Pier Luigi Loro Piana: "Ora il Governo crei le condizioni perché le imprese investano"

Pier Luigi Loro Piana: "Ora il Governo crei le condizioni perché le imprese investano"
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Milano
I dati appena diffusi in occasione dell’inaugurazione della XIX edizione di Milano Unica parlano chiaro e, per una volta tanto, portano tra gli stand un clima più dinamico e motivato. Con una tessitura che, nei primi sei mesi del 2014, ha incrementato la produzione più di ciò che ha fatto il tessile nel suo complesso (+7,6% contro il +4,8%), i presupposti sono decisamente positivi.

 Ciò, anche alla luce del fatto che la filiera del tessile ha quasi sempre, almeno per tradizione consolidata, avuto  una funzione anticipatoria nell’inversione del più generale ciclo economico. Pier Luigi Loro Piana, presidente di Ideabiella (oggi alla sua 72ª edizione) lo sa bene e non nasconde la propria soddisfazione, soprattutto davanti ai risultati incassati, nel semestre in esame, dalle aziende che compongono il salone dei tessitori che egli guida.
Non c’è ancora spazio per indulgere all’ottimismo, ma, certamente, la situazione richiede che si sappia sfruttare il vento propizio che sta soffiando.
«La ricaduta dell’economia italiana, tornata tecnicamente in una fase recessiva che si accompagna alla stagnazione dei consumi interni e il rallentamento dell’economia internazionale, nella prima parte del 2014, al momento sembrano non offrire spazi all’ottimismo  - spiega infatti Pier Luigi Loro Piana–. Ma se guardiamo ai dati delle esportazioni relative ai tessuti di lana, che nelle nostre aziende pesano quasi sempre più del 60% sul fatturato, troviamo qualche motivo di soddisfazione».

Presidente, lei ha invitato il Governo a compiere atti concreti. Il viceministro Calenda ha iniziato mettendo a disposizione  2 milioni di euro per realizzare, in tre anni, l’obiettivo di fare diventare Milano Unica la più importante fiera mondiale del tessile di qualità. In senso più ampio, quali azioni il Governo deve compiere per rilanciare il manifatturiero?
«Credo che la strada iniziata, se perseguita con coraggio sino in fondo, potrebbe portare frutti. Il problema resta quello di saper creare un clima che restituisca fiducia agli imprenditori italiani, stimolandoli ad investire. La congiuntura favorevole, in sè, non basta. Occorre avere un orizzonte temporale credibile su cui ragionevolmente scommettere. Poi, occorre che, in questa prospettiva, vi sia un sistema bancario che aiuti coloro che vogliono investire».

Concretamente?
«Difficile o inutile fare un elenco preciso, anche perché, amaramente, dobbiamo constatate che i problemi irrisolti sono sempre gli stessi da troppo tempo. Ritengo, senza pretesa di essere esaustivo,  che occorra sicuramente trovare un nuovo approccio nella politica fiscale, oggi troppo aggressiva e, in alcuni casi, ai limiti della persecuzione nei confronti delle aziende che producono. Poi, si deve mettere mano ad una politica industriale che sia calibrata sul manifatturiero e questo implica anche saper attuare misure capaci di invertire le politiche recessive implementate con le scelte compiute in questi ultimi anni».

In effetti, le politiche recessive hanno portato ad uno stop della domanda interna. Gli stessi risultati positivi del manifatturiero tessile sono rilevantemente legati alle esportazioni.
«Questa mortificazione del mercato domestico va risolta, non c’è dubbio. Ma le aziende del nostro settore, sono rilevantemente export oriented e, quindi, il serbatoio delle esportazioni è essenziale anche per poi tradursi in ricchezza interna. Opportunamente, il presidente di Smi, Claudio Marenzi, nel suo intervento alla cerimonia di inaugurazione, ha chiesto un ruolo proattivo del nostro Governo anche in sede europea con un’attenzione alla politica valutaria. Qualcosa, per un concorso di molteplici elementi, su questo fronte si sta muovendo: oggi cominciamo finalmente a vedere un euro che torna ad avvicinarsi a valori d’origine, facilitando le vendite all’estero».

Questo export si traduce certamente in ricchezza interna per il Paese che esporta, ma nonostante i numeri positivi, si stenta ancora a vedere la traduzione di questi risultati in termini di maggior occupazione o, meglio, di qualità dell’occupazione.
«In effetti, questo può colpire, ma ha una sua spiegazione precisa e logica e chiama in causa non tanto le imprese ma chi deve creare le condizioni affinché queste assumano: le aziende, per investire in occupazione stabile, hanno bisogno proprio di quel clima di certezza in un orizzonte temporale credibile che la congiuntura in se stessa non garantisce. Oggi, il mondo del lavoro è cambiato e questi cambiamenti è auspicabile vengano intercettati con la riforma in preparazione. La discontinuità dei percorsi lavorativi (il posto fisso ormai non esiste più) è una realtà che deve chiaramente integrarsi con meccanismi che proteggano chi perde il lavoro ma, soprattutto, con un sistema che aiuti a ritrovare il lavoro. Le nostre aziende, polarizzate su produzioni che implicano un know how di altissima artigianalità, hanno storicamente sempre investito e scommesso sulle risorse umane e sulla loro formazione; non chiedono di meglio che continuare a a farlo. Perché questo capiti, occorre però che si creino le condizioni che facilitino questo importante investimento».

Visti i numeri che escono dalla nota congiunturale di Smi, qualcuno ha parlato di una Milano Unica con il classico vento in poppa.
«Il trend è positivo. Però non vorrei che passasse il messaggio che questo sia sufficiente a rimettere da solo ogni cosa a posto. Semmai, quello che emerge è il fatto che, nonostante tutto, il tessile italiano di eccellenza, lungi dall’essere un settore maturo come diceva qualcuno, è invece realtà consolidata e centrale del manifatturiero made in Italy: una realtà che va difesa soprattutto per quella parte di futuro e di crescita che essa può ancora rappresentare».
Nostro inviato
Giovanni Orso
orso@primabiella.it

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