La Croce Verde ebbe breve vita tra il 1926 e il 1931

La Croce Verde ebbe breve vita tra il 1926 e il 1931
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Siamo ormai tutti abituati ad associare lazione del soccorso, del pronto intervento e, nel caso, del trasporto in ospedale alla Croce Rossa. Croce Rossa e ambulanza sono spesso usate come sinonimi, tanto e? invalsa labitudine di considerarle come la stessa cosa. La Croce Rossa arriva, presta le prime cure, stabilizza, carica e conduce al nosocomio piu? vicino. Ma come spesso accade, la storia, anche quella locale, ci insegna che abbiamo la memoria corta e che non sempre siamo informati circa la realta? che ci circonda anche adesso. Sul sito della Croce Verde Biellasi legge: La Croce Verde Biella e? nata ad opera di cittadini biellesi con lo scopo di correre in aiuto a tutti coloro che possono trovarsi in momentaneo stato di difficolta? mediante soccorso con autoambulanza o automedica, avvalendosi solamente di prestazioni volontarie dei suoi soci. Non e? indicata la data di (ri)nascita di questo lodevole sodalizio, ma e? consolante gia? il solo sapere che esiste. Meglio una crocein piu? che una in meno, anche se di un colore differente da quello che vediamo di norma. E quella associazione volontaria di pubblica assistenza ha una bella storia, sebbene piuttosto breve, che risale al 1926. Dal punto di vista ideale il nesso con quella attuale e? molto solido: la Croce Verde di oggi e? in tutto e per tutto figlia di quella di allora, sia per finalita? sia per modalita? operative.

Per cogliere il punto dobbiamo pero? premettere che la Croce Rossa era nata in ambito militare e in tale contesto rimase, almeno per quanto riguarda lItalia, fino al 1930. Questo per dire che quelli che oggi sono da tutti considerati i piu? normali interventi nel consesso civile (per esempio il recupero di un infermo o di un ferito e il suo trasferimento in ospedale), fino a quel momento non erano svolti dalla Croce Rossa che si occupava, invece, di soldati (in guerra e in pace) o di grandi calamita?. Nel quotidiano molto spesso non cerano strutture in grado di favorire un ricovero con un qualsivoglia mezzo di trasporto. O ci si arrivava da soli o si correva il rischio di non arrivarci affatto, e di passare a miglior vita senza neppure mettere piede in un ospedale. A Biella, come in molti altri centri piu? o meno grandi della Penisola, la situazione era esattamente questa, ma tutto cambio? nellautunno del 1926. La prima Croce Verde italiana fu costituita a Milano nel 1899. Internet informa che fu un fatto di sangue estemporaneo (una rissa) a indurre alcuni privati cittadini presenti e testimoni dell’episodio a farsi fisicamente carico di condurre i feriti nel piu? prossimo centro ospedaliero su lettighe di fortuna messe insieme con carretti e materassi. Non e? chiaro se questa sia una leggenda metropolitana o se quelle barelle e quei barellieri ci furono davvero.

Ma resta vero che da quel momento si sviluppo? un inedito sistema di soccorso civile e volontario che si diffuse, pur con tutte le difficolta? del caso, in buona parte del Regno dItalia. Il carattere umanitario, univoco, nazionale e, soprattutto, marziale della Croce Rossa si manifestava in cosi? in altri termini, ossia quelli disomogenei, locali e pacifici della Croce Verde. Il forte messaggio filantropico e disinteressato della Croce Verde giunse a Biella alla fine dellestate del 1926 e poco dopo la cittadinanza biellese ha accolto con manifesta simpatia la lodevole iniziativa, in quanto veniva a colmarsi una lacuna nellorganizzazione cittadina riguardante i pronti soccorsi che, tanto negli infortuni come nei casi di malattie richiedenti il trasporto degli infermi, erano fatti il piu? delle volte in condizioni contrarie alle piu? elementari norme che regolano tale delicata opera” (“il Biellese”, 9 settembre 1930). Il Comune di Biella dono? una barella che era gia? stata di proprieta? del Corpo dei Pompieri. Con quel primo attrezzo minimo la Croce Verde si distinse in un’azione che si puo? considerare il battesimo del fuoco, anzi del sangue, per gli entusiasti ma ancora inesperti volontari. Nella mattinata del 4 dicembre 1926 si verifico? una tragedia, la peggiore, che rimanda a fatti di cronaca attuali. Una donna francese, Giulia Van Robacys, colta da un raptus di pazzia, aveva tagliato la gola alla figlia Michelle di quattro anni e poi aveva tentato di fare altrettanto su di se?. Il marito e padre della bambina, Luigi Grimonprez, impiegato presso la ditta Mongay in Biella, era in giardino prima di recarsi al lavoro e, udito il tonfo della infanticida che cadeva sul pianerottolo, pote? soltanto chiedere aiuto prima di cercare di tamponare la ferita della moglie e di scoprire appena dopo cio? che aveva fatto. L’evento drammatico si era consumato in via Ponderano, nella palazzina Moglia, dove i due giovani sposi originari di Roubaix vivevano da qualche tempo. Tutti nella zona conoscevano “la francese” e la sua piccina: la donna soffriva di manie di persecuzione, ma nessuno avrebbe mai pensato a un’evoluzione simile del suo stato di salute men- tale. Un vicino di casa dei Grimonprez telefono? alla Croce Verde e la suddetta barella comparve sul posto per raccogliere Giulia Van Robacys. Per Michelle, ovviamente, la Croce Verde era ormai inutile. La pazza, che non era in pericolo di vita, fu sdraiata e assicurata alla lettiga e poi portata a braccia fino all’ospedale dove le fecero indossare una camicia di forza. Questo e molto altro dovevano fare i croceverdini.

Dopo le buone prove date in circostanze tremende come quella appena rievocata, la Croce Verde di Biella si merito? il rispetto dovuto. La sede fu ricavata in via Arnulfo 9 e non tardarono ad arrivare le prime generose oblazioni. Nelle settimane successive fu comprato un moderno policicloe nel 1927, grazie al primo banco di beneficenza (che divenne un appuntamento fisso) fu acquistata una vera e propria autoambulanza che fu attrezzata per quanto possibile. Nello stesso anno si rese necessaria una trasferta a Napoli e il transito per Roma suscito? grande impressione per quel mezzo di colore bianco: tanta manifesta avanguardia per una cittadina come Biella! Tra il 1927 e il 1930, il parco auto fu integrato con unaltra ambulanza e una Fiat 500 adibita alla movimentazione dei convalescenti, dei medici e delle levatrici.

Edifficile rendersi conto di quale passo, anzi balzo in avanti fu compiuto in quegli anni. La Croce Verde e i suoi operatori con un telefono e tre automezzi resero assai piu? efficaci prevenzione e cura per innumerevoli patologie, ovvero significarono vita anziche? morte per chissa? quante persone. Se ci fossimo feriti o se fossimo stati ammalati in quel periodo il colore della croce della salvezza non sarebbe stato rosso, ma verde. Quale destino avrebbe potuto avere una simile istituzione? Le condizioni erano ottimali per formare un centro di primo soccorso e di intervento territoriale a livello locale, ma Mussolini si mise di traverso e tutto ebbe termine. Con Regio Decreto 12 febbraio 1930 la gestione delle emergenze e delle urgenze, anche nel senso dei trasporti, passo? in capo alla Croce Rossa Italiana che assorbi? tutte le realta? analoghe alla Croce Verde Biellese. Dotazioni, strumenti, mezzi e infrastrutture furono assegnati alla Cri che si assunse anche i compiti delle associazioni che inglobava. Fu un atto dimperio che servi? a mettere ordine a livello nazionale, ma per i fedeli prestatori dopera della Croce Verde fu un brutto colpo, ma non mollarono subito, tante? che nel 1931 risultano ancora in attivita?. Anche perche? proprio a ottobre del 1930 avevano inaugurato un ospedaletto da campo, cioe? una struttura mobile da piazzare ove fosse necessario in caso di avvenimenti di vasta portata lontani dallarea urbana. Una visione notevole e moderna per un gruppo di pochi individui, guidati dal dottor Silvestrini, da Eugenio Coda e dal capo-militeVella, che non potevano contare su grandi contributi economici pubblici (anche se il commissario prefettizio di Biella, comm. Mario Ferrerati, ebbe sempre un occhio di riguardo i volenterosi di via Arnulfo). Se non ci fosse una nuova Croce Verde di Biella bisognerebbe inventarla... Il fatto e? che non esiste! Il sito di cui sopra (web.tiscali.it/croceverde/) e? anticoe/o fasullo. Il numero di telefono (015-406465) non e? attivo. Ce? anche un rimando al 36 di via Delleani, ma a quellindirizzo ce? unaltra Croce, quella Bianca, da parecchi anni. Un bel mistero! Magari con questo pezzo qualcuno sapra? dirci che fine ha fatto quella piccola ma gloriosa associazione.

Danilo Craveia 

Siamo ormai tutti abituati ad associare l’azione del soccorso, del pronto intervento e, nel caso, del trasporto in ospedale alla Croce Rossa. Croce Rossa e ambulanza sono spesso usate come sinonimi, tanto e? invalsa l’abitudine di considerarle come la stessa cosa. La Croce Rossa arriva, presta le prime cure, stabilizza, carica e conduce al nosocomio piu? vicino. Ma come spesso accade, la storia, anche quella locale, ci insegna che abbiamo la memoria corta e che non sempre siamo informati circa la realta? che ci circonda anche adesso. Sul sito della “Croce Verde Biella” si legge: “La Croce Verde Biella e? nata ad opera di cittadini biellesi con lo scopo di correre in aiuto a tutti coloro che possono trovarsi in momentaneo stato di difficolta? mediante soccorso con autoambulanza o automedica, avvalendosi solamente di prestazioni volontarie dei suoi soci”. Non e? indicata la data di (ri)nascita di questo lodevole sodalizio, ma e? consolante gia? il solo sapere che esiste. Meglio una “croce”in piu? che una in meno, anche se di un colore differente da quello che vediamo di norma. E quella associazione volontaria di pubblica assistenza ha una bella storia, sebbene piuttosto breve, che risale al 1926. Dal punto di vista ideale il nesso con quella attuale e? molto solido: la Croce Verde di oggi e? in tutto e per tutto figlia di quella di allora, sia per finalita? sia per modalita? operative.

Per cogliere il punto dobbiamo pero? premettere che la Croce Rossa era nata in ambito militare e in tale contesto rimase, almeno per quanto riguarda l’Italia, fino al 1930. Questo per dire che quelli che oggi sono da tutti considerati i piu? normali interventi nel consesso civile (per esempio il recupero di un infermo o di un ferito e il suo trasferimento in ospedale), fino a quel momento non erano svolti dalla Croce Rossa che si occupava, invece, di soldati (in guerra e in pace) o di grandi calamita?. Nel quotidiano molto spesso non c’erano strutture in grado di favorire un ricovero con un qualsivoglia mezzo di trasporto. O ci si arrivava da soli o si correva il rischio di non arrivarci affatto, e di passare a miglior vita senza neppure mettere piede in un ospedale. A Biella, come in molti altri centri piu? o meno grandi della Penisola, la situazione era esattamente questa, ma tutto cambio? nell’autunno del 1926. La prima Croce Verde italiana fu costituita a Milano nel 1899. Internet informa che fu un fatto di sangue estemporaneo (una rissa) a indurre alcuni privati cittadini presenti e testimoni dell’episodio a farsi fisicamente carico di condurre i feriti nel piu? prossimo centro ospedaliero su lettighe di fortuna messe insieme con carretti e materassi. Non e? chiaro se questa sia una leggenda metropolitana o se quelle barelle e quei barellieri ci furono davvero.

Ma resta vero che da quel momento si sviluppo? un inedito sistema di soccorso civile e volontario che si diffuse, pur con tutte le difficolta? del caso, in buona parte del Regno d’Italia. Il carattere umanitario, univoco, nazionale e, soprattutto, marziale della Croce Rossa si manifestava in cosi? in altri termini, ossia quelli disomogenei, locali e pacifici della Croce Verde. Il forte messaggio filantropico e disinteressato della Croce Verde giunse a Biella alla fine dell’estate del 1926 e poco dopo “la cittadinanza biellese ha accolto con manifesta simpatia la lodevole iniziativa, in quanto veniva a colmarsi una lacuna nell’organizzazione cittadina riguardante i pronti soccorsi che, tanto negli infortuni come nei casi di malattie richiedenti il trasporto degli infermi, erano fatti il piu? delle volte in condizioni contrarie alle piu? elementari norme che regolano tale delicata opera” (“il Biellese”, 9 settembre 1930). Il Comune di Biella dono? una barella che era gia? stata di proprieta? del Corpo dei Pompieri. Con quel primo attrezzo minimo la Croce Verde si distinse in un’azione che si puo? considerare il battesimo del fuoco, anzi del sangue, per gli entusiasti ma ancora inesperti volontari. Nella mattinata del 4 dicembre 1926 si verifico? una tragedia, la peggiore, che rimanda a fatti di cronaca attuali. Una donna francese, Giulia Van Robacys, colta da un raptus di pazzia, aveva tagliato la gola alla figlia Michelle di quattro anni e poi aveva tentato di fare altrettanto su di se?. Il marito e padre della bambina, Luigi Grimonprez, impiegato presso la ditta Mongay in Biella, era in giardino prima di recarsi al lavoro e, udito il tonfo della infanticida che cadeva sul pianerottolo, pote? soltanto chiedere aiuto prima di cercare di tamponare la ferita della moglie e di scoprire appena dopo cio? che aveva fatto. L’evento drammatico si era consumato in via Ponderano, nella palazzina Moglia, dove i due giovani sposi originari di Roubaix vivevano da qualche tempo. Tutti nella zona conoscevano “la francese” e la sua piccina: la donna soffriva di manie di persecuzione, ma nessuno avrebbe mai pensato a un’evoluzione simile del suo stato di salute men- tale. Un vicino di casa dei Grimonprez telefono? alla Croce Verde e la suddetta barella comparve sul posto per raccogliere Giulia Van Robacys. Per Michelle, ovviamente, la Croce Verde era ormai inutile. La pazza, che non era in pericolo di vita, fu sdraiata e assicurata alla lettiga e poi portata a braccia fino all’ospedale dove le fecero indossare una camicia di forza. Questo e molto altro dovevano fare i croceverdini.

Dopo le buone prove date in circostanze tremende come quella appena rievocata, la Croce Verde di Biella si merito? il rispetto dovuto. La sede fu ricavata in via Arnulfo 9 e non tardarono ad arrivare le prime generose oblazioni. Nelle settimane successive fu comprato un “moderno policiclo” e nel 1927, grazie al primo banco di beneficenza (che divenne un appuntamento fisso) fu acquistata una vera e propria autoambulanza che fu attrezzata per quanto possibile. Nello stesso anno si rese necessaria una trasferta a Napoli e il transito per Roma suscito? grande impressione per quel mezzo di colore bianco: tanta manifesta avanguardia per una cittadina come Biella! Tra il 1927 e il 1930, il parco auto fu integrato con un’altra ambulanza e una Fiat 500 adibita alla movimentazione dei convalescenti, dei medici e delle levatrici.

E’ difficile rendersi conto di quale passo, anzi balzo in avanti fu compiuto in quegli anni. La Croce Verde e i suoi operatori con un telefono e tre automezzi resero assai piu? efficaci prevenzione e cura per innumerevoli patologie, ovvero significarono vita anziche? morte per chissa? quante persone. Se ci fossimo feriti o se fossimo stati ammalati in quel periodo il colore della croce della salvezza non sarebbe stato rosso, ma verde. Quale destino avrebbe potuto avere una simile istituzione? Le condizioni erano ottimali per formare un centro di primo soccorso e di intervento territoriale a livello locale, ma Mussolini si mise di traverso e tutto ebbe termine. Con Regio Decreto 12 febbraio 1930 la gestione delle emergenze e delle urgenze, anche nel senso dei trasporti, passo? in capo alla Croce Rossa Italiana che assorbi? tutte le realta? analoghe alla Croce Verde Biellese. Dotazioni, strumenti, mezzi e infrastrutture furono assegnati alla Cri che si assunse anche i compiti delle associazioni che inglobava. Fu un atto d’imperio che servi? a mettere ordine a livello nazionale, ma per i fedeli prestatori d’opera della Croce Verde fu un brutto colpo, ma non mollarono subito, tant’e? che nel 1931 risultano ancora in attivita?. Anche perche? proprio a ottobre del 1930 avevano inaugurato un “ospedaletto da campo”, cioe? una struttura mobile da piazzare ove fosse necessario in caso di avvenimenti di vasta portata lontani dall’area urbana. Una visione notevole e moderna per un gruppo di pochi individui, guidati dal dottor Silvestrini, da Eugenio Coda e dal “capo-milite”Vella, che non potevano contare su grandi contributi economici pubblici (anche se il commissario prefettizio di Biella, comm. Mario Ferrerati, ebbe sempre un occhio di riguardo i volenterosi di via Arnulfo). Se non ci fosse una nuova Croce Verde di Biella bisognerebbe inventarla... Il fatto e? che non esiste! Il sito di cui sopra (web.tiscali.it/croceverde/) e? “antico” e/o fasullo. Il numero di telefono (015-406465) non e? attivo. C’e? anche un rimando al 36 di via Delleani, ma a quell’indirizzo c’e? un’altra Croce, quella Bianca, da parecchi anni. Un bel mistero! Magari con questo pezzo qualcuno sapra? dirci che fine ha fatto quella piccola ma gloriosa associazione.

Danilo Craveia 

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