Sul primo numero del 2007 della bella rivista “Histoire & Mesure” la docente e ricercatrice Béatrice Joyeux-Prunel (Département Histoire et Théorie des Arts della Ecole normale supérieure di Parigi) pubblicava un interessante saggio dal titolo “L’art de la mesure. Le Salon d’Automne (1903-1914), l’avant-garde, ses étrangers et la nation française”. Il lavoro della apprezzata storica dell’arte contemporanea, esperta del periodo delle Avanguardie tra Otto e Novecento, metteva in evidenza quantitativa le presenze alla celebre kermesse autunnale, sottolineandone gli aspetti critici e rivoluzionari in relazione ai rapporti tra artisti francesi e stranieri. Il clima nella Parigi di quell’epoca era piuttosto caldo: espressione artistica, libertà di sperimentazione ideologia, nazionalismo e xenofobia, tutto infiammava l’opinione pubblica e la classe politica. Il peso politico era quanto mai rilevante (e indipendente dalla effettiva volontà dell’artista) in qualsivoglia manifestazione culturale, più o meno organica, più o meno strutturata. Non vi era intellettuale, letterato, musicista, pittore o scultore che non fosse inevitabilmente engagé. “Le Salon d’Automne - ha affermato la Joyeux-Prunel - est connu en général par deux «grandes dates»: la «naissance du fauvisme» en 1905 et la querelle xénophobe et «antimoderniste» de 1912. En 1912, la salle XI, où étaient exposées des œuvres cubistes, fut à l’origine d’une polémique contre les avant-gardes et les étrangers”. Di certo doveva trattarsi di un ambiente teso, ma stimolante e in continuo fermento.
Basta una rapida occhiata sul web per rendersi conto di come quegli eventi annuali abbiano accolto i più grandi nomi, allora sconosciuti o quasi, dell’arte del XX secolo. Una delle personalità più importanti che animavano il “Salon d’Automne” era Henri Matisse, soprattutto come membro della giuria. Secondo la stessa Joyeux-Prunel, il 7 settembre 1909 Matisse ricevette una lettera dal critico Félix Fénéon (1861-1944) che gli segnalava il valore del pittore Jan Verhoeven e di un disegnatore/ritrattista e scultore, tale Séverin Rappa. Malgrado la raccomandazione di Fénéon, è molto probabile che Monsieur Rappa non abbia preso parte all’expo di quell’autunno, ma il suo nome era già molto noto a Parigi. Dal 14 aprile di quello stesso anno alcune sue opere erano state selezionate per il “Salon de la Société Nationale” presso il Grand Palais. Si trattava di stampe ricavate da suoi disegni collocate nella diciottesima sala. L’elenco degli espositori pubblicato su “Gil Blas” vede quello del Rappa tra i nomi dei più famosi colleghi di quei tempi in Francia e non solo, da Paul Colin a Pierre Roche, da Alphonse Lévy a Jacques Villon. Il mese precedente i lavori di Séverin Rappa erano stati accolti alla XVIa esposizione indetta dalla “Libre Esthétique” di Bruxelles. Anche in Belgio il Rappa si trovò accanto ad artisti del calibro di Théo van Rysselberghe, Odilon Redon e Auguste Renoir. Nello stesso mese di marzo del 1909 “Le Figaro” commentava i croquis di Séverin Rappa presenti al “Salon des Indépendants”. I suoi schizzi in mostra sulla terrazza delle Tuileries colpirono l’intenditore Arsène Alexandre, il qualificato inviato della testata parigina, che li definì “spirituels e savants”. Il medesimo Alexandre aveva già notato il Rappa nello stesso appuntamento di due anni prima e nel 1913 avrà modo di commentare così i suoi lavori: “M. Séverin Rappa doit être mis à part aussi: dessinateur étonnamment souple, il se fait remarquer dans cette véhémente cohue avec les feuillets crayonnés les plus discrets et les plus raffinés”.
Il disegnatore era delicato e si distingueva per raffinatezza in mezzo alla baraonda veemente del resto degli espositori. Recensione lusinghiera da parte di un critico severo. Non è stato possibile scoprire quali dei disegni firmati dal Rappa andarono a Bruxelles o furono scelti per la grande esposizione degli “Indipendenti” e nemmeno se furono poi gli stessi a partecipare alla “Nazionale”, ma in quel 1909 l’artista aveva realizzato l’intenso “Homme écrivant”, un saggio notevole delle sue capacità. Ma il 1909 è anche l’anno in cui morì Alexandre Charpentier, uno dei più significativi incisori francesi di sempre, un vero gigante le cui opere sono custodite al Musée d’Orsay e in altri santuari dell’arte in Francia. Séverin Rappa lo aveva ritratto perché tra i due c’era un forte legame d’amicizia, nato quando il Rappa entrò nella sua bottega. Nel 1914, l’anno forse più importante nella carriera di Séverin Rappa, il ritratto di Charpentier apriva la personale del dessinateur e ne celebrava la definitiva consacrazione. Ancora una volta fu Arsène Alexandre a sottolineare il pregio dell’arte del Rappa, sempre dalle pagine di “Le Figaro”. E’ il 3 giugno 1914 e Séverin Rappa si era guadagnato la ribalta nella galleria Chaîne e Simonson al 19 di rue Caumartin. Alexandre scrisse che l’artista era apprezzato in quei contesti culturali in cui la banalità e la moda non determinavano le simpatie. Soprattutto l’opera del Rappa era brillante e originale, anzi il suo modo di ritrarre “a inventé quelque chose”. C’era abilità e sensibilità in quei piccoli ritratti disposti attorno a quello del “maestro” Charpentier cui era tributato dall’allievo il centro della sala. Alla voce di Alexandre si univa quella di Edouard Sarradin, firma del “Journal des débats politiques”, e quella di Louis Hautecoeur redattore de “La Chronique des Arts”, supplemento del sabato de “La Gazette des beaux-arts”. Le parole di Sarradin aiutano a inquadrare il destinatario di così alte lodi: Severino Rappa “il est né dans le Piémont à Andorno Cacciorna”.
La biografia è scarna, ma utile: il Rappa aveva appreso il mestiere di scultore in legno presso la Scuola Professionale di Biella e da Biella era partito alla volta di Parigi. Qui si era specializzato sotto la guida di Charpentier e nel 1914 poteva reggere il confronto con i migliori, e non solo in Francia. La mostra in rue Caumartin aveva indotto i galleristi a produrre un catalogo (l’unico conosciuto del Rappa) con il titolo “Dessins, portraits et études par Severino Rappa: exposition, Galeries J. Chaîne et Simonson du 3 au 20 juin 1914”. Nel decennio successivo Severino Rappa rimase a un alto livello di popolarità e sue opere ottennero l’attenzione di riviste di settore e delle pagine culturali dei giornali della capitale. Tra il 1923 e il 1925 i suoi disegni diventarono illustrazioni per “Le Bullettin de la Vie Artistique”, periodico parigino che pubblicò ritratti firmati dal Rappa raffiguranti il pittore neoimpressionista Maximilien Luce (il ritrattista andornese aveva già realizzato un triplice croquis anche della moglie, Ambrosine Bouin), di Claude Anet (scrittore e tennista ritratto nel 1910) e del letterato Gustave Geffroy.
I biellesi conoscevano il talento di Severino Rappa. Di tanto in tanto il vallecervino tornava da queste parti e si intratteneva con gli amici di un tempo e con i compagni di scuola. Alla fine di marzo del 1908, dopo la sua seconda esperienza al “Salon des Indépendants”, il Rappa era a Biella e in quella occasione aveva mostrato un suo album di disegni, “vincendo la caratteristica sua modestia”. Il bisettimanale “Risveglio” informò i suoi lettori dell’impressione suscitata dalla raccolta: “Si direbbe che nel ritrarre i lineamenti, le pose, ed ogni particolare fisico del soggetto, egli renda al tempo stesso visibile la immagine dell’anima, sicché ogni intimo rapporto fra lo spirito e la materia riesca svelato con singolare efficacia, in virtù di sottile e potente intuito dell’artista”. Artista affermato, un vanto per il Biellese, un uomo che aveva conquistato la turbolenta Parigi grazie alla sua indole mansueta e alla sua “sérénité piémontaise”. Eppure il mite e talentuoso Rappa fu sempre talentuoso, ma non fu sempre mite.
Nato il 23 ottobre nel 1866 ad Andorno Cacciorna, cioè il capoluogo (allora Andorno Micca non esisteva ancora), Severino Rappa frequentò, come detto, la Scuola Professionale di Biella. Diplomatosi come ebanista, probabilmente verso i vent’anni, passò in Svizzera aderendo alla causa anarchica. Nel Canton Ticino, e a Lugano in particolare, si era costituita in quel periodo la più rilevante comunità anarchica d’Europa sulle orme di Bakunin (morto nel 1876) e sotto la guida di altre figure di spicco del movimento. Rappa ebbe quindi modo di formarsi presso i più carismatici esponenti della dottrina anarchica almeno fino al 1890-1891. L’attività repressiva di quel biennio costrinse gli anarchici dichiarati e/o i simpatizzanti a fuggire. Nel 1892 l’Europa fu scossa da molti attentati di matrice anarco-insurrezionalista e il Rappa, che era riparato a Lione, fu arrestato il 29 marzo 1892 durante una retata della polizia francese. Espulso dalla Francia attraversò la Manica e si stabilì a Londra, in Cleveland Street, con la compagna Clemence Maréchal (anche lei anarchica). Nel 1894 gli fu proposto di adottare la piccola Sidonie, figlia del terrorista Auguste Vaillaint ghigliottinato per l’attentato alla Camera dei Deputati a Parigi del 1893. Rifiutò l’adozione e alla fine del 1894 la sua fede anarchica mostrò le prime crepe. Prese le distanze dalle idee più estremistiche (nello stesso anno era stato assassinato il Presidente della Repubblica Francese, Sadi Carnot) e per questo, forse, era stato preso a bastonate dal compagno Emile Pouget.
Mise comunque il suo talento a disposizione del foglio anarchico “L’Anonymat” stampato a Londra tra il 1894 e il 1898 da Luigi Parmeggiani, ambiguo e discusso antiquario di origini reggiane. Al Rappa si attribuiscono i placard (cartelloni) utilizzati dal giornale per le sue campagne. Ma questo impegno di seconda linea gli consentì di riguadagnare la fiducia delle autorità di pubblica sicurezza. Alla fine del 1899 potè rientrare in Francia dove iniziò il suo apprendistato da Charpentier. Non cessò però di frequentare gli ambienti anarchici e fu in quei circoli, dove esaltati bombaroli, dandy in cerca di emozioni e teorici della lotta ad oltranza si incontravano, che Severino Rappa entrò in contatto con Félix Fénéon, l’uomo che lo presentò a Matisse. Fénéon era già un faro per i rivoluzionari di ogni ordine e grado, ma anche un punto di riferimento per artisti di qualsivoglia estrazione. Pigmalione, protettore, uomo di comunicazione, di mille battaglie (tra cui quella per la liberazione di Dreyfuss fin dal 1895) e di mille conoscenze, Fénéon sposò nel 1897 Stéphanie Goubaux, detta Fanny. Il 5 luglio 1910 Severino Rappa la ritrasse e le dedicò il disegno: “A Fanny Fénéon, bien affectueusement de son ami Séverin Rappa”. Alcune fonti indicano la morte dell’andornese nel 1936, altre nel 1942. E’ di certo un biellese interessante (conosciuto dai contemporanei e poi obliato), sia come artista sia come attivista, e varrebbe la pena di indagarne meglio la biografia e la produzione artistica.
Danilo Craveia
Sul primo numero del 2007 della bella rivista “Histoire & Mesure” la docente e ricercatrice Béatrice Joyeux-Prunel (Département Histoire et Théorie des Arts della Ecole normale supérieure di Parigi) pubblicava un interessante saggio dal titolo “L’art de la mesure. Le Salon d’Automne (1903-1914), l’avant-garde, ses étrangers et la nation française”. Il lavoro della apprezzata storica dell’arte contemporanea, esperta del periodo delle Avanguardie tra Otto e Novecento, metteva in evidenza quantitativa le presenze alla celebre kermesse autunnale, sottolineandone gli aspetti critici e rivoluzionari in relazione ai rapporti tra artisti francesi e stranieri. Il clima nella Parigi di quell’epoca era piuttosto caldo: espressione artistica, libertà di sperimentazione ideologia, nazionalismo e xenofobia, tutto infiammava l’opinione pubblica e la classe politica. Il peso politico era quanto mai rilevante (e indipendente dalla effettiva volontà dell’artista) in qualsivoglia manifestazione culturale, più o meno organica, più o meno strutturata. Non vi era intellettuale, letterato, musicista, pittore o scultore che non fosse inevitabilmente engagé. “Le Salon d’Automne - ha affermato la Joyeux-Prunel - est connu en général par deux «grandes dates»: la «naissance du fauvisme» en 1905 et la querelle xénophobe et «antimoderniste» de 1912. En 1912, la salle XI, où étaient exposées des œuvres cubistes, fut à l’origine d’une polémique contre les avant-gardes et les étrangers”. Di certo doveva trattarsi di un ambiente teso, ma stimolante e in continuo fermento.
Basta una rapida occhiata sul web per rendersi conto di come quegli eventi annuali abbiano accolto i più grandi nomi, allora sconosciuti o quasi, dell’arte del XX secolo. Una delle personalità più importanti che animavano il “Salon d’Automne” era Henri Matisse, soprattutto come membro della giuria. Secondo la stessa Joyeux-Prunel, il 7 settembre 1909 Matisse ricevette una lettera dal critico Félix Fénéon (1861-1944) che gli segnalava il valore del pittore Jan Verhoeven e di un disegnatore/ritrattista e scultore, tale Séverin Rappa. Malgrado la raccomandazione di Fénéon, è molto probabile che Monsieur Rappa non abbia preso parte all’expo di quell’autunno, ma il suo nome era già molto noto a Parigi. Dal 14 aprile di quello stesso anno alcune sue opere erano state selezionate per il “Salon de la Société Nationale” presso il Grand Palais. Si trattava di stampe ricavate da suoi disegni collocate nella diciottesima sala. L’elenco degli espositori pubblicato su “Gil Blas” vede quello del Rappa tra i nomi dei più famosi colleghi di quei tempi in Francia e non solo, da Paul Colin a Pierre Roche, da Alphonse Lévy a Jacques Villon. Il mese precedente i lavori di Séverin Rappa erano stati accolti alla XVIa esposizione indetta dalla “Libre Esthétique” di Bruxelles. Anche in Belgio il Rappa si trovò accanto ad artisti del calibro di Théo van Rysselberghe, Odilon Redon e Auguste Renoir. Nello stesso mese di marzo del 1909 “Le Figaro” commentava i croquis di Séverin Rappa presenti al “Salon des Indépendants”. I suoi schizzi in mostra sulla terrazza delle Tuileries colpirono l’intenditore Arsène Alexandre, il qualificato inviato della testata parigina, che li definì “spirituels e savants”. Il medesimo Alexandre aveva già notato il Rappa nello stesso appuntamento di due anni prima e nel 1913 avrà modo di commentare così i suoi lavori: “M. Séverin Rappa doit être mis à part aussi: dessinateur étonnamment souple, il se fait remarquer dans cette véhémente cohue avec les feuillets crayonnés les plus discrets et les plus raffinés”.
Il disegnatore era delicato e si distingueva per raffinatezza in mezzo alla baraonda veemente del resto degli espositori. Recensione lusinghiera da parte di un critico severo. Non è stato possibile scoprire quali dei disegni firmati dal Rappa andarono a Bruxelles o furono scelti per la grande esposizione degli “Indipendenti” e nemmeno se furono poi gli stessi a partecipare alla “Nazionale”, ma in quel 1909 l’artista aveva realizzato l’intenso “Homme écrivant”, un saggio notevole delle sue capacità. Ma il 1909 è anche l’anno in cui morì Alexandre Charpentier, uno dei più significativi incisori francesi di sempre, un vero gigante le cui opere sono custodite al Musée d’Orsay e in altri santuari dell’arte in Francia. Séverin Rappa lo aveva ritratto perché tra i due c’era un forte legame d’amicizia, nato quando il Rappa entrò nella sua bottega. Nel 1914, l’anno forse più importante nella carriera di Séverin Rappa, il ritratto di Charpentier apriva la personale del dessinateur e ne celebrava la definitiva consacrazione. Ancora una volta fu Arsène Alexandre a sottolineare il pregio dell’arte del Rappa, sempre dalle pagine di “Le Figaro”. E’ il 3 giugno 1914 e Séverin Rappa si era guadagnato la ribalta nella galleria Chaîne e Simonson al 19 di rue Caumartin. Alexandre scrisse che l’artista era apprezzato in quei contesti culturali in cui la banalità e la moda non determinavano le simpatie. Soprattutto l’opera del Rappa era brillante e originale, anzi il suo modo di ritrarre “a inventé quelque chose”. C’era abilità e sensibilità in quei piccoli ritratti disposti attorno a quello del “maestro” Charpentier cui era tributato dall’allievo il centro della sala. Alla voce di Alexandre si univa quella di Edouard Sarradin, firma del “Journal des débats politiques”, e quella di Louis Hautecoeur redattore de “La Chronique des Arts”, supplemento del sabato de “La Gazette des beaux-arts”. Le parole di Sarradin aiutano a inquadrare il destinatario di così alte lodi: Severino Rappa “il est né dans le Piémont à Andorno Cacciorna”.
La biografia è scarna, ma utile: il Rappa aveva appreso il mestiere di scultore in legno presso la Scuola Professionale di Biella e da Biella era partito alla volta di Parigi. Qui si era specializzato sotto la guida di Charpentier e nel 1914 poteva reggere il confronto con i migliori, e non solo in Francia. La mostra in rue Caumartin aveva indotto i galleristi a produrre un catalogo (l’unico conosciuto del Rappa) con il titolo “Dessins, portraits et études par Severino Rappa: exposition, Galeries J. Chaîne et Simonson du 3 au 20 juin 1914”. Nel decennio successivo Severino Rappa rimase a un alto livello di popolarità e sue opere ottennero l’attenzione di riviste di settore e delle pagine culturali dei giornali della capitale. Tra il 1923 e il 1925 i suoi disegni diventarono illustrazioni per “Le Bullettin de la Vie Artistique”, periodico parigino che pubblicò ritratti firmati dal Rappa raffiguranti il pittore neoimpressionista Maximilien Luce (il ritrattista andornese aveva già realizzato un triplice croquis anche della moglie, Ambrosine Bouin), di Claude Anet (scrittore e tennista ritratto nel 1910) e del letterato Gustave Geffroy.
I biellesi conoscevano il talento di Severino Rappa. Di tanto in tanto il vallecervino tornava da queste parti e si intratteneva con gli amici di un tempo e con i compagni di scuola. Alla fine di marzo del 1908, dopo la sua seconda esperienza al “Salon des Indépendants”, il Rappa era a Biella e in quella occasione aveva mostrato un suo album di disegni, “vincendo la caratteristica sua modestia”. Il bisettimanale “Risveglio” informò i suoi lettori dell’impressione suscitata dalla raccolta: “Si direbbe che nel ritrarre i lineamenti, le pose, ed ogni particolare fisico del soggetto, egli renda al tempo stesso visibile la immagine dell’anima, sicché ogni intimo rapporto fra lo spirito e la materia riesca svelato con singolare efficacia, in virtù di sottile e potente intuito dell’artista”. Artista affermato, un vanto per il Biellese, un uomo che aveva conquistato la turbolenta Parigi grazie alla sua indole mansueta e alla sua “sérénité piémontaise”. Eppure il mite e talentuoso Rappa fu sempre talentuoso, ma non fu sempre mite.
Nato il 23 ottobre nel 1866 ad Andorno Cacciorna, cioè il capoluogo (allora Andorno Micca non esisteva ancora), Severino Rappa frequentò, come detto, la Scuola Professionale di Biella. Diplomatosi come ebanista, probabilmente verso i vent’anni, passò in Svizzera aderendo alla causa anarchica. Nel Canton Ticino, e a Lugano in particolare, si era costituita in quel periodo la più rilevante comunità anarchica d’Europa sulle orme di Bakunin (morto nel 1876) e sotto la guida di altre figure di spicco del movimento. Rappa ebbe quindi modo di formarsi presso i più carismatici esponenti della dottrina anarchica almeno fino al 1890-1891. L’attività repressiva di quel biennio costrinse gli anarchici dichiarati e/o i simpatizzanti a fuggire. Nel 1892 l’Europa fu scossa da molti attentati di matrice anarco-insurrezionalista e il Rappa, che era riparato a Lione, fu arrestato il 29 marzo 1892 durante una retata della polizia francese. Espulso dalla Francia attraversò la Manica e si stabilì a Londra, in Cleveland Street, con la compagna Clemence Maréchal (anche lei anarchica). Nel 1894 gli fu proposto di adottare la piccola Sidonie, figlia del terrorista Auguste Vaillaint ghigliottinato per l’attentato alla Camera dei Deputati a Parigi del 1893. Rifiutò l’adozione e alla fine del 1894 la sua fede anarchica mostrò le prime crepe. Prese le distanze dalle idee più estremistiche (nello stesso anno era stato assassinato il Presidente della Repubblica Francese, Sadi Carnot) e per questo, forse, era stato preso a bastonate dal compagno Emile Pouget.
Mise comunque il suo talento a disposizione del foglio anarchico “L’Anonymat” stampato a Londra tra il 1894 e il 1898 da Luigi Parmeggiani, ambiguo e discusso antiquario di origini reggiane. Al Rappa si attribuiscono i placard (cartelloni) utilizzati dal giornale per le sue campagne. Ma questo impegno di seconda linea gli consentì di riguadagnare la fiducia delle autorità di pubblica sicurezza. Alla fine del 1899 potè rientrare in Francia dove iniziò il suo apprendistato da Charpentier. Non cessò però di frequentare gli ambienti anarchici e fu in quei circoli, dove esaltati bombaroli, dandy in cerca di emozioni e teorici della lotta ad oltranza si incontravano, che Severino Rappa entrò in contatto con Félix Fénéon, l’uomo che lo presentò a Matisse. Fénéon era già un faro per i rivoluzionari di ogni ordine e grado, ma anche un punto di riferimento per artisti di qualsivoglia estrazione. Pigmalione, protettore, uomo di comunicazione, di mille battaglie (tra cui quella per la liberazione di Dreyfuss fin dal 1895) e di mille conoscenze, Fénéon sposò nel 1897 Stéphanie Goubaux, detta Fanny. Il 5 luglio 1910 Severino Rappa la ritrasse e le dedicò il disegno: “A Fanny Fénéon, bien affectueusement de son ami Séverin Rappa”. Alcune fonti indicano la morte dell’andornese nel 1936, altre nel 1942. E’ di certo un biellese interessante (conosciuto dai contemporanei e poi obliato), sia come artista sia come attivista, e varrebbe la pena di indagarne meglio la biografia e la produzione artistica.
Danilo Craveia