«Ho trovato la copia del Voynich»
BIELLA - Il manoscritto resta indecifrabile. I suoi segni non appartengono a nessun linguaggio conosciuto, antico o moderno. Né si può sapere con esattezza cosa sia e quale funzione abbia avuto il Manoscritto Voynich. Di questo libello - piccolo, dunque tascabile - la versione originale è conservata e iper-protetta alla Beinecke Rare Book and Manuscript Library dell’Università di Yale. E, sino a poco tempo fa, non si poteva che supporre l’esistenza di una e una sola copia parziale, attestata da una lettera.
Finché l’amore per i documenti antichi coltivato da un esperto collezionista biellese non ha portato alla riscoperta di materiale che si credeva dissolto nel tempo. Il fine appassionato in questione è Fabrizio Salani (in foto), titolare dell’omonima copisteria nel centro di Biella, che proporrà al pubblico l’ultima scoperta, suggellata dal parere di esperti di calibro internazionale, il prossimo sabato, 16 aprile, alla Fondazione Edo e Elvo Tempia, alle ore 17.
Il ritrovamento dell’unica copia antica su pergamena del manoscritto Voynich risale al 2013 ed è avvenuto tra le antichità messe in vendita ai collezionisti a Narni (Terni). «Mi sono stati proposti vari documenti, come atti di nascita e morte, eredità, acquisti di terreni - racconta Fabrizio Salani - Ho comprato, però, solo uno di quei fogli, intuendo di cosa si potesse trattare. E, dopo indagini scientifiche eseguite sul materiale come a livello filologico, la mia ipotesi è che si possa trattare della pagina 14 v, l’ultima, dell’unica copia parziale mai esistita del manoscritto Voynich. Quella copia parziale della quale abbiamo traccia in una missiva inviata, nel 1639, da Georgius Barschius, alchimista di Praga, al grande scienziato gesuita Athanasius Kircher, che viveva a Roma. E che doveva essere stata accompagnata proprio dal plico, che già allora si stava cercando, invano, di tradurre».
Il manoscritto Voynich è, infatti, databile ben prima del Seicento. Spiega Salani: «La pergamena risalirebbe tra il 1404 e il 1438. Lo studio sull’inchiostro ha confermato la compatibilità con l’epoca. Per il resto, non si conosce il suo contenuto: si sa che, in ogni caso, il linguaggio usato, pur non essendo a noi comprensibile, è autentico. O, meglio, così sostengono in molti».
Sì, perché l’identità del manoscritto di Voynich resta un mistero, che si è cercato nel tempo di decifrare, formulando ipotesi senza poterne escludere, in realtà, nessuna con fermezza. Fabrizio Salani: «C’è chi dice possa risalire a Leonardo da Vinci, al Filarete, persino agli alieni. O che sia un falso creato ad arte per imbrogliare Rodolfo II di Boemia. La certezza è che, oggi, è il libro più discusso dopo la Bibbia».
Giovanna Boglietti
BIELLA - Il manoscritto resta indecifrabile. I suoi segni non appartengono a nessun linguaggio conosciuto, antico o moderno. Né si può sapere con esattezza cosa sia e quale funzione abbia avuto il Manoscritto Voynich. Di questo libello - piccolo, dunque tascabile - la versione originale è conservata e iper-protetta alla Beinecke Rare Book and Manuscript Library dell’Università di Yale. E, sino a poco tempo fa, non si poteva che supporre l’esistenza di una e una sola copia parziale, attestata da una lettera.
Finché l’amore per i documenti antichi coltivato da un esperto collezionista biellese non ha portato alla riscoperta di materiale che si credeva dissolto nel tempo. Il fine appassionato in questione è Fabrizio Salani (in foto), titolare dell’omonima copisteria nel centro di Biella, che proporrà al pubblico l’ultima scoperta, suggellata dal parere di esperti di calibro internazionale, il prossimo sabato, 16 aprile, alla Fondazione Edo e Elvo Tempia, alle ore 17.
Il ritrovamento dell’unica copia antica su pergamena del manoscritto Voynich risale al 2013 ed è avvenuto tra le antichità messe in vendita ai collezionisti a Narni (Terni). «Mi sono stati proposti vari documenti, come atti di nascita e morte, eredità, acquisti di terreni - racconta Fabrizio Salani - Ho comprato, però, solo uno di quei fogli, intuendo di cosa si potesse trattare. E, dopo indagini scientifiche eseguite sul materiale come a livello filologico, la mia ipotesi è che si possa trattare della pagina 14 v, l’ultima, dell’unica copia parziale mai esistita del manoscritto Voynich. Quella copia parziale della quale abbiamo traccia in una missiva inviata, nel 1639, da Georgius Barschius, alchimista di Praga, al grande scienziato gesuita Athanasius Kircher, che viveva a Roma. E che doveva essere stata accompagnata proprio dal plico, che già allora si stava cercando, invano, di tradurre».
Il manoscritto Voynich è, infatti, databile ben prima del Seicento. Spiega Salani: «La pergamena risalirebbe tra il 1404 e il 1438. Lo studio sull’inchiostro ha confermato la compatibilità con l’epoca. Per il resto, non si conosce il suo contenuto: si sa che, in ogni caso, il linguaggio usato, pur non essendo a noi comprensibile, è autentico. O, meglio, così sostengono in molti».
Sì, perché l’identità del manoscritto di Voynich resta un mistero, che si è cercato nel tempo di decifrare, formulando ipotesi senza poterne escludere, in realtà, nessuna con fermezza. Fabrizio Salani: «C’è chi dice possa risalire a Leonardo da Vinci, al Filarete, persino agli alieni. O che sia un falso creato ad arte per imbrogliare Rodolfo II di Boemia. La certezza è che, oggi, è il libro più discusso dopo la Bibbia».
Giovanna Boglietti