Un anno dopo, Biella torna in Abruzzo
(8 apr) 9 aprile 2009. Settantadue ore dopo la grande scossa che ha messo in ginocchio l’Abruzzo, una squadra del centro operativo intercomunale della Protezione civile della città di Biella, nove volontari in tutto, si mette in viaggio. La meta è un paesino di 1.200 abitanti, a 50 chilometri dall’Aquila. Si chiama Castelvecchio Subequo e, come tutti i paesi colpiti, ha bisogno di auto.
9 aprile 2010. A trecentosessantacinque giorni dal disastro, Biella torna in Centro Italia, per la nuova tappa di un’amicizia nata nel dolore e proseguita nel segno della fiducia. 9 aprile 2009. Settantadue ore dopo la grande scossa che ha messo in ginocchio l’Abruzzo, una squadra del centro operativo intercomunale della Protezione civile della città di Biella, nove volontari in tutto, si mette in viaggio. La meta è un paesino di 1.200 abitanti, a 50 chilometri dall’Aquila. Si chiama Castelvecchio Subequo e, come tutti i paesi colpiti, ha bisogno di auto.
9 aprile 2010. A trecentosessantacinque giorni dal disastro, Biella torna in Centro Italia, per la nuova tappa di un’amicizia nata nel dolore e proseguita nel segno della fiducia. Da venerdì a domenica, i volontari saranno nuovamente a Castelvecchio per ricordare insieme le 308 vittime del dramma e per ripercorrere, con una targa ricordo che sarà apposta all’esterno del Municipio, il lungo percorso che ha unito i due Comuni: 84 giorni di campo, 150 volontari per 12 squadre al lavoro, 20mila chilometri percorsi, 950 chili di pasta cucinati, 544 ore di lavoro nel centro raccolta biellese, 7mila pasti serviti alle 150 persone che mediamente si ristoravano nei capannoni. La storia, in sostanza, di un «aiuto portato non solo con le braccia ma anche con la testa e con il cuore», come Maurizio Lometti, responsabile del gruppo di Protezione civile della città di Biella, ha emblematicamente sintetizzato.
Il viaggio nelle terre d’Abruzzo segue di pochi giorni la cerimonia con cui martedì, giorno dell’anniversario, anche nella città dell’Orso è stata ricordata la tragedia. Una messa celebrata da don Mario Parmigiani all’esterno della sede della Protezione civile di corso Rivetti, alla presenza dei tanti volontari che un anno fa - e da allora anche per numerose altre volte - hanno donato il loro tempo agli amici abruzzesi. Non solo volontari “dalla tuta gialla”, ma anche vigili del fuoco, alpini, Aib, autorità. A dare il senso del segno che la tragedia ha lasciato, la commozione ancora viva di Franco Di Braccio, abruzzese (di Castelvecchio) d’origine ma biellese da una vita, nonché volontario del gruppo di Protezione civile. Lui, che “a casa” è tornato ancora per Natale, ha ritrovato a Castelvecchio un paese ormai messo in sicurezza, ma completamente isolato nella sua parte storica. Un paese che per un anno intero ha ricevuto «continue dimostrazioni di solidarietà - spiega -, le stesse che oggi aiutano i suoi abitanti a guardare avanti sperando in una rapida ricostruzione». Già: perché di ricostruzione qui c’è ancora in parte bisogno, «e non solo degli edifici - conclude Di Braccio - ma anche dei sentimenti delle persone».
Castelvecchio accoglierà dunque gli amici biellesi per il fine settimana. E già, tra i volontari, c’è chi pensa ai dolci e alle risate pronte da condividere, come dodici mesi di conoscenza hanno ormai insegnato. Ma lo sguardo va anche alla prospettiva, cui più volte si è fatto riferimento, di stringere con il comune di Biella un gemellaggio o un patto di amicizia, come sigillo finale di un rapporto che il tempo ha saputo mantenere vivo.
veronica balocco
balocco@primabiella.it
8 aprile 2010