Nel Biellese, cigs per 1.413

Nel Biellese, cigs per 1.413
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Se a febbraio, a livello nazionale, la disoccupazione è calata leggermente su base congiunturale  (per aumentare, però, dell’1,5% su base tendenziale), nel Biellese ad acquisire una dimensione sempre più centrale diventa il problema degli ammortizzatori sociali.A correre, infatti, è la cassa integrazione straordinaria (Cigs) le cui ore autorizzate, nel primo bimestre 2013 rispetto allo stresso periodo 2012, sono aumentate del 98% (fonte Cgil).

Circa la cassa in deroga autorizzata, il problema diventa addirittura quello di riuscire ad elaborare un dato certo. «Per essere registrate - spiega, infatti, Marvi Massazza Gal, segretario di Cgil Biella -,  le richieste di cassa in deroga devono essere previamente autorizzate dalla Regione. Tuttavia, in questo momento in cui i fondi mancano all’appello, la Regione si astiene dal concedere l’autorizzazione. Di qui la situazione kafkiana secondo la quale la cassa in deroga sembra diminuire, mentre il dato è falsato semplicemente dal blocco delle autorizzazioni».

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Una sorta di trompe l’oeil che riguarda anche la provincia di Biella dove, nel periodo gennaio-febbraio 2013, le ore di cassa in deroga autorizzate sono state, infatti, 29.1412 contro le ben 252.533 dello stesso periodo 2012. Al 31 dicembre scorso, infatti, solo 4 aziende biellesi avevano ottenuto l’autorizzazione alla cassa in deroga, mentre nel primo trimestre del 2013 nessuna autorizzazione è stata ancora concessa dalla Regione, nonostante il fatto che, come precisa Marvi Massazza Gal,  parecchie siano invece le richieste presentate.   Su base tendenziale, nei primi due mesi 2013, proprio per effetto di questo trompe l’oeil della cassa in deroga unitamente ad un calo di quella ordinaria, il numero totale di ore di cassa autorizzate nel Biellese ha subito una flessione del -17,5%. Guardato in controluce, il dato è però meno positivo di ciò che appare. A destare allarme sono, infatti, soprattutto i dati sulla Cigs.  Nel primo bimestre 2013, a Biella, le ore autorizzate di Cigs sono state 404.047 contro le 204.234 dello stesso periodo 2012, con un incremento su base tendenziale del + 98%.

Dati. Le aziende interessate da procedimenti di Cigs in provincia di Biella, sempre secondo i dati di fonte Cgil, a fine febbraio erano 33. Un dato che, tradotto in numero di lavoratori coinvolti nei procedimenti, cresce però esponenzialmente arrivando a 1.413 dipendenti.
«Ma è, in particolare, la causa di queste casse integrazioni straordinarie  a preoccupare davvero - commenta Marvi Massazza Gal -. Soltanto un caso sui complessivi 33 è, infatti, costituito dalla richiesta di Cigs per riorganizzazione-ristrutturazione aziendale, coinvolgendo 165 lavoratori. Negli altri casi, purtroppo, i procedimenti sono stati avviati per cause che poco spazio lasciano all’ipotesi di un recupero dell’attività produttiva».
In effetti, delle 33 aziende biellesi coinvolte in procedimenti di Cigs, al netto del caso citato da Marvi Massazza Gal, 9 aziende (per un totale di 512 lavoratori) hanno fatto richiesta di cassa straordinaria per crisi aziendale o di mercato, una (85 lavoratori interessati) per evento imprevisto, 8 (200 lavoratori coinvolti) per l’avvio di procedura concursuale, un’altra (26 dipendenti) a causa di fallimento) e 13 (425 lavoratori coinvolti) per cessazione di attività totale o parziale.
Non solo, ma anche l’analisi relativa al settore di produzione in cui le aziende interessate sono operative permette di ricavare un quadro preciso della crisi.
Delle 33 aziende, infatti, ben 26  operano nel settore del tessile-abbigliamento, una nel chimico, due nel metalmeccanico, una nei trasporti/servizi alle imprese, 2 nel commercio e una nell’edilizia/impiantistica.
«Mi pare chiaro - commenta Marvi Massazza Gal - che la situazione sia preoccupante tanto per il numero di lavoratori interessati quanto per la fattispecie che ha dato origine alla richiesta di Cigs nonché per il fatto che quasi il 90% delle richieste riguarda l’attività di core business del distretto, mentre anche il commercio è coinvolto da questi processi».

Formazione. «L’insieme di questi dati - commenta Marvi Massazza Gal - porta con sè due fondamentali problemi: quello di una filiera che si sta indebolendo e quello della ricollocazione di gran parte di questi 1.413 lavoratori. Questo significa che occorre puntare con forza sulla riqualificazione professionale e sulla formazione. Sul nostro territorio essa c’è ed è di buon livello, ma a mancare è una regia comune di queste azioni, una scelta condivisa degli obiettivi e delle priorità. Tra pochi anni, infatti, comincerà a mancare personale specializzato per certe lavorazioni, soprattutto nel tessile, ed occorre formarlo sin da subito, nell’ambito di un progetto sociale condiviso che parta dalla scuola. Da sottolineare, poi, che oltre al tasso elevato di disoccupazione giovanile, il nostro punto dolente è rappresentato dalla fascia dei cinquantenni disoccupati, troppo giovani per la pensione ma troppo “vecchi” per il mercato. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di padri e madri di figli adolescenti. Così, negare un futuro a loro significa bruciare anche la generazione dei figli sottraendo diritti sociali  preziosi».

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