“Nel Biellese, più contratti ma precari: serve stabilità”

“Nel Biellese, più contratti ma precari: serve stabilità”
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Pur apprezzando la nuova dinamica che, secondo i dati Silp Piemonte (vedi Eco di Biella del 24 agosto), starebbe finalmente, almeno dal punto di visto numerico, caratterizzando il mercato del lavoro biellese, i sindacati locali, proprio mentre il sistema produttivo biellese, questa settimana, si rimette in moto dopo la pausa estiva, non rinunciano a invitare a una lettura più prudente dei numeri che escono dalle elaborazioni regionali. Numeri che dicono come nel primo trimestre dell’anno in corso, a Biella, le procedure di assunzione si siano finalmente rimesse in moto, con un balzo (su base tendenziale) del +9,9%: un totale di 4.558 nuove procedure di assunzione contro le 4.146 dei primi tre mesi del 2016, con un maggior incremento per la parte femminile (+11%) rispetto a quella maschile (+8,8%). Guardati in controluce, però, i dati mettono in evidenza che a trascinare le procedure di assunzione sono stati soprattutto i contratti di lavori a termine (+14,2%), mentre ancora una volta in  calo (-4,7%) si sono rivelati quelli a tempo indeterminato. «I dati, valutati esclusivamente per la loro componente numerica, dicono chiaramente  che si è finalmente arrestata quell’emorragia di posti di lavoro che caratterizzava ormai da anni il nostro territorio - commenta Marvi Massazza Gal, segretaria di Cgil Biella -. Detto questo, però, occorre fare una lettura più approfondita del fenomeno. Allora, si scopre che a trascinare questa crescita sono essenzialmente i contratti a tempo determinato e le fattispecie precarie. Non solo, ma a smorzare gli eccessivi entusiasmi mostrati da alcuni politici locali, che si sono subito premurati di valutare i dati come prova taumaturgica del Jobs Act, sta anche il fatto che il gap da colmare rispetto al 2008 è ancora molto ampio e che la maggioranza di coloro che hanno perso il lavoro negli anni di crisi non hanno trovato una collocazione di pari livello. C’è, quindi, su questo territorio, un problema di qualità dell’offerta di lavoro: puntando sul precariato non si rilancia il Paese. E ai politici che si entusiamano per questi dati, restando a una lettura numerica e ideologica di essi, consiglio di provare a vivere qualche tempo con quattrocento euro mensili e senza prospettive di certezza». Sulla stessa linea d’onda anche Roberto Bompan (segretario provinciale di Cisl Biella). «Qui - dice Bompan - c’è un problema di fondo rappresentato dall’abbassarsi della qualità e sicurezza del lavoro. Come è possibile pensare di ricostruire la struttura socio-economica di un territorio salutando positivamente l’aumento della precarizzazione? Servono misure strutturali, a cominciare da un intervento deciso sull’Irpef con cui dare più ossigeno a lavoratori e pensionati, così da rilanciare stabilmente la domanda interna e creare quindi posti di lavoro certi. Temo, invece, che il Governo percorrerà, ancora una volta, la strada dei bonus e della decontribuzione, mettendo in campo provvedimenti la cui efficacia, secondo un film già visto, si esaurirà allo scadere della misura stessa».

Giovanni Orso     

Pur apprezzando la nuova dinamica che, secondo i dati Silp Piemonte (vedi Eco di Biella del 24 agosto), starebbe finalmente, almeno dal punto di visto numerico, caratterizzando il mercato del lavoro biellese, i sindacati locali, proprio mentre il sistema produttivo biellese, questa settimana, si rimette in moto dopo la pausa estiva, non rinunciano a invitare a una lettura più prudente dei numeri che escono dalle elaborazioni regionali. Numeri che dicono come nel primo trimestre dell’anno in corso, a Biella, le procedure di assunzione si siano finalmente rimesse in moto, con un balzo (su base tendenziale) del +9,9%: un totale di 4.558 nuove procedure di assunzione contro le 4.146 dei primi tre mesi del 2016, con un maggior incremento per la parte femminile (+11%) rispetto a quella maschile (+8,8%). Guardati in controluce, però, i dati mettono in evidenza che a trascinare le procedure di assunzione sono stati soprattutto i contratti di lavori a termine (+14,2%), mentre ancora una volta in  calo (-4,7%) si sono rivelati quelli a tempo indeterminato. «I dati, valutati esclusivamente per la loro componente numerica, dicono chiaramente  che si è finalmente arrestata quell’emorragia di posti di lavoro che caratterizzava ormai da anni il nostro territorio - commenta Marvi Massazza Gal, segretaria di Cgil Biella -. Detto questo, però, occorre fare una lettura più approfondita del fenomeno. Allora, si scopre che a trascinare questa crescita sono essenzialmente i contratti a tempo determinato e le fattispecie precarie. Non solo, ma a smorzare gli eccessivi entusiasmi mostrati da alcuni politici locali, che si sono subito premurati di valutare i dati come prova taumaturgica del Jobs Act, sta anche il fatto che il gap da colmare rispetto al 2008 è ancora molto ampio e che la maggioranza di coloro che hanno perso il lavoro negli anni di crisi non hanno trovato una collocazione di pari livello. C’è, quindi, su questo territorio, un problema di qualità dell’offerta di lavoro: puntando sul precariato non si rilancia il Paese. E ai politici che si entusiamano per questi dati, restando a una lettura numerica e ideologica di essi, consiglio di provare a vivere qualche tempo con quattrocento euro mensili e senza prospettive di certezza». Sulla stessa linea d’onda anche Roberto Bompan (segretario provinciale di Cisl Biella). «Qui - dice Bompan - c’è un problema di fondo rappresentato dall’abbassarsi della qualità e sicurezza del lavoro. Come è possibile pensare di ricostruire la struttura socio-economica di un territorio salutando positivamente l’aumento della precarizzazione? Servono misure strutturali, a cominciare da un intervento deciso sull’Irpef con cui dare più ossigeno a lavoratori e pensionati, così da rilanciare stabilmente la domanda interna e creare quindi posti di lavoro certi. Temo, invece, che il Governo percorrerà, ancora una volta, la strada dei bonus e della decontribuzione, mettendo in campo provvedimenti la cui efficacia, secondo un film già visto, si esaurirà allo scadere della misura stessa».

Giovanni Orso     

 

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