Massimo Giletti: «A giugnodebutto in radio»

Massimo Giletti: «A giugno<br>debutto in radio»
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(30 apr) Ancora due puntate. Una, quella che andrà in onda domani (Rai Uno, ore 14), dedicata alla beatificazione di Papa Giovanni Paolo II e al matrimonio tra il principe William e Kate Middleton; l’altra, quella del prossimo 8 maggio, con l’intervista «in esclusiva per la Rai» a Natascha Kampusch, la ragazza austriaca che, dopo essere stata rapita, ha vissuto segregata per oltre otto anni. Poi l’"Arena" di "Domenica in condotta" da Massimo Giletti (nella foto) andrà in vacanza.

Signor Giletti, com’è andata questa settima stagione del programma?
«Il bilancio è trionfale, abbiamo avuto un successo che è andato al di là delle nostre più rosee previsioni. Ventisette puntate e 27 vittorie in termini di ascolti, con una media di 4,2 milioni di telespettatori, pari al 22,80% di share, mentre l’avversario, "Domenica Cinque", su Canale 5, ha fatto 2,5 milioni e il 13,45%».
Ancora due puntate. Una, quella che andrà in onda domani (Rai Uno, ore 14), dedicata alla beatificazione di Papa Giovanni Paolo II e al matrimonio tra il principe William e Kate Middleton; l’altra, quella del prossimo 8 maggio, con l’intervista «in esclusiva per la Rai» a Natascha Kampusch, la ragazza austriaca che, dopo essere stata rapita, ha vissuto segregata per oltre otto anni. Poi l’"Arena" di "Domenica in condotta" da Massimo Giletti (nella foto) andrà in vacanza.

Signor Giletti, com’è andata questa settima stagione del programma?
«Il bilancio è trionfale, abbiamo avuto un successo che è andato al di là delle nostre più rosee previsioni. Ventisette puntate e 27 vittorie in termini di ascolti, con una media di 4,2 milioni di telespettatori, pari al 22,80% di share, mentre l’avversario, "Domenica Cinque", su Canale 5, ha fatto 2,5 milioni e il 13,45%».

Gli “avversari” hanno anche cambiato i conduttori, passando da Barbara D’Urso a Claudio Brachino. Questione di strategia?
«Credo che si sia voluto contrapporre alla mia la loro attualità, pensando di portarci via un po’ di pubblico. Invece l’operazione non ha sortito effetto».

E allora qual è il segreto del successo della sua "Arena"?
«Siamo gli “ammutinati del Bounty”, facciamo una tv che va contro le grandi logiche. Siamo pochi, “brutti, sporchi e cattivi”, però anche quest’anno abbiamo battuto tutti! E questo è un grande orgoglio».

Quante persone lavorano alla realizzazione del programma?
«Dieci. Davvero poche per un programma di due ore che si occupa di attualità. L’aspetto positivo è che grazie all’"Arena" si sono create nuove professionalità. Ho scelto gente che era alle prime esperienze e che oggi sa fare molto di più: sa montare, girare, andare a caccia di notizie. In fondo mi rivedo un po’ in questi ragazzi, perché anch’io sono approdato in tv senza troppe basi giornalistiche. Ma quando uno ha qualità riesce a farsi strada».

Quanto costa, mediamente, una puntata dell’"Arena"?
«Praticamente nulla. Non ha senso dare dati. Il costo è quello industriale, dello studio e della struttura; la metà degli ospiti non è nemmeno pagata».

Chi sceglie gli argomenti da trattare di volta in volta?
«Io, con il mio gruppo di lavoro».

Mai subito censure?
«Abbiamo abbastanza libertà nella scelta degli argomenti. Il fatto è che vado in onda di domenica, in un orario che non agevola parlare di certi argomenti. Così, ad esempio, decisi di non trattare il caso Marrazzo perché mi era difficile affrontare il tema della transessualità in quella collocazione oraria. Per il resto... Beh, diciamo che quando si tocca la politica bisogna sempre stare molto attenti».

Anche all’"Arena" vi siete occupati degli omicidi di Sarah Scazzi e di Yara Gambirasio. Non crede che i programmi tv (di Rai e Mediaset) abbiano esagerato nel trattare questi due fatti di cronaca?
«Quanto accaduto ad Avetrana è stato più forte di ogni tipo di reality ed era inevitabile occuparsi di quel caso: quando i protagonisti sono diventati attori principali, indiziati, erano ormai noti a tutti, perché andavano in televisione già da un mese. Ho trattato quel caso anche perché, spesso, fatti decisivi nelle indagini avvenivano tra venerdì e sabato, così come il ritrovamento del corpo di Yara, che è avvenuto di sabato.
«In questi casi non si può non trattare la vicenda: l’importante è non essere morbosi.
«C’è anche un altro aspetto, poi, che non va sottovalutato: la cronaca nera “paga”, in termini di ascolti. E questo, chi fa tv, lo sa bene. Però noi siamo riusciti a fare ascolti importanti, all’"Arena", al di là di questi omicidi».

Mai avuto querele per l’"Arena"?
«Una decina, e finora ho sempre vinto. E diciamo pure che mi arrivano soprattutto da magistrati (sorride, ndr). A mio giudizio, ricevere molte querele significa che il lavoro è fatto bene, che il programma dà fastidio, dice verità che non si vogliono sentire».

È vero che questa è la sua ultima edizione dell’"Arena"?
«Non l’ho mai detto. Mi sono limitato a dire che è sempre meglio lasciare un programma quando si vince e che, magari, dopo tanti anni, si può pensare di fare altro».

In Rai o a Mediaset?
«Il mio contratto con la Rai scadrà a giugno. Certo, io sono nato e cresciuto professionalmente in Rai, un’azienda a cui devo molto e in cui spero di continuare a lavorare. Però devo ammettere che quest’anno c’è stato qualche pensiero in più nei confronti di Mediaset. In ogni caso, deciderò soltanto dopo aver ascoltato con interesse tutte le proposte».

Nel dopo-Arena, che cosa le piacerebbe fare in tv?
«Un programma che è ormai scomparso dai palinsesti: un rotocalco d’inchiesta sullo stile di "Mixer"».

Nel suo futuro c’è solo la tv?
«No, sto preparando il debutto in radio, su Radio Uno Rai, a giugno: se ne sta parlando in queste settimane con il direttore Antonio Preziosi».

Il lavoro va a gonfie vele. E la vita privata?
«È un disastro! Ho messo al centro della mia vita il lavoro. E poi, storicamente, dei “bunga bunga” personali non ho mai voluto parlare!».
Lara Bertolazzi
bertolazzi@primabiella.it

30 aprile 2011

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