellese 232 associazioni. Il 38% è in fase di sviluppo 


(9 DIC) Un “esercito” composto da 232 associazioni (pari a 12,4 ogni 10mila abitanti, densità che nessun’altra provincia piemontese riesce a raggiungere), per la maggior parte in buona salute e, addirittura, in fase di crescita nel 38% dei casi, ma anche con un’alta propensione a considerare positive le prospettive future (46,3%).
Sono questi i numeri che tracciano lo scheletro della corposa ricerca sul funzionamento e processi delle organizzazioni di volontariato biellesi pubblicata  da Feo Fivol (Fondazione Europa Occupazione e Volontariato: Impresa e Solidarietà), in accordo con il Centro servizi per il volontariato della provincia di Biella, e presentata sabato nel corso del convegno “Il volontariato (si) riflette”, organizzato per trarre un bilancio dei primi dieci anni di attività dell’associazione di via Tripoli, che promuove e sostiene l’attività del volontariato sul territorio.

Volontari: un "esercito"  che continua a crescere
Nel Biellese 232 organizzazioni. Il 38% è in fase di sviluppo


Un “esercito” composto da 232 associazioni (pari a 12,4 ogni 10mila abitanti, densità che nessun’altra provincia piemontese riesce a raggiungere), per la maggior parte in buona salute e, addirittura, in fase di crescita nel 38% dei casi, ma anche con un’alta propensione a considerare positive le prospettive future (46,3%).
Sono questi i numeri che tracciano lo scheletro della corposa ricerca sul funzionamento e processi delle organizzazioni di volontariato biellesi pubblicata  da Feo Fivol (Fondazione Europa Occupazione e Volontariato: Impresa e Solidarietà), in accordo con il Centro servizi per il volontariato della provincia di Biella, e presentata sabato nel corso del convegno “Il volontariato (si) riflette”, organizzato per trarre un bilancio dei primi dieci anni di attività dell’associazione di via Tripoli, che promuove e sostiene l’attività del volontariato sul territorio.

Secondo l’indagine, condotta su 147 organizzazioni, la maggior parte delle associazioni locali (46 su 100) opera rispondendo all’esigenza di “farsi carico dei bisogni e dei diritti della popolazione più svantaggiata, mentre nel 45% dei casi la motivazione è rappresentata dal “farsi carico della qualità della vita” (sicurezza, legalità, salute, sport per tutti, istruzione ed educazione permanente...). Non a caso, “promozione” è indicata come parola-chiave dell’attività dell’organizzazione nel 46,3% dei casi, seguita da “assistenza” (43,5%)  ed “educazione” (36,7%).

Da un punto di vista geografico, l’indagine afferma poi che «vi è un certo equilibrio tra le organizzazioni concentrate nel capoluogo e quelle attive negli altri comuni della provincia», considerato che queste ultime rappresentano il 56,5% del totale. Minore equilibrio vi è invece tra l’incidenza delle organizzazioni presenti nel Biellese orientale e in quello occidentale «ma in ragione - chiarisce la ricerca - della preminente concentrazione della popolazione nella prima; infatti, le due aree rappresentano rispettivamente il 72,1% e il 27,9% delle associaizoni a fronte del 63,3% e 36,7% della popolazione». Un dato interessante riguarda poi il raggio d’azione delle associazioni, che lavorano per lo più (68,7%) in un raggio  zonale o provinciale, mentre solo 12 su 100 si fanno carico di territori più estesi, compreso il livello internazionale.

Tra le peculiarità delle organizzazioni biellesi vi è una diffusa (6 su 10) indipendenza, ovvero un’autonomia da rapporti di affiliazione o federativi con le sigle del volontariato nazionale. Un fenomeno che la ricerca spiega come «espressione della cittadinanza attiva. La nascita delle organizzazioni dipende oggi più dall’iniziativa di gruppi di cittadini - chiarisce infatti - che dalla tradizionale capacità di affiliazione delle centrali nazionali del volontariato o della promozione ecclesiale».

Quanto al dettaglio degli ambiti di attività, l’indagine rivela che le organizzazioni locali si distribuiscono nei diversi settori di attività in modo equilibrato, dividendosi tra Welfare e partecipazione civica. In particolare, il 50,3% costituisce una infrastruttura dei tradizionali settori del Welfare (nettamente più nel socio-assistenziale che nel sanitario), mentre cresce nel tempo l’incidenza percentuale delle unità che operano nei settori della “partecipazione civica”, in particolare negli ambiti dell’educazione permanente e della formazione, della protezione civile, della cultura, dell’ambiente.

Ma chi sono i beneficiari dell’attività delle associazioni? Secondo l’indagine la maggior parte di queste è orientata verso le giovani generazioni (41 su 100), mentre solo il 23,4% operano a beneficio delle persone anziane. Quanto, infine ai bisogni e ai problemi del settore, la ricerca fa emergere innanzitutto un’esigenza decisamente prioritaria: la disponibilità di “più finanziamenti” (25,2%), seguita dal “disporre di un maggior numero di volontari” e, in particolare, di giovani (31,3%). Accanto a ciò emerge un diffuso bisogno di tipo “identitario”, ovvero di «mantenersi fedeli ai valori costitutivi e alle funzioni del volontariato».

I problemi maggiormente percepiti sono invece riferibili alle carenze “endemiche” delle organizzazioni: (scarsità di risorse, debole partecipazione, difficoltà di interazione) che prevalgono per il 68% dei rispondenti.  Apprezzato, invece, il rapporto con il Centro servizi di via Tripoli, nei confronti del quale solo l’8,8% delle associazioni afferma di ritenersi «del tutto estranea».
v.b.

9 dicembre 2008

 

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