«La mafia? Studiarla per combatterla»
Ogni mattina, la radio di Marsala manda in onda la trasmissione “Dove sei, Matteo?”. E ogni mattina, da quella frequenza, Giacomo Di Girolamo si rivolge al boss latitante di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro. Quella di Di Girolamo e? la voce di chi non ha mai avuto paura di schierarsi dalla parte di quelli che si oppongono alla mafia. Fa il suo lavoro, il giornalista, e da giornalista racconta la realta?. Anche quando questa realta? e? scomoda. Anche quando l’idea e? contrastare la mafia, ma pure quel “mito” negli anni battezzato come “antimafia”. Se la stessa antimafia s’e? ridotta a cura poco raccomandabile, quanto il male. «Ma - dice Di Girolamo - mi arrabbio quando mi paragonano a Peppino Impastato: il suo si? che era coraggio, quando la mafia non era ancora reato e i mafiosi li aveva in casa».
E quella riduzione c’e? stata. Questo racconta Giacomo Di Girolamo nella sua inchiesta “Contro l’antimafia”, libro edito da il Saggiatore che il giornalista siciliano presentera? a Biella domani, giovedi? 9 giugno, alle ore 18, a Palazzo La Marmora, come primo dei tre appuntamenti del“FestivaLungo” in programma a giugno. Ed e? a lui, a Messina Denaro, che questo nuovo lavoro e? rivolto, come spiega a “Eco di Biella” l’autore: «“Contro l’antimafia” nasce quest’estate. Volevo rimettere mano alla biografia di Matteo Messina Denaro, “L’invisibile”, per aggiornarla e, quando mi sono trovato davanti al computer, ho capito che non era cio? che volevo fare». Il risultato e? una lettera al boss, l’ultimo ricercato, che Di Girolamo definisce «una lettera di resa. Non e? un libro provocatorio, non e? a lieto fine, non cerca l’esempio, ne? il consenso. Il fulcro e? che la lotta dell’antimafia, come e? stata praticata negli ultimi decenni, e? finita». Una denuncia montata piano piano, in cinque anni, anche contro un certo giornalismo. Una volta pubblica, e? stata capita? «Un libro volutamente apocalittico non chiede di essere capito. Alla fine, ho provato perfino una gioia liberatoria, ho provato su di me la scrittura come terapia. Le reazioni che ci sono state hanno provato che era necessario. In Sicilia, anche risse e insulti. Grande attenzione, invece, fuori dalla Sicilia».
Questo perche? “Contro l’antimafia” non fa sconti. E solleva questioni condivise da Nando Dalla Chiesa come da Giancarlo Caselli. L’antimafia descritta da Di Girolamo e? tesa tra business e “calendario”: beni sequestrati gestiti con logiche privatistiche; sindaci e imprenditori che fanno proclami antimafia e poi si scoprono collusi con i mafiosi; l’etichetta di antimafia come schermo per operazioni poco pulite; fino alle celebrazioni vuote, alla riduzione di Falcone e Borsellino a icone e slogan; all’abuso di luoghi comuni, quali l’imprenditore e il parroco coraggioso, o il pentito. «Accade cosi? nelle scuole, dove si fa “impressionismo didattico” e lo si confonde con la reale conoscenza di questo fenomeno criminale, che non si studia. E? l’emotivita? dell’antimafia, invece ci vorrebbero gli storici».
Cosa manca al racconto della mafia? "Non quello dal lato criminale, per questo Cosa Nostra tra l'altro è a un passo dall'essere sconfitta. Manca invece, il racconto di cio? che sta attorno alla mafia, di quei politici e imprenditori che sono legati alla mafia. La domanda e?: come siamo arrivati a questo punto? Non se ne esce, se non singolarmente. Io cerco nel mio piccolo di essere un giornalista non antimafia ma responsabile, come tengo a essere un cittadino responsabile. Chi era il maresciallo Mirarchi lo sapevano tutti, lo sapeva anche lui. Basta guardarsi allo specchio».
Giovanna Boglietti
Ogni mattina, la radio di Marsala manda in onda la trasmissione “Dove sei, Matteo?”. E ogni mattina, da quella frequenza, Giacomo Di Girolamo si rivolge al boss latitante di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro. Quella di Di Girolamo e? la voce di chi non ha mai avuto paura di schierarsi dalla parte di quelli che si oppongono alla mafia. Fa il suo lavoro, il giornalista, e da giornalista racconta la realta?. Anche quando questa realta? e? scomoda. Anche quando l’idea e? contrastare la mafia, ma pure quel “mito” negli anni battezzato come “antimafia”. Se la stessa antimafia s’e? ridotta a cura poco raccomandabile, quanto il male. «Ma - dice Di Girolamo - mi arrabbio quando mi paragonano a Peppino Impastato: il suo si? che era coraggio, quando la mafia non era ancora reato e i mafiosi li aveva in casa».
E quella riduzione c’e? stata. Questo racconta Giacomo Di Girolamo nella sua inchiesta “Contro l’antimafia”, libro edito da il Saggiatore che il giornalista siciliano presentera? a Biella domani, giovedi? 9 giugno, alle ore 18, a Palazzo La Marmora, come primo dei tre appuntamenti del “FestivaLungo” in programma a giugno. Ed e? a lui, a Messina Denaro, che questo nuovo lavoro e? rivolto, come spiega a “Eco di Biella” l’autore: «“Contro l’antimafia” nasce quest’estate. Volevo rimettere mano alla biografia di Matteo Messina Denaro, “L’invisibile”, per aggiornarla e, quando mi sono trovato davanti al computer, ho capito che non era cio? che volevo fare». Il risultato e? una lettera al boss, l’ultimo ricercato, che Di Girolamo definisce «una lettera di resa. Non e? un libro provocatorio, non e? a lieto fine, non cerca l’esempio, ne? il consenso. Il fulcro e? che la lotta dell’antimafia, come e? stata praticata negli ultimi decenni, e? finita». Una denuncia montata piano piano, in cinque anni, anche contro un certo giornalismo. Una volta pubblica, e? stata capita? «Un libro volutamente apocalittico non chiede di essere capito. Alla fine, ho provato perfino una gioia liberatoria, ho provato su di me la scrittura come terapia. Le reazioni che ci sono state hanno provato che era necessario. In Sicilia, anche risse e insulti. Grande attenzione, invece, fuori dalla Sicilia».
Questo perche? “Contro l’antimafia” non fa sconti. E solleva questioni condivise da Nando Dalla Chiesa come da Giancarlo Caselli. L’antimafia descritta da Di Girolamo e? tesa tra business e “calendario”: beni sequestrati gestiti con logiche privatistiche; sindaci e imprenditori che fanno proclami antimafia e poi si scoprono collusi con i mafiosi; l’etichetta di antimafia come schermo per operazioni poco pulite; fino alle celebrazioni vuote, alla riduzione di Falcone e Borsellino a icone e slogan; all’abuso di luoghi comuni, quali l’imprenditore e il parroco coraggioso, o il pentito. «Accade cosi? nelle scuole, dove si fa “impressionismo didattico” e lo si confonde con la reale conoscenza di questo fenomeno criminale, che non si studia. E? l’emotivita? dell’antimafia, invece ci vorrebbero gli storici».
Cosa manca al racconto della mafia? "Non quello dal lato criminale, per questo Cosa Nostra tra l'altro è a un passo dall'essere sconfitta. Manca invece, il racconto di cio? che sta attorno alla mafia, di quei politici e imprenditori che sono legati alla mafia. La domanda e?: come siamo arrivati a questo punto? Non se ne esce, se non singolarmente. Io cerco nel mio piccolo di essere un giornalista non antimafia ma responsabile, come tengo a essere un cittadino responsabile. Chi era il maresciallo Mirarchi lo sapevano tutti, lo sapeva anche lui. Basta guardarsi allo specchio».
Giovanna Boglietti