Rinnovo contratto tessili: ora è rottura

Rinnovo contratto tessili: ora è rottura
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È piena rottura sul rinnovo del contratto 2016-‘19 nel tessile-abbigliamento: un rinnovo che, nel solo Biellese, coinvolge circa 12 mila addetti. A distanza di 20 anni, si torna a scioperare nel settore, dopo che l’incontro, in plenaria, di giovedì scorso a Milano tra i sindacati di categoria (Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil) e le parti datoriali rappresentate da Smi, è finito con una radicalizzazione delle rispettive posizioni e un nulla di fatto. Dopo 6 mesi esatti di trattative, con numerosi incontri a delegazioni ristrette ed a livello tecnico, le parti hanno dovuto prendere atto di non avere ancora individuato un percorso condiviso per dare una soluzione positiva ad una vertenza di rinnovo contrattuale che riguarda, in Italia, oltre 420 mila addetti. Da un lato, i sindacati che chiedono un aumento medio di 100 euro (parametrato al III livello); dall’altro Smi che, invece, insiste sul fatto che il precedente contratto, per effetto della deflazione, si è già concluso “in credito” per gli imprenditori del tessile-abbigliamento, comportando un esborso a carico delle aziende ed in favore dei lavoratori mediamente pari a 70 euro lordi mensili, che essi stanno già erogando dal 2015: di qui, la proposta imprenditoriale  di  non anticipare più l’inflazione sulla base di previsioni, ma di pagarla ex post; da un lato, ancora i sindacati che sottolineano come, però, altri contratti di settore o di settori affini siano stati chiusi senza difficoltà eccessive: è il caso, per esempio, di quello quello chiuso recentemente per le piccole aziende tessili aderenti a Confapi e che ha visto, senza eccessive difficoltà, l’erogazione di un aumento medio di 75 euro ai dipendenti; dall’altro lato, ancora Smi che, invece, ribatte come l’andamento  del manifatturiero tessile non sia omogeneo e insiste per legare gli eventuali aumenti alla produttività e a un nuovo assetto normativo di settore che riguardi aspetti come la flessibilità,  la gestione delle ferie (passando dalle tre settimane consecutive alle 2 consecutive più una mobile), quella degli straordinari (superando il modello della assoluta facoltatività) e l’implementazione della contrattazione aziendale o di secondo livello per garantire un aumento retributivo realistico  (dove questa non si fa, Smi manifesta massima disponibilità ad una revisione “anche significativa” dell’elemento di garanzia retributiva annuale (oggi pari a 200 euro). Tutti aspetti, quest’ultimi, di grande importanza per il manifatturiero tessile. «Purtroppo - commenta il direttore generale di Smi, Gianfranco Di Natale -, proprio la posizione pregiudiziale dei sindacati sul “modello contrattuale” ci ha impedito di entrare davvero nel merito di questi punti importanti del rinnovo contrattuale». Le posizioni, insomma, restano molto lontane e Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil hanno deciso la prova di forza e hanno  indetto   otto  ore  di  sciopero,   di  cui   quattro a  livello  territoriale e  quattro a livello nazionale. «Il modello proposto dalla controparte con la manifesta volontà delle imprese di non anticipare più l’inflazione sulla base di previsioni, ma di pagarla ex post è del tutto inaccettabile - dice la segretaria di Filctem Cgil Biella, Gloria Missaggia -. Se non viene tolto dal   tavolo è impossibile proseguire la trattativa con riguardo anche agli aspetti normativi. Aspetti, peraltro, che incorporano un patrimonio di diritti e di garanzie che inducono a prudenza: il “modello” contrattuale, in sintesi, non può essere stravolto: sono le regole a dover regolare il mercato e non viceversa».  «Per noi - ribatte, però, il direttore generale di Smi - al di là del “modello”, ciò che conta è salvaguardare una larga parte della nostra filiera produttiva che si trova ancora in una fase di grave difficoltà, che sta pagando retribuzioni che vanno ben al di là dell’inflazione, ma non può sopportare ulteriori incrementi di costi al di là dell’inflazione. Allo stesso tempo, le imprese che sono in una fase positiva di sviluppo, tolto l’alibi dei costi eccessivi del Contratto nazionale, potranno davvero incominciare a fare serie politiche retributive legate alla produttività aziendale. Speriamo che la fase di conflitto sindacale preannunciata non pregiudichi le buone cose che potremmo fare con un rinnovo del contratto insieme coraggioso ed equilibrato». La risposta sindacale, su quest’ultimo passaggio, è chiara. «La scelta di procedure a una rottura e alla dichiarazione dello sciopero (le cui date saranno fissate nei prossimi giorni) non è stata presa a cuor leggero - dice Gloria Missaggia -. Erano 20 anni che una trattativa per il rinnovo del contratto dei tessili non determinava una simile situazione: questo deve fare riflettere bene tutti sull’imbarbarimento attuale della percezione dei diritti del lavoro e chiama in causa tutti per recuperare una strada fatta di pragmatismo e rispetto dei valori della persona di cui, me lo si lasci dire, il modello delle relazione sindacali nel Biellese è stato spesso all’avanguardia». Una strada che proprio il vicepresidente Uib con delega alle Relazioni Industriali, Nicolò Zumaglini, si augura possa essere intrapresa per superare l’impasse. «Da 20 anni non capitava una rottura delle trattative e questo dispiace - dice Zumaglini -. Tuttavia, dobbiamo dire che, in sei mesi, l’intransigenza della controparte non ha permesso di fare passi avanti. Alla fine, se guardiamo razionalmente i motivi di questo impasse, scopriamo che esso si è consumato su questioni, tutto sommato, piccole. Di qui, la necessità di riprendere un dialogo possibile, partendo dalla convinzione che, venendoci reciprocamente incontro, una soluzione può essere utilmente trovata. A fronte della disponibilità a esplorare, senza rigidità o pregiudizi, innovazioni sul piano normativo, gli imprenditori possono fare un passo avanti sul fronte economico. Deve però prevalere uno sguardo di orizzonte ampio sul settore: qui, in gioco, c’è di più di un semplice rinnovo contrattuale; c’è la necessità di mantenere un livello alto di dialettica tra le parti per fondare un vero e proprio patto per la produttività condiviso da tutti gli attori del settore».

Giovanni Orso

È piena rottura sul rinnovo del contratto 2016-‘19 nel tessile-abbigliamento: un rinnovo che, nel solo Biellese, coinvolge circa 12 mila addetti. A distanza di 20 anni, si torna a scioperare nel settore, dopo che l’incontro, in plenaria, di giovedì scorso a Milano tra i sindacati di categoria (Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil) e le parti datoriali rappresentate da Smi, è finito con una radicalizzazione delle rispettive posizioni e un nulla di fatto. Dopo 6 mesi esatti di trattative, con numerosi incontri a delegazioni ristrette ed a livello tecnico, le parti hanno dovuto prendere atto di non avere ancora individuato un percorso condiviso per dare una soluzione positiva ad una vertenza di rinnovo contrattuale che riguarda, in Italia, oltre 420 mila addetti. Da un lato, i sindacati che chiedono un aumento medio di 100 euro (parametrato al III livello); dall’altro Smi che, invece, insiste sul fatto che il precedente contratto, per effetto della deflazione, si è già concluso “in credito” per gli imprenditori del tessile-abbigliamento, comportando un esborso a carico delle aziende ed in favore dei lavoratori mediamente pari a 70 euro lordi mensili, che essi stanno già erogando dal 2015: di qui, la proposta imprenditoriale  di  non anticipare più l’inflazione sulla base di previsioni, ma di pagarla ex post; da un lato, ancora i sindacati che sottolineano come, però, altri contratti di settore o di settori affini siano stati chiusi senza difficoltà eccessive: è il caso, per esempio, di quello quello chiuso recentemente per le piccole aziende tessili aderenti a Confapi e che ha visto, senza eccessive difficoltà, l’erogazione di un aumento medio di 75 euro ai dipendenti; dall’altro lato, ancora Smi che, invece, ribatte come l’andamento  del manifatturiero tessile non sia omogeneo e insiste per legare gli eventuali aumenti alla produttività e a un nuovo assetto normativo di settore che riguardi aspetti come la flessibilità,  la gestione delle ferie (passando dalle tre settimane consecutive alle 2 consecutive più una mobile), quella degli straordinari (superando il modello della assoluta facoltatività) e l’implementazione della contrattazione aziendale o di secondo livello per garantire un aumento retributivo realistico  (dove questa non si fa, Smi manifesta massima disponibilità ad una revisione “anche significativa” dell’elemento di garanzia retributiva annuale (oggi pari a 200 euro). Tutti aspetti, quest’ultimi, di grande importanza per il manifatturiero tessile. «Purtroppo - commenta il direttore generale di Smi, Gianfranco Di Natale -, proprio la posizione pregiudiziale dei sindacati sul “modello contrattuale” ci ha impedito di entrare davvero nel merito di questi punti importanti del rinnovo contrattuale». Le posizioni, insomma, restano molto lontane e Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil hanno deciso la prova di forza e hanno  indetto   otto  ore  di  sciopero,   di  cui   quattro a  livello  territoriale e  quattro a livello nazionale. «Il modello proposto dalla controparte con la manifesta volontà delle imprese di non anticipare più l’inflazione sulla base di previsioni, ma di pagarla ex post è del tutto inaccettabile - dice la segretaria di Filctem Cgil Biella, Gloria Missaggia -. Se non viene tolto dal   tavolo è impossibile proseguire la trattativa con riguardo anche agli aspetti normativi. Aspetti, peraltro, che incorporano un patrimonio di diritti e di garanzie che inducono a prudenza: il “modello” contrattuale, in sintesi, non può essere stravolto: sono le regole a dover regolare il mercato e non viceversa».  «Per noi - ribatte, però, il direttore generale di Smi - al di là del “modello”, ciò che conta è salvaguardare una larga parte della nostra filiera produttiva che si trova ancora in una fase di grave difficoltà, che sta pagando retribuzioni che vanno ben al di là dell’inflazione, ma non può sopportare ulteriori incrementi di costi al di là dell’inflazione. Allo stesso tempo, le imprese che sono in una fase positiva di sviluppo, tolto l’alibi dei costi eccessivi del Contratto nazionale, potranno davvero incominciare a fare serie politiche retributive legate alla produttività aziendale. Speriamo che la fase di conflitto sindacale preannunciata non pregiudichi le buone cose che potremmo fare con un rinnovo del contratto insieme coraggioso ed equilibrato». La risposta sindacale, su quest’ultimo passaggio, è chiara. «La scelta di procedure a una rottura e alla dichiarazione dello sciopero (le cui date saranno fissate nei prossimi giorni) non è stata presa a cuor leggero - dice Gloria Missaggia -. Erano 20 anni che una trattativa per il rinnovo del contratto dei tessili non determinava una simile situazione: questo deve fare riflettere bene tutti sull’imbarbarimento attuale della percezione dei diritti del lavoro e chiama in causa tutti per recuperare una strada fatta di pragmatismo e rispetto dei valori della persona di cui, me lo si lasci dire, il modello delle relazione sindacali nel Biellese è stato spesso all’avanguardia». Una strada che proprio il vicepresidente Uib con delega alle Relazioni Industriali, Nicolò Zumaglini, si augura possa essere intrapresa per superare l’impasse. «Da 20 anni non capitava una rottura delle trattative e questo dispiace - dice Zumaglini -. Tuttavia, dobbiamo dire che, in sei mesi, l’intransigenza della controparte non ha permesso di fare passi avanti. Alla fine, se guardiamo razionalmente i motivi di questo impasse, scopriamo che esso si è consumato su questioni, tutto sommato, piccole. Di qui, la necessità di riprendere un dialogo possibile, partendo dalla convinzione che, venendoci reciprocamente incontro, una soluzione può essere utilmente trovata. A fronte della disponibilità a esplorare, senza rigidità o pregiudizi, innovazioni sul piano normativo, gli imprenditori possono fare un passo avanti sul fronte economico. Deve però prevalere uno sguardo di orizzonte ampio sul settore: qui, in gioco, c’è di più di un semplice rinnovo contrattuale; c’è la necessità di mantenere un livello alto di dialettica tra le parti per fondare un vero e proprio patto per la produttività condiviso da tutti gli attori del settore».

Giovanni Orso

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