Bisogno di raccontare e d’essere raccontati

Premio Biella Letteratura e Industria: il terzo finalista è Alessandro Perissinotto con “Coordinate d'Oriente” (301 pagine, Piemme , 14.50). Scrive Perissinotto: «La gente crede che raccogliere storie significhi soltanto ascoltare i racconti degli altri, invece significa soprattutto aiutare quelle storie a uscire, a farsi strada nella confusione di fatti che si affastellano». Proprio lui, che insegna Teoria e tecniche delle scritture all’Università di Torino, dice di imbattersi durante un compito d’esame nell’intervista biografica a Pietro Fogliatti, quel Pierìn, ‘l fieul dal verniseur, partito dopo abbandoni strazianti per la Cina, dove vive da esule in cerca di riscatto e di successo.
Premio Biella Letteratura e Industria: il terzo finalista è Alessandro Perissinotto con “Coordinate d'Oriente” (301 pagine, Piemme , 14.50). Scrive Perissinotto: «La gente crede che raccogliere storie significhi soltanto ascoltare i racconti degli altri, invece significa soprattutto aiutare quelle storie a uscire, a farsi strada nella confusione di fatti che si affastellano». Proprio lui, che insegna Teoria e tecniche delle scritture all’Università di Torino, dice di imbattersi durante un compito d’esame nell’intervista biografica a Pietro Fogliatti, quel Pierìn, ‘l fieul dal verniseur, partito dopo abbandoni strazianti per la Cina, dove vive da esule in cerca di riscatto e di successo.
Viene toccato così profondamente da quella vicenda da mettersi in cerca del suo personaggio, ricercando le coordinate spazio-temporali «per vivere da vicino vite che non sono la mia». Arrivato in Cina, ci racconta splendidamente quel mondo: «Un miliardo e più di cinesi ingenuamente felici di sentirsi un po’ italiani, ignari di quanto gli italiani stessi siano stanchi di esserlo».
Lo scrittore, mosso dalla smania divorante e possessiva di sapere, insegue Pietro di cui nessuno sembra più curarsi. La ricerca comprende anche e soprattutto la scoperta dell’Oriente, della storia recente della Cina e degli intrecci economici che faranno di un Grande Sogno, l’auto elettrica del futuro; della voglia di riscatto di Pierìn dal lavoro sregolato che porta alla morte; dell’incontro con Jin e con le vicende della sua famiglia travolta dalla Rivoluzione culturale. «Quella che Pietro racconta a una fantomatica allieva, Annarita Dionisio, è una storia da non nascondere, una storia di Hybris e di caduta, di orgoglio e di sconfitta».
Tanti piani di lettura si sovrappongono e incuriosiscono il lettore, per cui diventa spontaneo accompagnare ora il docente, ora l’imprenditore, tra i misteri di una società in folle divenire, ma che stenta a cambiare veramente. Ne è esempio Shangai, una città spaventata, anche se cerca di non darlo a vedere. Pietro diventa il simbolo dell’uomo moderno, avido di una vita più ampia, più libera, più bella, che non esita a lasciare tutto ciò che ha per tentare l’avventura. Rischia e spesso perde. «Per chi arriva dal basso, la paura più grande è sempre quella di ritornare in basso; la botola per il rapido viaggio di ritorno sembra doversi spalancare a ogni piccolo errore».
Nel romanzo si percepisce la spinta inarrestabile a raccontare quello che era capitato a Pietro, e a quelli come lui, e quello che gli stava capitando: «Tutti abbiamo bisogno di raccontare, ma anche di essere raccontati».
Se poi è una storia a lieto fine, anche se il finale potrebbe apparire melenso, ha diritto di essere portata fino in fondo. Dove troviamo Pietro pronto a lanciare una manciata di sabbia negli ingranaggi del sistema, per cercare di rompere un meccanismo perverso di crescita inumana. Un progetto sociale: fa parte di un mondo che avrebbe voluto lasciare a Giorgia e Zheng, i due giovani la cui morte rappresenta il vero motore che spinge a cambiare l’oggi per un domani migliore.
Mariella Debernardi