«Sono stato il direttore lottizzato di un telegiornale lottizzato in una Rai lottizzata». Così, con questa sorta di ironico crescendo rossiniano, Ugo Zatterin, a metà degli anni Ottanta, dicono solesse commentare la sua lunga esperienza nella Tv di stato.
A nove anni dalla morte, avvenuta nel luglio 2000, il nome di Ugo Zatterin (che fu direttore di Eco di Biella dal 1991 al 1995) torna alla ribalta grazie alla pubblicazione di uno scritto postumo edito da Il Cavallo di Ferro con il titolo L’apparizione.
Il romanzo, presentato ufficialmente nel maggio scorso alla Fiera del Libro di Torino, se da un lato risente di quella caratteristica propria dei manoscritti postumi che è quella solitamente di non aver potuto beneficiare della limatura finale dell’autore, dall’altro lato stringe, in un pastiche che dosa umorismo, grottesco ed elementi di cronaca, le fila di uno dei periodi più recenti e più foschi della storia della cosiddetta Prima Repubblica, quello di “Tangentopoli”, ma non solo.
Facendo tesoro di quelle sfumature, di quegli elementi, di quei sottofondi e di quelle doppiezze del mondo politico che egli, cronista parlamentare di razza, aveva registrato nel corso della sua lunga carriera, Zatterin sceglie qui di raccontare a modo suo una certa politica italiana che ebbe poi in quegli primi anni Novanta il suo tragico epilogo. Lo fa con il suo classico stile, quello con cui il giornalista veneziano ha sempre saputo dosare amarezza e gusto del paradosso, rigore scientifico della prosa e sovrabbondanza di stimoli curiosi. Già, perché questo romanzo postumo di Ugo Zatterin, che indirettamente ricorda per certi obliqui omaggi quel “Berlinguer e il professore” di Gianfranco Piazzesi, racconta genialmente a partire da un’apparizione mariana (evento che dà infatti il titolo al romanzo, scompigliando da subito le carte: “che c’azzecca” avrebbe tuonato qualcuno) la storia del malcostume politico italiano . Non basta. In barba alla vulgata piissima di chi pensa che la Santa Vergine possa apparire solo a chi è puro e buono, nelle pagine di Zatterin ella invece, in un’afosa serata d’agosto, appare ad un socialista ateo, corrotto e corruttore, reso cinico dagli anni. Proprio a lui, sposato per soprammercato ad una fisica nucleare più materialista ed atea di lui, la Vergine chiede di guardarsi indietro e di rimediare a un grande torto.
Non dice altro la Vergine ma quel torto cui porre riparo, così genericamente indicato, ha il potere di rimettere in gioco tutte le carte della sua grama esistenza che sta arrivando al tramonto. Quale è, nella selva ispida delle corruzioni, delle concussioni, dei tradimenti, delle bassezze commesse il torto cui deve porre rimedio? In quella sera di agosto, nell’afa di una periferia cittadina che la penna di Zatterin rende sospesa in un’atmosfera irreale, quella ricerca diventa la sua ultima e grande sfida che è l’occasione per una sorta di viaggio dantesco nell’inferno della vita passata. Un viaggio-ricerca lungo il quale la penna raffinata e tagliente di questo grande maestro del giornalismo italiano rivela un’Italia di orrore politico, approdando ad un finale degno del miglior Grand Guignol.
Giovanni Orso
27 agosto 2009
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