case history

Ore 10,30: a lezione con De Mori

L'imprenditore del settore dolciario ha raccontato la storia della sua azienda agli studenti universitari di Economia Aziendale a Città Studi

Ore 10,30: a lezione con De Mori
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L’ingrediente segreto? La passione. Perché senza di quella non puoi fare l’imprenditore. Parola di Simone De Mori, titolare dell’omonima azienda biellese che sta portando il made in Biella più goloso in tutta Italia e anche all’estero. Perché quella della De Mori è ormai una case history degna di entrare nelle aule universitarie nei corsi di economia aziendale, come è accaduto proprio ieri mattina a Città Studi, grazie all’intuito e alla lungimiranza del professor Massimo Pollifroni, ordinario di Economia Aziendale nell’Università degli Studi di Torino da cui il polo biellese dipende. Relatore di eccezione é stato, appunto, Simone De Mori che, partendo dal piccolo forno di Cossato di cui era titolare il papà, in pochi anni, ha costruito una realtà imprenditoriale dinamica e in costante crescita. Oggi, De Mori dà complessivamente lavoro a 150 persone e il quarantacinquenne imprenditore biellese può andare fiero di aver saputo crescere mantenendo centrale l’artigianalità della sua produzione.

Una storia nata con...le mani in pasta

«A voi laureandi - ha esordito Simone De Mori con una sincerità e umanità che ha subito travolto ogni vincolo accademico - devo confessare che lo studio a me non è mai piaciuto. A quattordici anni mi iscrissi all’Iti, per poi abbandonare poco dopo e andare a lavorare nel piccolo panificio di mio padre. Per due anni frequentai la scuola di arte bianca, a Novara. Sveglia all’alba, treno, otto ore di lezione, ritorno, sempre in treno, alle 18 a Cossato. Giusto il tempo di cambiarmi per andare in laboratorio dove mio padre mi aveva affidato la parte produttiva che riguardava i croissant. Per me, non esisteva l’uscita serale del venerdì: lavoravo nel forno. Quando sono subentrato a mio papà come titolare, nel 2001, al panificio De Mori lavoravano quattro o cinque persone in tutto».

Simone De Mori porta in azienda non solo la sua bravura e la passione per il proprio mestiere («Oggi - ha confessato - la cosa che mi manca di più é proprio il non avere più il tempo per impastare!»), ma sogni e idee nuove. Nei primi anni, il giovane De Mori si focalizzò sul marketing («Dico marketing perché oggi va di moda chiamarlo così - ha detto ironicamente -, ma all’epoca non sapevo nemmeno che lo stessi facendo») facendo diventare De Mori un marchio (oggi si direbbe brand) grazie all’intuito di avviare la linea di prodotti confezionati, ma realizzati con la stessa ricetta e cura artigianale del piccolo panificio. In realtà, De Mori, uso a minimizzare come tutte le persone che hanno costruito il loro successo con il lavoro indefesso, sapeva benissimo quello che stava facendo. Presto, i 200 metri quadrati del laboratorio originario non bastarono più. La De Mori si trasferì in un laboratorio di mille metri quadrati «in locazione - ha voluto specificare -, perché non vengo da famiglia ricca».

Il coraggio di osare

Passarono altri sette anni. «A guidarmi - ha spiegato agli studenti - era un istinto che veniva dalla passione per il mio lavoro. Non so se fossi più coraggioso o solo più spericolato. Certo, da un punto di vista commerciale, mi gettai sulla parte della grande distribuzione, allora in crescita, mantenendo però una produzione sempre artigianale e di nicchia. Andavo personalmente a parlare con i responsabili della grande distribuzione, spesso persone laureate e esperte di strategie di mercato. Non sentivo nessuna sudditanza psicologica, non per presunzione, ma semplicemente perché credevo in quello che stavo facendo. In poco tempo, portai a casa una bella fetta di mercato». In questo modo che, forse, studiosi e esperti, giudicherebbero fin troppo empirico, senza studi di mercato, grafici o teorie economiche, alla De Mori crebbero esponenzialmente ordini e fatturato.

«Così - ha detto Simone De Mori -, nel 2014, acquistammo, sempre a Cossato, gli spazi di un ex filatura cardata: tremila metri quadrati, tutti ristrutturati a nuovo, dove è ora la nostra sede». E’ da qui (dove oggi lavorano 130 persone, mentre altre 20 operano nella pasticceria aperta in aprile a Biella, in piazza Duomo) che escono torcetti, baci di dama, canestrelli, grissini (stirati rigorosamente a mano e che rappresentano quasi il 70% del fatturato della De Mori), panettoni e colombe. «Ora stiamo pensando a un nuovo ampliamento strutturale a Cossato o alla separazione delle linee produttive - ha detto l’imprenditore -. La recente inaugurazione della pasticceria a Biella, poi, ha rappresentato la realizzazione di un sogno: quello di offrire qualcosa di nuovo e di diverso al territorio biellese cui tanto devo. E dico sogno perché, secondo me, non si può fare l’imprenditore se non sei capace di sognare e di metterti in gioco sempre». Per i giovani laureandi, una lezione non solo di economia aziendale, ma anche di umanità. La lezione di un giovane ma già grande maestro.

"Un torcetto per ...settanta volte"

«Lo spot pubblicitario su Mediaset? Per noi una grande occasione. Ho voluto metterci la faccia. Peccato che non sono proprio abituato a fare l’attore. Così ho dovuto ripetere una settantina di volte l’assaggio di un mio torcetto»: scherza con gli studenti, Simone De Mori, al termine della sua appassionata relazione, ieri mattina a Città Studi. A incalzarlo, le domande degli studenti del professor Massimo Pollifroni. E lui, Simone De Mori, con quel suo fare semplice e diretto, risponde con la stessa passione contagiosa che mette nel suo fare impresa e che rende i suoi prodotti una delle punte di diamante del made in Biella. L’apertura della pasticceria in centro Biella un azzardo? «Forse - dice -. Ma un imprenditore deve rischiare e i numeri ci stanno dando ragione. Ho girato tutta l’Italia per trovare la formula giusta e siamo riusciti a portare a Biella una linea di pasticceria mignon moderna, superando il classico bigné. Poi ci siamo focalizzati sugli aperitivi, andando oltre i “taglieri”, ma facendo diventare la nuova proposta dei salati un punto di forza. Adesso, da gennaio, implementeremo l’offerta con la proposta bistrot fatta di piatti caldi per la pausa pranzo».

De Mori è case history aziendale di successo: non c’è il rischio di essere, prima o poi, fagocitati? «In effetti - risponde Simone De Mori - il food made in Italy sta facendo gola a tanti fondi di investimento e qualche avances ci è stata già fatta. Abbiamo detto no, perché vogliamo difendere la nostra artigianalità produttiva e perché non si può vendere il sogno in cui credi». Per essere vincenti come imprenditori si deve essere soprattutto determinati? «La determinazione è essenziale - dice De Mori -. Ma non bisogna mai dimenticare che le aziende si costruiscono strada facendo. Anche facendo errori. Un buon imprenditore non credo che sia uno che non sbaglia, ma uno che sa riconoscere di aver sbagliato quando ciò accade e sa correggere l’errore, rimettendosi in pista». Giovanni Orso

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