Giuseppe Culicchia: «Caschiamo tutti nel “già detto”»

Giuseppe Culicchia: «Caschiamo tutti nel “già detto”»
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BIELLA - Prima di leggere questo dizionario, occorre consultare il dizionario. E andare alla voce “luogo comune”, che così recita: «Il luogo comune è un’opinione, non necessariamente “vera”, oppure un concetto la cui diffusione, ricorrenza o familiarità ne determinano l’ovvietà o l’immediata riconoscibilità». Si coglierà, allora, che tutte le voci di questo dizionario - il “Mi sono perso in un luogo comune. Dizionario della nostra stupidità” di Giuseppe Culicchia (L’Arcipelago Einaudi) - corrispondono a luoghi comuni, ognuna nel proprio contesto, ognuna nelle sue occasioni d’uso. E tutte sembrano, allo stesso modo, suggerire quanto siamo abituati a parlare senza pensare davvero.

Quanto e come siamo stupidi? Lo potremo dedurre nel corso della presentazione del nuovo lavoro dello scrittore torinese, che lo stesso autore illustrerà oggi- venerdì 27 maggio - alle ore 21, in via Quintino Sella 45, negli spazi Libreria Punto Einaudi-LaCuperfrigor di Biella.

Giuseppe Culicchia racconta a “Eco di Biella” la genesi di questo dizionario-pamphlet: «La sua genesi è legata alla lettura del  “Dizionario dei luoghi comuni” di Gustave Flaubert, che mi ha sempre divertito e sulla base del quale mi sono sempre chiesto come fosse ambientare un progetto simile in questi anni. All’inizio, non pensavo di costruire un libro, più che un semplice dizionario è un percorso tematico».

Come Flaubert, insomma, Culicchia ha seguito una “operazione dei tempi” che andava fatta: «Sì, già Flaubert aveva inserito il suo Dizionario in un più ampio progetto enciclopedico, con l’idea di esprimere tutti i “sentito dire” della sua epoca, per far capire che qualsiasi cosa si dicesse era già stato detto, in pratica. La particolarità di oggi è che il luogo comune viene amplificato in tempo reale dalla tecnologia. Capita che chi è originale perda subito questa originalità, perché il suo pensiero diventerà una cacofonia, sarà ripreso da altri subito».

Un percorso organizzato per “filoni”, quello scelto da Culicchia, per dare ordine alla raccolta fatta. Alcuni di questi filoni sono particolarmente significativi, per lo scrittore: «Penso al filone legato alla rimozione delle cose e alla pulizia del linguaggio, come quello riferito alla comunicazione delle guerre: sentiamo “bombe intelligenti”, che intelligenti non sono, o “danni collaterali”, che significano civili. C’è poi il filone della cucina: i “carboidrati” vanno evitati oppure no, appartengono alla dieta mediterranea? Oppure c’è il filone dei mezzi di comunicazione: “esodo” e “contro-esodo” sono gli indici più conosciuti di questa pigrizia del pensiero». Ma sono davvero tutti da demonizzare, i luoghi comuni? «Non tutti. Spesso permettono il vivere civile. Sono convinto che esistessero già al tempo dell’uomo delle caverne. E, in certi momenti difficili, sono utili: pensiamo a un parente ammalato, per non parlare della malattia abbiamo anche il diritto di ricorrere a un luogo comune. Sono da demonizzare quelli della comunicazione e della politica, perché diventano strumenti per impedire il pensiero complesso, sono comodità che si fanno spesso slogan».

Tra ironia e intelligenza, Giuseppe Culicchia mette davanti allo specchio la società del giorno d’oggi: «Pur volendolo evitare, ricaschiamo sempre nel luogo comune. Io per primo. Siamo tutti dei replicanti, nessuno vi sfugge anche nel chiuso dei suoi pensieri. Purtroppo, c’è chi lavora alla semplificazione del vocabolario e, quindi, del pensiero, complice la tecnologia. Si resta in superficie». Si veda alla voce: “consapevolezza”.

Giovanna Boglietti

BIELLA - Prima di leggere questo dizionario, occorre consultare il dizionario. E andare alla voce “luogo comune”, che così recita: «Il luogo comune è un’opinione, non necessariamente “vera”, oppure un concetto la cui diffusione, ricorrenza o familiarità ne determinano l’ovvietà o l’immediata riconoscibilità». Si coglierà, allora, che tutte le voci di questo dizionario - il “Mi sono perso in un luogo comune. Dizionario della nostra stupidità” di Giuseppe Culicchia (L’Arcipelago Einaudi) - corrispondono a luoghi comuni, ognuna nel proprio contesto, ognuna nelle sue occasioni d’uso. E tutte sembrano, allo stesso modo, suggerire quanto siamo abituati a parlare senza pensare davvero.

Quanto e come siamo stupidi? Lo potremo dedurre nel corso della presentazione del nuovo lavoro dello scrittore torinese, che lo stesso autore illustrerà oggi- venerdì 27 maggio - alle ore 21, in via Quintino Sella 45, negli spazi Libreria Punto Einaudi-LaCuperfrigor di Biella.

Giuseppe Culicchia racconta a “Eco di Biella” la genesi di questo dizionario-pamphlet: «La sua genesi è legata alla lettura del  “Dizionario dei luoghi comuni” di Gustave Flaubert, che mi ha sempre divertito e sulla base del quale mi sono sempre chiesto come fosse ambientare un progetto simile in questi anni. All’inizio, non pensavo di costruire un libro, più che un semplice dizionario è un percorso tematico».

Come Flaubert, insomma, Culicchia ha seguito una “operazione dei tempi” che andava fatta: «Sì, già Flaubert aveva inserito il suo Dizionario in un più ampio progetto enciclopedico, con l’idea di esprimere tutti i “sentito dire” della sua epoca, per far capire che qualsiasi cosa si dicesse era già stato detto, in pratica. La particolarità di oggi è che il luogo comune viene amplificato in tempo reale dalla tecnologia. Capita che chi è originale perda subito questa originalità, perché il suo pensiero diventerà una cacofonia, sarà ripreso da altri subito».

Un percorso organizzato per “filoni”, quello scelto da Culicchia, per dare ordine alla raccolta fatta. Alcuni di questi filoni sono particolarmente significativi, per lo scrittore: «Penso al filone legato alla rimozione delle cose e alla pulizia del linguaggio, come quello riferito alla comunicazione delle guerre: sentiamo “bombe intelligenti”, che intelligenti non sono, o “danni collaterali”, che significano civili. C’è poi il filone della cucina: i “carboidrati” vanno evitati oppure no, appartengono alla dieta mediterranea? Oppure c’è il filone dei mezzi di comunicazione: “esodo” e “contro-esodo” sono gli indici più conosciuti di questa pigrizia del pensiero». Ma sono davvero tutti da demonizzare, i luoghi comuni? «Non tutti. Spesso permettono il vivere civile. Sono convinto che esistessero già al tempo dell’uomo delle caverne. E, in certi momenti difficili, sono utili: pensiamo a un parente ammalato, per non parlare della malattia abbiamo anche il diritto di ricorrere a un luogo comune. Sono da demonizzare quelli della comunicazione e della politica, perché diventano strumenti per impedire il pensiero complesso, sono comodità che si fanno spesso slogan».

Tra ironia e intelligenza, Giuseppe Culicchia mette davanti allo specchio la società del giorno d’oggi: «Pur volendolo evitare, ricaschiamo sempre nel luogo comune. Io per primo. Siamo tutti dei replicanti, nessuno vi sfugge anche nel chiuso dei suoi pensieri. Purtroppo, c’è chi lavora alla semplificazione del vocabolario e, quindi, del pensiero, complice la tecnologia. Si resta in superficie». Si veda alla voce: “consapevolezza”.

Giovanna Boglietti

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