Tfr in busta? Facoltativo e per tre anni

Tfr in busta? Facoltativo e per tre anni
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Il linguaggio scelto dal Governo, nel Dl Stabilità, parla di “integrazione della retribuzione”: con tale locuzione, si fa riferimento alla possibilità, in via sperimentale e provvisoria (dall’1 marzo 2015 al 30 giugno 2018) per un dipendente del settore privato (esclusi quelli domestici e del settore agricolo) di richiedere di percepire in busta paga, come parte integrativa della retribuzione, le quote maturande del proprio Tfr.

La misura. In sintesi estrema, secondo il testo del Dl, il lavoratore che sceglie tale opzione resta vincolato alla decisione presa sino alla scadenza del triennio. «Il lavoratore - spiega infatti il presidente di Odcec Biella, Domenico Calvelli - deve perciò valutare con attenzione l’opportunità di tale scelta, anche in considerazione del fatto che, nel caso effettui tale opzione, egli non potrà usufruire dell’attuale agevolazione fiscale, ma sarà sottoposto alla tassazione ordinaria. Inoltre, di tale “integrazione”  non viene fatto conto esclusivamente ai fini del calcolo del reddito per l’assegnazione del bonus “80 euro”, ma essa inciderà invece negativamente su tutti gli altri istituti legati al reddito, come il diritto alle detrazioni o quello all’assegno per il nucleo familiare e altro».
L’integrazione, tuttavia, non  sarà soggetta a contribuzione previdenziale e non costituirà un onere aggiuntivo nè per il dipendente nè per il datore di lavoro.
Sulla partita, per ovviare alle eventuali difficoltà finanziarie delle imprese, il Governo  punta su un sistema di finanziamento garantito dallo Stato mediante un fondo di garanzia di 100 milioni oper il 2015 ed istituito presso l’Inps.

Prudenza. «In linea generale -commenta il vicepresidente Uib con delega per le Relazioni Industriali, Alberto Platini - la misura incide su chi ha dipendenti in Italia, aggiungendo un ulteriore  possibile elemento di difficoltà, anche in considerazione del fatto che le risorse messe a disposizione mi paiono esigue. Certo, per le aziende più forti e capitalizzate, la misura inciderà poco, ma per quelle più piccole e meno capitalizzate il problema dell’approvvigionamento finanziario potrebbe presentarsi in modo consistente. Non ultima, poi, va valutata l’opportunità della misura in un’ottica di lungo periodo. L’obiettivo del Governo è giustamente quello di stimolare la propensione alla spesa e ravviare così la domanda interna. Però, occorre riflettere sul fatto che, se ciò avrà un effetto nel medio periodo, il rischio resta quello di togliere il “salvagente” nel lungo ossia al momento in cui il lavoratore arriva alla pensione».

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