Lo scrittore Antonio Manzini: "Il mio vicequestore Schiavone è un italiano stufo delle ingiustizie di questo Paese"

Lo scrittore Antonio Manzini: "Il mio vicequestore Schiavone è un italiano stufo delle ingiustizie di questo Paese"
Pubblicato:
Aggiornato:

Se l’allievo di Andrea Camilleri  all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica supererà il grande maestro (e amico) sarà il tempo a sentenziarlo. Oggi il successo folgorante dello scrittore Antonio Manzini, romano classe 1964,  e del suo protagonista immaginario, il vicequestore Rocco Schiavone, romano de Trastevere trasferito per motivi disciplinari in servizio ad Aosta, è talmente grande che è già in programma la sua trasposizione televisiva nel 2016.

Nato su carta nel 2012 col racconto L’accattone  inserito nella raccolta Capodanno in giallo, Schiavone ha fatto il suo dirompente esordio da solista nel 2013 con il romanzo Pista nera, dato alle stampe sempre da Sellerio,  già tradotto in diverse lingue ed esportato fino agli Stati Uniti.  Sono seguiti in rapida (e a grande richiesta) sequenza, La costola di Adamo, Non è stagione e, ultimo, Era di maggio che lo stesso autore presenterà stasera, alle 21, alla libreria Vittorio Giovannacci di via Italia  a Biella.
Il successo editoriale ha cambiato repentinamente la vita di Manzini, che in precedenza l’aveva visto recitare spesso in tv,  dirigere alcuni cortometraggi, oltre a scrivere sceneggiature per il cinema, la più famosa delle quali è Come Dio comanda , opera diretta nel 2008 dal premio Oscar Gabriele Salvatores.

Associando le note in curriculum, lei potrebbe essere il primo scrittore ad interpretare il suo personaggio in tv, dopotutto avete anche la stessa età, siete romani entrambi... Che ne dice?
«Dico che non mi passa nemmeno per l’anticamera del cervello - risponde pronto lo scrittore, impegnato in questi giorni in un tour promozionale nel Piemonte -. Recitare è un capitolo chiuso della mia vita, così come dirigere, ho avuto troppe delusioni in quel campo. Schiavone avrà il volto di qualcun altro, molto meglio così».

Il suo esordio da scrittore è avvenuto nel 2005 con Sangue marcio, seguito da  La giostra dei criceti nel 2007. Il vicequestore Schiavone è arrivato molto dopo, era riposto in un cassetto o è stato un fulmine a ciel sereno?
«In realtà non ho scritto per qualche tempo perchè un romanzo al quale tenevo molto non ha trovato la via delle librerie, così la delusione mi ha frenato.  Ma Rocco Schiavone l’avevo in testa da un po’ di tempo e mi ha tormentato fino a quando mi sono deciso a dargli vita».

Rocco Schiavone è violento, sarcastico nel senso più romanesco di esserlo, saccente, infedele, maleducato con le donne, cinico con tutto e chiunque, e odia il suo lavoro. Però ha talento.
 Così si legge nell’introduzione di Pista nera. Perchè ha scelto di puntare su un personaggio così politicamente scorretto?
«Perchè non ne possiamo più. Questo è un Paese nel quale vige la non certezza della pena. Cause civili che durano 15 anni, assassini liberi dopo tre anni, l’evasione fiscale che non è più un reato così grave e via di questo passo. Lei lo ha definito politicamente scorretto: queste due parole sono ormai un pleonasmo, mentre politicamente corretto è un ossimoro. Schiavone è figlio dei tempi, incarna noi cittadini onesti che vorremmo ribellarci a tutto questo in qualche modo. Siamo stufi».

Rocco ha successo anche perchè è il classico bello e dannato che piace alle donne...
«Questo l’ho scoperto dopo purtroppo, l’avessi saputo prima...»

A chi o cosa si ispira per le sue storie?
«Per la verità leggo pochi gialli, ma sono onnivoro. Da ragazzo passavo per uno di serie b perchè leggevo Stephen King, ma poi ci sono anche i grandi classici come Matheson o Simenon, un maestro, come Camilleri. Ciò che mi ispira di più è il cinema, la commedia all’italiana di Mario Monicelli e Dino Risi, quella mi influenza molto nel costruire le storie».

Quando scrive?
«La mattina, mi riesce meglio».

Ultima curiosità, nell’ultima raccolta estiva di racconti Turisti in giallo (Sellerio) è inserito il racconto Castore e Polluce in cui Schiavone se la vede con tre designer d’interni di Biella. Ha conoscenze in città per caso?
«No - ride - si tratta di un caso. Ora che ci penso ci sarebbe stato bene il titolo I due bastardi di Biella, che ne dice? Senza offesa, ovviamente, i bastardi ci sono dappertutto!».

Per appassionati. Le interviste con i giornalisti: a che livello di rottura di c.... stanno nella scala di  Schiavone?
«Direi bene, non si preoccupi, nemmeno al quarto livello...».
Gabriele Pinna

pinna@primabiella.it

Twitter @gabrielepinna

Seguici sui nostri canali