Ballantini il buffo da “Striscia” all’arte

Ballantini il buffo da “Striscia” all’arte
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BIELLA - «Sono sotto esame da sempre. La pittura è la mia seconda faccia, l’attività che più di ogni altra mi fa sentire libero».  Non c’è traccia dell’imitatore, del burlone dalla battuta tagliente, del trasformista dalle mille facce in Dario Ballantini pittore. Gentile, sorridente, cordiale con tutti, arriva alla Galleria Montmartre di Romina Moglia in piazza Adua a Biella, gremita di amici, appassionati d’arte e curiosi, con appena un quarto d’ora di ritardo, e si scusa. Il popolare artista di “Striscia la notizia” si è tolto la maschera, fa selfie e foto con chiunque gliene faccia richiesta, si guarda attorno per ammirare l’allestimento della sua mostra “Identità Artefatte”, curata da Massimo Licinio e organizzata da Nadia Macchi e Loris Zenta: più di trenta opere, di diverso formato, divise tra lo spazio del negozio-atelier e il delizioso soppalco.

La pittura non è solo un hobby per Dario Ballantini. E’ un’ispirazione necessaria, ereditata da una famiglia di artisti e mai abbandonata, portata avanti con una ricerca attenta ed una cultura profonda che lo ha già premiato esponendo in giro per il mondo in personali e collettive fin dal 1986. Da piccolo era rimasto folgorato da Guttuso e Picasso, oltre che dai fumetti di Jacovitti. Contemporaneamente aveva come idoli dello spettacolo Totò, Petrolini e Noschese, ai quali si sarebbe ispirato per le sue fantastiche imitazioni. Poi, l’influenza di Modigliani, pittore nativo della sua stessa città, Livorno, e quella dell’Espressionismo tedesco, con i suoi tratti forti e i colori violenti. L’incontro con i maggiori critici d’arte sarà d’incentivo e incoraggiamento per andare avanti, quello con alcuni artisti, come Cascella e Nespolo, gli aprirà altre visuali e nuove prospettive. 

Oggi sembra aver trovato un suo equilibrio artistico, uno stile preciso che rispecchia il suo carattere, a tratti inquieto e tormentato.  «Iniziare un quadro e portarlo fino alla fine è un po’ una sofferenza - dice Ballantini mentre i fans grandi e piccoli si accalcano e fanno la fila per immortalare uno scatto vicino a lui -. La pittura mi emoziona, mi regala mille sensazioni. E dopo tanta tensione, alla fine dell’opera c’è un forte senso di liberazione. Mentre dipingo scavo nell’animo umano, e, se un tempo lo negavo, oggi devo ammettere che ci sono io sulla tela, mi rispecchio nelle figure che dipingo, nei miei sentimenti e stati d’animo».

 La figura umana è stata sempre al centro dei suoi quadri, in maniera quasi ossessiva. Spesso nascosta o di difficile individuazione, confusa com’è dalle abili pennellate, dalle macchie di colore che si trasformano in rivoli, coprono, disorientano. Con un effetto finale sorprendente e di forte impatto, un po’ Pollock, un po’ Vedova. C’è una prevalenza di rossi, neri, blu, ma sorprendono e si distaccano in modo deciso i quadri realizzati nei toni del blu e del verde. I titoli, scritti direttamente sulle opere (tutti acrilici su tela, tavola o cartoncino) rispecchiano sensazioni e tormenti, malinconie e disagi della nostra epoca: Anime, Così anche tu, Comprendo, Fuori dentro, Scendi, sono alcune delle opere della mostra biellese che sicuramente richiamerà un vasto ed eterogeneo pubblico.

Cosa manca ancora a Dario Ballantini artista? Dove vorrebbe esporre? «In Germania, probabilmente, dove è nato l’espressionismo, fonte di molta mia ispirazione, e in Spagna, patria dell’amato Picasso, a cui fanno riferimento diverse opere giovanili».  Sicuramente non abbandonerà la pittura, anche perchè, come disse qualche anno fa, “la televisione passa, il quadro invece resta”.

Luisa Benedetti

BIELLA - «Sono sotto esame da sempre. La pittura è la mia seconda faccia, l’attività che più di ogni altra mi fa sentire libero».  Non c’è traccia dell’imitatore, del burlone dalla battuta tagliente, del trasformista dalle mille facce in Dario Ballantini pittore. Gentile, sorridente, cordiale con tutti, arriva alla Galleria Montmartre di Romina Moglia in piazza Adua a Biella, gremita di amici, appassionati d’arte e curiosi, con appena un quarto d’ora di ritardo, e si scusa. Il popolare artista di “Striscia la notizia” si è tolto la maschera, fa selfie e foto con chiunque gliene faccia richiesta, si guarda attorno per ammirare l’allestimento della sua mostra “Identità Artefatte”, curata da Massimo Licinio e organizzata da Nadia Macchi e Loris Zenta: più di trenta opere, di diverso formato, divise tra lo spazio del negozio-atelier e il delizioso soppalco.

La pittura non è solo un hobby per Dario Ballantini. E’ un’ispirazione necessaria, ereditata da una famiglia di artisti e mai abbandonata, portata avanti con una ricerca attenta ed una cultura profonda che lo ha già premiato esponendo in giro per il mondo in personali e collettive fin dal 1986. Da piccolo era rimasto folgorato da Guttuso e Picasso, oltre che dai fumetti di Jacovitti. Contemporaneamente aveva come idoli dello spettacolo Totò, Petrolini e Noschese, ai quali si sarebbe ispirato per le sue fantastiche imitazioni. Poi, l’influenza di Modigliani, pittore nativo della sua stessa città, Livorno, e quella dell’Espressionismo tedesco, con i suoi tratti forti e i colori violenti. L’incontro con i maggiori critici d’arte sarà d’incentivo e incoraggiamento per andare avanti, quello con alcuni artisti, come Cascella e Nespolo, gli aprirà altre visuali e nuove prospettive. 

Oggi sembra aver trovato un suo equilibrio artistico, uno stile preciso che rispecchia il suo carattere, a tratti inquieto e tormentato.  «Iniziare un quadro e portarlo fino alla fine è un po’ una sofferenza - dice Ballantini mentre i fans grandi e piccoli si accalcano e fanno la fila per immortalare uno scatto vicino a lui -. La pittura mi emoziona, mi regala mille sensazioni. E dopo tanta tensione, alla fine dell’opera c’è un forte senso di liberazione. Mentre dipingo scavo nell’animo umano, e, se un tempo lo negavo, oggi devo ammettere che ci sono io sulla tela, mi rispecchio nelle figure che dipingo, nei miei sentimenti e stati d’animo».

 La figura umana è stata sempre al centro dei suoi quadri, in maniera quasi ossessiva. Spesso nascosta o di difficile individuazione, confusa com’è dalle abili pennellate, dalle macchie di colore che si trasformano in rivoli, coprono, disorientano. Con un effetto finale sorprendente e di forte impatto, un po’ Pollock, un po’ Vedova. C’è una prevalenza di rossi, neri, blu, ma sorprendono e si distaccano in modo deciso i quadri realizzati nei toni del blu e del verde. I titoli, scritti direttamente sulle opere (tutti acrilici su tela, tavola o cartoncino) rispecchiano sensazioni e tormenti, malinconie e disagi della nostra epoca: Anime, Così anche tu, Comprendo, Fuori dentro, Scendi, sono alcune delle opere della mostra biellese che sicuramente richiamerà un vasto ed eterogeneo pubblico.

Cosa manca ancora a Dario Ballantini artista? Dove vorrebbe esporre? «In Germania, probabilmente, dove è nato l’espressionismo, fonte di molta mia ispirazione, e in Spagna, patria dell’amato Picasso, a cui fanno riferimento diverse opere giovanili».  Sicuramente non abbandonerà la pittura, anche perchè, come disse qualche anno fa, “la televisione passa, il quadro invece resta”.

Luisa Benedetti

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