Gli apripista della roccia di Oropa

Gli apripista della roccia di Oropa
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(24 gen) Li chiamano i chiodatori. Sono quelli che “arrivano prima”, che passano dove la scarpetta deve ancora arrivare, che le lasciano posto indicandole la strada. Sono gli apripista della roccia. Climber che salgono vie mai percorse ma già analizzate a tavolino, che pensano al trapano prima che al rinvio, che salgono con il desiderio di regalare ad altri la loro personale linea. La loro conquista.
A Biella Ai Gat ad Piumb sono Roberto Munarin, fondatore e anima del gruppo, e una squadra ormai storica, da qualche tempo orfana del compianto Primo Gottardo: Aldo Echerle, Maurizio Anselmino, Stefano Tesoro. Amici, ancor prima che sportivi, con un progetto nella mente: chiodare vie di roccia nella conca di Oropa, dove la verticalità è essenza stessa del terreno E’ tutto nascosto dietro a quel gesto sportivo che profuma di magnesite. Quella danza che i manuali vogliono leggera e fluida, tra fessure e placche da capire e non da temere. E’ tutto lì dietro. O forse, è tutto prima. Perché quel che uno scalatore può, e a volte può molto, è merito soprattutto di chi lo anticipa. Atleti-operai cui pochi pensano. Arrampicatori che scalano senza etichette fashion e senza fanatismi sul grado, ma solo con la voglia di unire due profondi bisogni umani: l’appartenenza alla montagna e la condivisione. E che alla fine del loro lavoro, inevitabilmente, lasciano posto alle danze di altri. Senza queste parole d’ordine, Ai Gat ad Piumb di Biella non sarebbero nulla. E invece, con cinque anni di storia concreta alle spalle, sono molto. Nel Biellese sicuramente, ma da qualche tempo anche in buona parte del Nord Italia, dove il loro nome si è guadagnato la stima degli addetti ai lavori.
Li chiamano i chiodatori. Sono quelli che “arrivano prima”, che passano dove la scarpetta deve ancora arrivare, che le lasciano posto indicandole la strada. Sono gli apripista della roccia. Climber che salgono vie mai percorse ma già analizzate a tavolino, che pensano al trapano prima che al rinvio, che salgono con il desiderio di regalare ad altri la loro personale linea. La loro conquista.
A Biella Ai Gat ad Piumb sono Roberto Munarin, fondatore e anima del gruppo, e una squadra ormai storica, da qualche tempo orfana del compianto Primo Gottardo: Aldo Echerle, Maurizio Anselmino, Stefano Tesoro. Amici, ancor prima che sportivi, con un progetto nella mente: chiodare vie di roccia nella conca di Oropa, dove la verticalità è essenza stessa del terreno. Senza chiedere soldi a nessuno, ma solo con il generoso contributo in materiale di alcuni commercianti.
Roberto, consulente tessile esperto di stile, 50 anni, gragliese trapiantato a Muzzano, la Conca la conosce come le sue tasche. Ed è qui che tutto è partito. Un corso di arrampicata con il Cai Biella negli anni Ottanta, anni di esperienza di chiodatura in Val d’Aosta con Tito Sacchet, poi l’illuminazione. «Quanto mi impressionavano quei salti di roccia che scendono dal monte Tovo e che raccontano anni di storia alpinistica biellese... - ricorda Munarin, con un salto nella mente sino ai primi anni Duemila - Ma mi impressionava altrettanto lo stato di abbandono delle strutture e dei sentieri: una cosa inaccettabile per un biellese amante dell’arrampicata. Ci ho pensato su, e ho capito che la trascuratezza era forse dovuta non solo alla scarsa conoscenza dei luoghi, ma anche al carattere “pionieristico” delle chiodature realizzate. Qualcosa di lontano dall’esigenza di scalata in sicurezza ricercata comunemente dagli arrampicatori moderni». E così, la macchina è partita. «Dalla prima via chiodata da me ed Aldo Echerle nel 2005 - prosegue -, Ai Event, sino alle 163 lunghezze di corda chiodate fino a metà 2010». Un lavoro immenso, che tocca undici settori nella Conca e che comprende la realizzazione della via di arrampicata più lunga del Biellese (Ai Brix, sulla sud del Mucrone, oltre 20 tiri di corda «chiodati in nove giorni») oltre alla sistemazione di uno dei luoghi più storici dell’arrampicata biellese, il Tetto della Pissa. «Ma non vogliamo fermarci - spiega Munarin -, perché quello che ci muove è un istinto naturale verso questa forma di alpinismo che ci fa davvero appartenere alle nostre montagne». E allora, lo sguardo è già posato sulle Sud del Tovo e del Mucrone. Dove la magnesite non è ancora arrivata. Ma dove arriverà, anche senza che nessuno debba tirare fuori il portafoglio.
Veronica Balocco
balocco@primabiella.it
24 gennaio 2011

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