Lavoro: Cgil, Cisl e Uil chiedono di puntare sulla qualità

Jobs Act: la preoccupazione sindacale è forte ed è quella che a finire per essere tedesca, quando l’iter parlamentare sarà completato e la riforma del lavoro sarà legge, sia soltanto la flessibilità, mentre le garanzie restino invece italiane.
«Se questo capiterà - dice il segretario Cisl Biella, Roberto Bompan - allora saremo in presenza di una maggior precarietà».
Del resto, come aggiunge Marvi Massazza Gal, segretaria di Cgil Biella, il rischio è tutt’altro che lieve. «In questo Paese - dice Marvi Massazza Gal -, negli ultimi vent’anno si è messo mano cinque o sei volte alla legislazione sul lavoro e, tutte le volte, si è peggiorato quello che erra stato fatto prima. Si è arrivati ad un punto tale che la parola riforma (che dovrebbe di per sè suggerire l’idea di un miglioramento) è diventata fonte di ansia e di timore».
Problema. Se la dialettica tra imprese e sindacati, sul tema dell’articolo 18 e delle flessibilità, resta forte. a costituire un punto di raccordo è comunque la convinzione che il Jobs Act, al di là dei contenuti, non produrrà gli effetti sperati o promessi se prima non si affronta il problema del rilancio strutturale della domanda di beni e servizi.
«Se questa manca - dice Maria Cristina Mosca, segretaria di Uil Biella-Vercelli - le imprese non creano posti di lavoro. Prima di mettere mano ad una normativa che già garantisce ampiamente strumenti di flessibilità, ilo Governo avrebbe dovuto impegnarsi sul terreno del rilancio dei consumi».
«Questo - aggiunge Marvi Massazza Gal - è un Paese che parla di Jobs Act e non di politiche industriali ed economiche cioè di un sostegno e di una rivitalizzazione dell’economia reale che è costituita rilevantemente dal manifatturiero. Solo puntando sulla qualità del lavoro, su imprese qualificate e sulla crescita si traccia una via virtuosa all’occupazione».
«Parlare di modello tedesco o di tutele crescenti - conclude Bompan - è solo un modo per eludere il grande tema decisivo che è quello della qualità dell’occupazione e del sistema produttivo in un’ottica di aumento della domanda e di riavvio della crescita economica: sfide ben più impegnative che non quella di mettere mano all’ennesima revisione delle norme sul lavoro».
G.O.