Ecco il mio segreto dell'eterna giovinezza

Ecco il mio segreto dell'eterna giovinezza
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(12 mar) Dopo Orvieto e Reggio Emilia, Arturo Brachetti approderà a Biella, dove il suo spettacolo, "Ciak si gira!", è in cartellone martedì e mercoledì prossimi al Teatro Odeon (ore 21). «La tournée di questo mio nuovo spettacolo è iniziata a ottobre e ha già toccato parecchie città italiane piccole, medie e grandi. Tra novembre e dicembre siamo stati al Teatro Folies Bergere di Parigi, e sempre a Parigi torneremo a giugno», dice l’artista.

C’è qualche differenza tra il pubblico italiano e quello francese?
«I francesi amano molto questo tipo di teatro visivo, sorprendente, legato alla magia, alla trasformazione, agli effetti speciali, al cabaret. Nel 2000 ho vinto il premio Molière, in Francia, e da quel momento sono stato in cartellone per tre anni. A Parigi il pubblico è sempre misto: più o meno c’è sempre la stessa percentuale di anziani, di giovani e di bambini. In Italia, invece, con i turni degli abbonamenti può capitare, ad esempio, di avere in sala solo anziani il giovedì pomeriggio o solo giovani il sabato pomeriggio».

Dopo Orvieto e Reggio Emilia, Arturo Brachetti approderà a Biella, dove il suo spettacolo, "Ciak si gira!", è in cartellone martedì e mercoledì prossimi al Teatro Odeon (ore 21). «La tournée di questo mio nuovo spettacolo è iniziata a ottobre e ha già toccato parecchie città italiane piccole, medie e grandi. Tra novembre e dicembre siamo stati al Teatro Folies Bergere di Parigi, e sempre a Parigi torneremo a giugno», dice l’artista.

C’è qualche differenza tra il pubblico italiano e quello francese?
«I francesi amano molto questo tipo di teatro visivo, sorprendente, legato alla magia, alla trasformazione, agli effetti speciali, al cabaret. Nel 2000 ho vinto il premio Molière, in Francia, e da quel momento sono stato in cartellone per tre anni. A Parigi il pubblico è sempre misto: più o meno c’è sempre la stessa percentuale di anziani, di giovani e di bambini. In Italia, invece, con i turni degli abbonamenti può capitare, ad esempio, di avere in sala solo anziani il giovedì pomeriggio o solo giovani il sabato pomeriggio».

Che cosa vedremo a teatro, martedì e mercoledì?
«Proporrò 80 personaggi del cinema e della storia del cinema, toccando vari temi: c’è una parte dedicata ai film dell’orrore, una a Hollywood, una a Fellini... Cambiando da un personaggio all’altro in 3-4 secondi al massimo. Questa è infatti la mia specialità. Insomma, chi cerca uno spettacolo rutilante non rimarrà deluso».

Già, le sue trasformazioni. Come nasce la magia dei suoi abiti? E quanti ne ha nel suo... armadio?
«Da quando, nel ’79, ho inventato i miei primi sei, ora sono arrivato ad averne 350, e continuo a fare esperimenti. Si tratta di costumi molto complicati e anche molto costosi - dai 1.000 ai 5.000 euro -. Sono opere di architettura sartoriale e impongono una grande organizzazione delle quinte».

Qual è il “trucco” delle sue trasformazioni?
«In linea di massima non c’è un vero e proprio costume truccato. Il merito va all’abilità dei miei 15 assistenti, tre dei quali mi aiutano nei cambi (2 per i costumi e uno per le parrucche)».

Per reggere questi ritmi molto veloci bisogna essere sempre in forma. Come ci riesce?
«Faccio una dieta tristissima (riso in bianco di giorno e carne al sangue di notte) che però qui in Italia va un po’ a puttane. Mi spiego: siccome viaggiamo con un’équipe canadese, francese e americana, noi italiani facciamo provare agli altri tutte le nostre specialità e siamo quindi tentati, ogni giorno, di mangiare cose meravigliose».

Fino a qualche anno fa si era sempre rifiutato di dichiarare la sua età. Poi ha deciso di farlo. Cosa le ha fatto cambiare idea?
«È successo quando ho pubblicato un libro autobiografico: non potevo certo mentire sulla mia autobiografia!».

Quindi se le chiedo quanti anni ha... cosa mi risponde?
«Ne ho 54, anche se nessuno ci crede».

Qual è il segreto della sua “eterna giovinezza”?
«Per mia fortuna ho un fratello che mi paga l’Ici, le tasse, le multe... E infatti, pur essendo più giovane di me, sembra più vecchio!».

In passato ha dichiarato che preferirebbe morire a 60 anni con un fisico “asciutto” piuttosto che a 80 con un fisico da ottantenne.
«È ciò che penso. È meglio morire “presto”, com’è successo a Michael Jackson e a molti altri, così la gente può sempre dire: “Chissà cosa avrebbe ancora potuto fare”, piuttosto che morire di vecchiaia e sentirsi dire alle spalle: “Poverino, guarda se alla sua età deve ancora fare queste cose per vivere!”».

E qual è allora il “trucco” per restare sempre giovani?
«Il cervello conta molto. Le racconto una curiosità. Tempo fa ho conosciuto delle persone che hanno cambiato tutti i mobili di casa a 90 anni. Effettivamente, vedendoli, non sembrava che avessero quell’età, dimostravano molti anni in meno. Avere il coraggio di osare, di cambiare, di rimettersi in gioco aiuta anche il fisico».

Quindi c’è possibilità per tutti di non invecchiare?
«Direi proprio di sì, anche se io, lo riconosco, sono fortunato perché faccio questo lavoro, mentre una persona con due o tre figli, che deve sbarcare il lunario, che fa un lavoro molto serio e preciso ha un altro tipo di stress».

Ha firmato la regia di alcuni lavori di Aldo Giovanni e Giacomo. Com’è nata questa vostra collaborazione?
«È stato uno di quegli incontri tra esseri simili: anche loro sono arrivati al successo a circa 40 anni. Nel ’95 mi hanno chiesto di fare la regia dei loro "Corti". All’epoca non li conoscevo. Poi, quando li ho visti dal vivo, mi sono piaciuti tantissimo. Ora prepareremo un nuovo spettacolo per il 2012».

Un’ultima domanda. Prima di intraprendere la carriera artistica studiava in seminario. Aveva intenzione di farsi prete?
«I miei genitori mi misero in seminario quando avevo 11 anni perché ero bravo, buono e mi volevano far studiare bene. E io accettai per far piacere a loro, non perché sentissi la vocazione. Ne uscii a 17 anni, ma nel frattempo avevo conosciuto don Silvio Mantelli (in arte il Mago Sales, ndr), che faceva giochi di prestigio. È questo che mi ha fatto superare la mia timidezza e che mi ha dato una ragione per vivere. Quando comunicai a don Silvio che avrei lasciato il seminario perché non avevo la vocazione religiosa, lui mi rispose: “Non è importante avere la vocazione religiosa, l’importante è avere una vocazione nella vita. Se la tua è quella di far sognare, di far sorridere, perseguila”. Ed è quello che faccio: io vivo il mio lavoro come una missione e sono molto felice di questo, non mi pesa».
Lara Bertolazzi
bertolazzi@primabiella.it

12 marzo 2011

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