Bocci al Sociale: io e la disabilità di mia moglie

Stasera porta al teatro di Biella lo spettacolo con Tiziana Foschi.

Bocci al Sociale: io e la disabilità di mia moglie
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Cesare Bocci, il più noto Mimì Augello di Montalbano, stasera ore 20,45 sarà al Teatro Sociale con il suo spettacolo. In questa intervista esclusiva per Eco di Biella racconta la sua storia molto personale che c'entra molto con lo spettacolo e la disabilità della moglie affrontata con coraggio e determinazione. Con lui Tiziana Foschi che risponde in anteprima alle domande.

C'è stato un momento in cui il Mimì Augello de “Il commissario Montalbano” è accorso in aiuto di chi, sul piccolo schermo, gli ha dato sguardo e voce. Un istante brevissimo ma lungo a sufficienza, che è servito a Cesare Bocci per affrontare una durissima prova, nella sua vita di uomo: il soccorso alla moglie Daniela, colpita da un ictus post partum mentre stava allattando la piccola Mia, la corsa in ospedale, il tentativo di vederla in rianimazione almeno per un secondo, diventato, grazie alla fama di Mimì, “qualche minuto ogni giorno”.
Oggi, diciotto anni dopo e in seguito alla pubblicazione di un libro autobiografico che ha riscosso un enorme successo, Bocci affronta una seconda prova, questa volta in qualità di attore: portare sul palcoscenico “Pesce d’aprile” e farlo non con sua moglie Daniela, coautrice del romanzo, ma con la collega e amica - volto dei volti de “La Premiata Ditta” - Tiziana Foschi. La coppia Bocci-Foschi, infatti, interpreta i protagonisti dello spettacolo “Pesce d’aprile” (regia di Bocci, con la supervisione alla regia di Peppino Mazzotta), che porta in città - per la stagione “Biella in Scena 2018/2019”, a cura dell’associazione “Il Contato del Canavese” - proprio oggi, giovedì 20 dicembre, al Teatro Sociale “Villani”, alle ore 20.45. Cesare Bocci e Tiziana Foschi ne hanno fatto un messaggio di speranza dalla scena.

"Con Pesce d'aprile noi cantiamo l'amore"

Si dice che scrivere sia una grande cura, e voi l’avete fatto. Portare questa storia vera in teatro è stato naturale o più difficile?
C.B.: «Portarla in teatro è stato il passo successivo di un cammino che abbiamo deciso di intraprendere per portare il messaggio contenuto nel libro. Direi che è stato naturale, anche perché il teatro è il mio campo. Nello stesso tempo, questo altro passo è diventato un confronto con Tiziana, perché, pur conoscendoci, lei aveva le sue domande, da farmi da farsi, da indagare, su argomenti che nel libro sono o non sono stati affrontati».
A proposito di Tiziana Foschi: per il libro ha avuto accanto Daniela, sua moglie; nella resa teatrale un’altra donna. Che apporto diverso ha avuto lo spettacolo?
C.B.: «Devo dire che ormai Cesare e Daniela sono due personaggi autonomi e non a caso il mio nome e il suo li pronunciamo solo a fine spettacolo, per complimentarci con noi dal momento che non ci siamo arresi. Per il resto, sono personaggi universali, nei quali ci si può riconoscere, anche per una storia personale con una malattia».
“Ricchi o di successo, non importa. Il dolore colpisce chiunque”: sono parole sue, è la lezione che ha imparato?
C.B.: «Sì, la malattia non guarda in faccia a nessuno. Sta male l’ingegnere, sta male il fabbro. Esser stato riconosciuto in rianimazione mi ha permesso dopo tre giorni di vedere Daniela. Ma non c’è stata altra differenza tra noi e gli altri pazienti: la differenza la fa l’uomo, non la professione».
Tiziana Foschi dà voce a Daniela nello spettacolo: come si sente a ricoprire un ruolo così complesso?
C.B.: «Io l’ho scelta, nell’aprile del 2017, a un ritrovo nella scuola di cucina di Daniela per il compleanno di “Pesce d’aprile”. In quell’occasione di festa, la presentazione era affidata a vari interpreti. Il modo in cui Tiziana ha letto una riflessione mi ha colpito tantissimo, così le ho chiesto di portare il libro a teatro».
T.F.: «E io direi di sì altre mille volte. Sono stata aiutata dal fatto che li conoscevo, che eravamo amici e che con Cesare ho parlato molto di questo personaggio. La messa in scena è pienamente la storia di questa donna. Il difficile: a un certo punto, io che sono una comica, pensavo di emulare Daniela, volevo una parrucca, volevo sentire la sua voce per imitarla, ma Cesare mi ha fermata. Ero nuda, senza orpelli né maschere, dovevo cercare di capire cosa fare del mio corpo, da persona che non sapeva cosa fosse successo, che si era trovata in una sorta di limbo, dove tutti attorno mi sorridevamo e accudivano. Su questa unione che ha vinto per anni ho trovato la forza».
Si legge nel libro: “Per quasi due anni da quel 1° aprile Dany non poté occuparsi di Mia, neanche nelle cose più banali”. Portate in scena la disabilità o la storia di un grande amore?
C.B.: «Non portiamo in scena la disabilità. Ma una storia d’amore, di una donna che continua ancora oggi a non arrendersi. C’è una parte drammaticamente critica della sanità e della società, questo resta, a volte c’è ironia perché quando si ride si ha il cuore aperto, e lì la critica diventa feroce».
T.F.: «Sono fatti veri, anche quelli più grotteschi».
Oggi, le cose belle per Cesare Bocci e Tiziana Foschi quali sono?
C.B.: «La famiglia, secondo posto la famiglia, terzo posto la famiglia».
T.F.: «Mi piace questo periodo, il Natale. Ricorda, a noi nomadi, l’essere famiglia».
Giovanna Boglietti

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