Lavoro stabile: nel 2016 Biella maglia nera in Piemonte
Se, nel 2016, il mercato del lavoro piemontese ha chiuso con segno meno davanti alla voce “procedure di assunzione”, Biella, purtroppo, si è aggiudicata il primo posto tra le province piemontesi nella graduatoria delle sofferenze. L’anno scorso, infatti, secondo le elaborazioni del settore regionale delle politiche del lavoro sui dati Silp Piemonte, le assunzioni piemontesi sono complessivamente calate del -6% su base tendenziale, mentre quelle biellesi addirittura del -11,7%. Sul risultato regionale ha soprattutto influito la dinamica del primo semestre, come conseguenza del boom di assunzioni degli ultimi mesi del 2015, per effetto degli sgravi fiscali previsti dal governo. È vero che da giugno il saldo è tornato positivo, ma il +1% incassato nella seconda parte dell’anno, è lungi dal compensare le perdite subite. «Il 2016 - ammette, infatti, l’assessora al Lavoro della Regione Piemonte, Gianna Pentenero - si configura come un anno ancora non facile per il mercato del lavoro piemontese, anche se non mancano i segnali positivi come la crescita dell’apprendistato e, almeno su base regionale, dell’occupazione giovanile. La Regione ha da poco messo in campo nuove misure di politica attiva che si propongono di favorire la ricollocazione dei lavoratori espulsi dal sistema produttivo. Mi auguro che da questi provvedimenti possano arrivare risposte positive, pur nella consapevolezza che il loro successo è legato alle condizioni generali del mercato e alla capacità di sviluppo espressa dal sistema delle imprese». Se si focalizza l’analisi sulle singole province, a mostrare la situazione più critica è, appunto, il capoluogo laniero. Nel contesto di generale flessione degli avviamenti piemontesi, Biella è l’unica realtà regionale a superare la soglia del calo oltre il 10% (-11,7%). Meglio ha fatto la vicina Novara dove, nel 2016, il segno è rimasto sì negativo, ma sotto il 6% della media regionale (-5,6%). E se la flessione delle assunzioni è stata consistente anche a Vercelli (-8,5%), a portare a casa il risultato meno negativo del Quadrante Piemonte Nord Est, invece, è stata la provincia del Verbano-Cusio-Ossola (- 2,4%). Ma il mercato del lavoro biellese, nel 2016, si è aggiudicato la maglia nera anche per altre due performance: la diminuzione dei contratti a tempo indeterminato nonché la contrazione perfino di quelli a tempo determinato che, salvo a Vercelli, sono cresciuti invece ovunque. Nel primo caso, le 3.373 procedure di assunzione a tempo indeterminato che si sono registrate nel 2016 in provincia di Biella rappresentano un calo importante, pari a -34,8%, rispetto al 2015. Se la diminuzione è stata generalizzata in tutte le realtà piemontesi (media regionale: -31%), Biella ha sotto questo profilo risentito la flessione maggiore. Restando nel Quadrante Piemonte Orientale, le altre tre realtà hanno contenuto il calo sotto la media regionale: Novara (-28,8%) , Vercelli (-27,3%) e Vco (-23,1%). Nel secondo caso, ovvero quello che concerne i contratti stipulati a tempo determinato, Biella è stata l’unica provincia, con Vercelli, a registrare una diminuzione delle assunzioni perfezionate con questa fattispecie: in particolare, la provincia laniera, nel 2016, ha risentito il calo maggiore (-4,6%), mentre Vercelli si è fermata a -3,5%. In crescita, invece, tutte le altre province. Nel Quadrante Orientale, poi, il risultato migliore (+2,9%) è stato realizzato da Novara; positiva anche la dinamica realizzata dal Vco (+2,4%). Segno più per tutte le realtà è quello che ha connotato, invece, la dinamica delle procedure di assunzione nella forma dell’apprendistato, anche grazie al nuovo “Testo unico” regionale: Biella, nel 2016, ha conosciuto l’aumento maggiore (+54,3%), mentre Novara (+18,7%), quello minore. A Vercelli e Verbania, l’aumento delle procedure di assunzione con apprendistato è stato rispettivamente del + 24,9% e del + 30,4%. Tornando alla realtà biellese, va altresì segnalato che, mentre a livello regionale, nel 2016, si è assistito a una ripresa delle assunzioni già nel terzo trimestre, nel Biellese, dopo ben tre trimestri in calo, il saldo è tornato positivo solo nel quarto, quando gli avviamenti al lavoro sono cresciuti del 6,2%: un risultato, però, in gran parte ascrivibile all’aumento delle assunzioni a tempo determinato nel settore dell’istruzione. Concentrandosi sul dato positivo dell’ultimo trimestre 2016 e analizzando gli ambiti di attività, a distinguersi particolarmente sono stati i risultati nel settore turistico (+67,6%) e in quello dell’edilizia (+24,2%). A sottolineare la complessità della situazione è soprattutto Marvi Massazza Gal, segretaria di Cgil Biella. «I dati sul mercato del lavoro in Piemonte e, in particolare, quelli che concernono Biella, ci dicono tre cose - dice Marvi Massazza Gal -: la prima, è che il Jobs Act, al di là di tante promesse, non ha funzionato o ha funzionato solo nel senso di dare dei bonus alle imprese e togliere l’articolo 18 ai lavoratori. La seconda, è che il lavoro, su questo territorio, si sta sempre più precarizzando, con problemi di coesione sociale. La terza, è che occorrono urgentemente nuove politiche per il lavoro, anche sul fronte pubblico».
Giovanni Orso
Se, nel 2016, il mercato del lavoro piemontese ha chiuso con segno meno davanti alla voce “procedure di assunzione”, Biella, purtroppo, si è aggiudicata il primo posto tra le province piemontesi nella graduatoria delle sofferenze. L’anno scorso, infatti, secondo le elaborazioni del settore regionale delle politiche del lavoro sui dati Silp Piemonte, le assunzioni piemontesi sono complessivamente calate del -6% su base tendenziale, mentre quelle biellesi addirittura del -11,7%. Sul risultato regionale ha soprattutto influito la dinamica del primo semestre, come conseguenza del boom di assunzioni degli ultimi mesi del 2015, per effetto degli sgravi fiscali previsti dal governo. È vero che da giugno il saldo è tornato positivo, ma il +1% incassato nella seconda parte dell’anno, è lungi dal compensare le perdite subite. «Il 2016 - ammette, infatti, l’assessora al Lavoro della Regione Piemonte, Gianna Pentenero - si configura come un anno ancora non facile per il mercato del lavoro piemontese, anche se non mancano i segnali positivi come la crescita dell’apprendistato e, almeno su base regionale, dell’occupazione giovanile. La Regione ha da poco messo in campo nuove misure di politica attiva che si propongono di favorire la ricollocazione dei lavoratori espulsi dal sistema produttivo. Mi auguro che da questi provvedimenti possano arrivare risposte positive, pur nella consapevolezza che il loro successo è legato alle condizioni generali del mercato e alla capacità di sviluppo espressa dal sistema delle imprese». Se si focalizza l’analisi sulle singole province, a mostrare la situazione più critica è, appunto, il capoluogo laniero. Nel contesto di generale flessione degli avviamenti piemontesi, Biella è l’unica realtà regionale a superare la soglia del calo oltre il 10% (-11,7%). Meglio ha fatto la vicina Novara dove, nel 2016, il segno è rimasto sì negativo, ma sotto il 6% della media regionale (-5,6%). E se la flessione delle assunzioni è stata consistente anche a Vercelli (-8,5%), a portare a casa il risultato meno negativo del Quadrante Piemonte Nord Est, invece, è stata la provincia del Verbano-Cusio-Ossola (- 2,4%). Ma il mercato del lavoro biellese, nel 2016, si è aggiudicato la maglia nera anche per altre due performance: la diminuzione dei contratti a tempo indeterminato nonché la contrazione perfino di quelli a tempo determinato che, salvo a Vercelli, sono cresciuti invece ovunque. Nel primo caso, le 3.373 procedure di assunzione a tempo indeterminato che si sono registrate nel 2016 in provincia di Biella rappresentano un calo importante, pari a -34,8%, rispetto al 2015. Se la diminuzione è stata generalizzata in tutte le realtà piemontesi (media regionale: -31%), Biella ha sotto questo profilo risentito la flessione maggiore. Restando nel Quadrante Piemonte Orientale, le altre tre realtà hanno contenuto il calo sotto la media regionale: Novara (-28,8%) , Vercelli (-27,3%) e Vco (-23,1%). Nel secondo caso, ovvero quello che concerne i contratti stipulati a tempo determinato, Biella è stata l’unica provincia, con Vercelli, a registrare una diminuzione delle assunzioni perfezionate con questa fattispecie: in particolare, la provincia laniera, nel 2016, ha risentito il calo maggiore (-4,6%), mentre Vercelli si è fermata a -3,5%. In crescita, invece, tutte le altre province. Nel Quadrante Orientale, poi, il risultato migliore (+2,9%) è stato realizzato da Novara; positiva anche la dinamica realizzata dal Vco (+2,4%). Segno più per tutte le realtà è quello che ha connotato, invece, la dinamica delle procedure di assunzione nella forma dell’apprendistato, anche grazie al nuovo “Testo unico” regionale: Biella, nel 2016, ha conosciuto l’aumento maggiore (+54,3%), mentre Novara (+18,7%), quello minore. A Vercelli e Verbania, l’aumento delle procedure di assunzione con apprendistato è stato rispettivamente del + 24,9% e del + 30,4%. Tornando alla realtà biellese, va altresì segnalato che, mentre a livello regionale, nel 2016, si è assistito a una ripresa delle assunzioni già nel terzo trimestre, nel Biellese, dopo ben tre trimestri in calo, il saldo è tornato positivo solo nel quarto, quando gli avviamenti al lavoro sono cresciuti del 6,2%: un risultato, però, in gran parte ascrivibile all’aumento delle assunzioni a tempo determinato nel settore dell’istruzione. Concentrandosi sul dato positivo dell’ultimo trimestre 2016 e analizzando gli ambiti di attività, a distinguersi particolarmente sono stati i risultati nel settore turistico (+67,6%) e in quello dell’edilizia (+24,2%). A sottolineare la complessità della situazione è soprattutto Marvi Massazza Gal, segretaria di Cgil Biella. «I dati sul mercato del lavoro in Piemonte e, in particolare, quelli che concernono Biella, ci dicono tre cose - dice Marvi Massazza Gal -: la prima, è che il Jobs Act, al di là di tante promesse, non ha funzionato o ha funzionato solo nel senso di dare dei bonus alle imprese e togliere l’articolo 18 ai lavoratori. La seconda, è che il lavoro, su questo territorio, si sta sempre più precarizzando, con problemi di coesione sociale. La terza, è che occorrono urgentemente nuove politiche per il lavoro, anche sul fronte pubblico».
Giovanni Orso