«Falseum non è una sfida: è necessità»

«Falseum non è una sfida: è necessità»
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I pezzi da museo restano all'esterno. E per un museo, qual è il “Falseum”, non è cosa dappoco. È, anzi, la filosofia che impasta l'identità degli spazi che lo accolgono, all'interno del castello di Verrone. Già, perché - eccezion fatta per le finte teste di Modigliani, lì in esposizione fino al 18 ottobre - il Museo del Falso e dell'Inganno biellese, inaugurato lo scorso finesettimana sotto il segno del Festival “Fake”, è un unicum in Italia non solo per ciò che approfondisce, ma per come lo analizza. Facendo anche a meno di loro, dei pezzi da museo. 
«È certo un museo particolare. Racconta di storie, grazie alla tecnologia e a un preciso modello, ovvero del lato invisibile della realtà, ciò che non si può vedere ma i cui effetti sono sotto gli occhi di tutti». A parlare è chi conosce bene il “Falseum”, il suo direttore scientifico, Errico Buonanno, noto giornalista e scrittore romano, firma de “Il Corriere della Sera”, autore televisivo e anche radiofonico per “Radio2”. Nonché - e quest'opera ne ha fatto il più indicato professionista per il “Falseum” - autore, tra i suoi libri, di “Sarà vero. La menzogna al potere, catalogo di falsi e bugie che hanno influenzato la Storia”, pubblicato da Einaudi nel 2009.

Il “sarà vero?” è l’interrogativo con cui il museo accoglie i visitatori, stampato a chiare lettere all’ingresso. «Lo strano paradosso vuole che la fantasia, l’inesistente, le “voci che corrono” rivelino, poi, una componente fortissima nella realtà. Ecco perché “Falseum” interessa: perché vale la pena conoscere il falso e le storie che lo riguardano, visto che la sua caratteristica è quella di ripetersi».
Tanto più che il falso non è sempre negativo, tra le sale del castello di Verrone diversi esempi lo raccontano, e lo racconteranno: come a dire, il falso ha fatto la Storia ma non conosce passato, segna la realtà e di continuo il presente. 
E sono più di mille i visitatori che hanno partecipato alla tre giorni che ha fatto da apertura a “Fake”. In tantissimi hanno, infatti, voluto essere presenti al Festival e visitare le sale di “Falseum”. Tutti entusiasti all’uscita, nonostante la giornata di domenica sia stata macchiata da alcuni problemi tecnici che non hanno permesso loro di godersi appieno la proposta interattiva del museo. 
Hanno registrato il “pienone” anche le tavole rotonde proposte durante “Fake” e intitolate “Lo statuto culturale del Falseum” e “Con la cultura non si mangia. Vero o Falso”. Appuntamenti che hanno coinvolto ospiti provenienti da diverse parti d’Italia e in rappresentanza di istituzioni culturali, musei e organizzazioni di promozione della cultura e di tutela del patrimonio nazionale. 

Giovanna Boglietti

I pezzi da museo restano all'esterno. E per un museo, qual è il “Falseum”, non è cosa dappoco. È, anzi, la filosofia che impasta l'identità degli spazi che lo accolgono, all'interno del castello di Verrone. Già, perché - eccezion fatta per le finte teste di Modigliani, lì in esposizione fino al 18 ottobre - il Museo del Falso e dell'Inganno biellese, inaugurato lo scorso finesettimana sotto il segno del Festival “Fake”, è un unicum in Italia non solo per ciò che approfondisce, ma per come lo analizza. Facendo anche a meno di loro, dei pezzi da museo. 
«È certo un museo particolare. Racconta di storie, grazie alla tecnologia e a un preciso modello, ovvero del lato invisibile della realtà, ciò che non si può vedere ma i cui effetti sono sotto gli occhi di tutti». A parlare è chi conosce bene il “Falseum”, il suo direttore scientifico, Errico Buonanno, noto giornalista e scrittore romano, firma de “Il Corriere della Sera”, autore televisivo e anche radiofonico per “Radio2”. Nonché - e quest'opera ne ha fatto il più indicato professionista per il “Falseum” - autore, tra i suoi libri, di “Sarà vero. La menzogna al potere, catalogo di falsi e bugie che hanno influenzato la Storia”, pubblicato da Einaudi nel 2009.

Il “sarà vero?” è l’interrogativo con cui il museo accoglie i visitatori, stampato a chiare lettere all’ingresso. «Lo strano paradosso vuole che la fantasia, l’inesistente, le “voci che corrono” rivelino, poi, una componente fortissima nella realtà. Ecco perché “Falseum” interessa: perché vale la pena conoscere il falso e le storie che lo riguardano, visto che la sua caratteristica è quella di ripetersi».
Tanto più che il falso non è sempre negativo, tra le sale del castello di Verrone diversi esempi lo raccontano, e lo racconteranno: come a dire, il falso ha fatto la Storia ma non conosce passato, segna la realtà e di continuo il presente. 
E sono più di mille i visitatori che hanno partecipato alla tre giorni che ha fatto da apertura a “Fake”. In tantissimi hanno, infatti, voluto essere presenti al Festival e visitare le sale di “Falseum”. Tutti entusiasti all’uscita, nonostante la giornata di domenica sia stata macchiata da alcuni problemi tecnici che non hanno permesso loro di godersi appieno la proposta interattiva del museo. 
Hanno registrato il “pienone” anche le tavole rotonde proposte durante “Fake” e intitolate “Lo statuto culturale del Falseum” e “Con la cultura non si mangia. Vero o Falso”. Appuntamenti che hanno coinvolto ospiti provenienti da diverse parti d’Italia e in rappresentanza di istituzioni culturali, musei e organizzazioni di promozione della cultura e di tutela del patrimonio nazionale. 

Giovanna Boglietti

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