Tagli alle Province, chiesto il ricorso

Tagli alle Province, chiesto il ricorso
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BIELLA - «I 100 milioni di euro che il Decreto legge 50 mette a disposizione delle province italiane sono assolutamente insufficienti a far fronte alle criticità che denunciamo da mesi. Se si pensa poi che i fondi dovranno essere condivisi con le città metropolitane, la situazione appare ancora più assurda». Lo sfogo arriva direttamente per bocca di Emanuele Ramella Pralungo, presidente della Provincia di Biella e presidente della Consulta Aree vaste di Anci Piemonte (ex Unione delle Province Piemontesi) dopo l’ultima riunione del Cal, il Consiglio delle Autonomie Locali piemontesi. Le situazioni di difficoltà che stanno attraversando gli enti provinciali è sotto gli occhi di tutti e i tagli decisi a livello centrale ora appaiono davvero insostenibile. Ecco perché Ramella Pralungo si dice  pronto a chiedere al consiglio e alla giunta regionale di impugnare costituzionalmente la manovra correttiva. La proposta è stata approvata all'unanimità dai partecipanti all’ultima seduta del Cal su richiesta dell’Anci Piemonte, dopo le sollecitazioni pervenute per iscritto dalle province di Alessandria e Vercelli.

«A rischio - spiega Ramella -  c’è la sicurezza dei cittadini. I fondi messi a disposizione dal governo (180 nella manovra finanziaria e 100 nella cosiddetta manovrina) non bastano per far fronte a tutti i problemi e nemmeno per erogare i servizi essenziali ai cittadini, i quali, dopo la mancata riforma, fanno fatica a comprendere perché le province non riescano più a gestire l’ordinaria amministrazione, intervenendo ad esempio sulle strade rotte o semplicemente da sfalciare, così come sulla manutenzione degli edifici scolastici. Lo stesso Ministero certifica la mancanza di 650 milioni di euro».

Ad oggi le province piemontesi che hanno approvato i bilanci sono soltanto due, Biella e Cuneo. Biella lo ha fatto uscendo di fatto dal dissesto finanziario, ma dovendo andare a chiedere alle due partecipate Atap e Enerbit parte del loro fondo di riserva per far fronte agli impegni economici presi  con il Ministero. Solamente in questo modo è stato possibile chiudere un bilancio che, però, costringerà l’ente, nel 2018 a ridurre al lumicino gli investimenti, anche per le scuole, una delle funzioni che le province hanno mantenuto.

Il Piemonte è tra le regioni che accusano maggiori difficoltà, da qui l’idea del ricorso alla Corte Costituzionale avanzata da Anci e Cal. Ora la palla passa nelle mani di giunta e consiglio regionale che dovranno decidere se proseguire sulla richiesta pervenuta dai rappresentanti delle Province o meno. I tempi, però, stringono e sarà fondamentale agire in fretta per evitare i tagli a livello centrale. Il paradosso delle Province è legato principalmente alla loro mancata cancellazione, dopo il Referendum voluto dall’ex premier Renzi. Gli enti hanno continuato ad esistere, ma i finanziamenti si sono ridotti al lumicino. Ed è proprio su questo punto che i presidenti spingono. Perché è diventato letteralmente impossibile espletare le funzioni rimaste in capo alle Province. Insomma, un pasticcio tutto all’italiana che rischia di ingessare l’attività degli enti e delle Città metropolitane. Solamente un ripensamento a livello centrale potrebbe far rientrare un problema che si protrae ormai da diverso tempo e che non ha ancora trovato una soluzione.
Enzo Panelli


BIELLA - «I 100 milioni di euro che il Decreto legge 50 mette a disposizione delle province italiane sono assolutamente insufficienti a far fronte alle criticità che denunciamo da mesi. Se si pensa poi che i fondi dovranno essere condivisi con le città metropolitane, la situazione appare ancora più assurda». Lo sfogo arriva direttamente per bocca di Emanuele Ramella Pralungo, presidente della Provincia di Biella e presidente della Consulta Aree vaste di Anci Piemonte (ex Unione delle Province Piemontesi) dopo l’ultima riunione del Cal, il Consiglio delle Autonomie Locali piemontesi. Le situazioni di difficoltà che stanno attraversando gli enti provinciali è sotto gli occhi di tutti e i tagli decisi a livello centrale ora appaiono davvero insostenibile. Ecco perché Ramella Pralungo si dice  pronto a chiedere al consiglio e alla giunta regionale di impugnare costituzionalmente la manovra correttiva. La proposta è stata approvata all'unanimità dai partecipanti all’ultima seduta del Cal su richiesta dell’Anci Piemonte, dopo le sollecitazioni pervenute per iscritto dalle province di Alessandria e Vercelli.

«A rischio - spiega Ramella -  c’è la sicurezza dei cittadini. I fondi messi a disposizione dal governo (180 nella manovra finanziaria e 100 nella cosiddetta manovrina) non bastano per far fronte a tutti i problemi e nemmeno per erogare i servizi essenziali ai cittadini, i quali, dopo la mancata riforma, fanno fatica a comprendere perché le province non riescano più a gestire l’ordinaria amministrazione, intervenendo ad esempio sulle strade rotte o semplicemente da sfalciare, così come sulla manutenzione degli edifici scolastici. Lo stesso Ministero certifica la mancanza di 650 milioni di euro».

Ad oggi le province piemontesi che hanno approvato i bilanci sono soltanto due, Biella e Cuneo. Biella lo ha fatto uscendo di fatto dal dissesto finanziario, ma dovendo andare a chiedere alle due partecipate Atap e Enerbit parte del loro fondo di riserva per far fronte agli impegni economici presi  con il Ministero. Solamente in questo modo è stato possibile chiudere un bilancio che, però, costringerà l’ente, nel 2018 a ridurre al lumicino gli investimenti, anche per le scuole, una delle funzioni che le province hanno mantenuto.

Il Piemonte è tra le regioni che accusano maggiori difficoltà, da qui l’idea del ricorso alla Corte Costituzionale avanzata da Anci e Cal. Ora la palla passa nelle mani di giunta e consiglio regionale che dovranno decidere se proseguire sulla richiesta pervenuta dai rappresentanti delle Province o meno. I tempi, però, stringono e sarà fondamentale agire in fretta per evitare i tagli a livello centrale. Il paradosso delle Province è legato principalmente alla loro mancata cancellazione, dopo il Referendum voluto dall’ex premier Renzi. Gli enti hanno continuato ad esistere, ma i finanziamenti si sono ridotti al lumicino. Ed è proprio su questo punto che i presidenti spingono. Perché è diventato letteralmente impossibile espletare le funzioni rimaste in capo alle Province. Insomma, un pasticcio tutto all’italiana che rischia di ingessare l’attività degli enti e delle Città metropolitane. Solamente un ripensamento a livello centrale potrebbe far rientrare un problema che si protrae ormai da diverso tempo e che non ha ancora trovato una soluzione.
Enzo Panelli


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