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Lanificio di Tollegno: un 2023 da 40 mln

L’azienda, fondata nel 1862, investe ogni anno in innovazione il 6% del fatturato. Si inaugura oggi nell’ala antica la mostra “Wool, Art and Archives”.

Lanificio di Tollegno: un 2023 da 40 mln
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L’azienda, fondata nel 1862, investe ogni anno in innovazione il 6% del fatturato. Si inaugura oggi nell’ala antica la mostra “Wool, Art and Archives”.

Tessile non solo come business

Tessile non solo come business, ma anche come memoria storica, difesa di un know how secolare e arte: è il trinomio che mette in campo il Lanificio di Tollegno con la mostra “Wool, Art and Archive” che aprirà oggi, nell’ala più antica dell’azienda, e che chiuderà il prossimo 14 giugno. Dal 1862 il Lanificio di Tollegno, cui fa capo la divisione tessuti dell’omonima azienda biellese, ha saputo ritagliarsi un ruolo di primo piano sul mercato internazionale, ma anche diventare sinonimo di innovazione e sostenibilità. «In un certo senso, con orgoglio, posso dire che il Lanificio di Tollegno rappresenta un esempio di rigenerazione industriale - commenta l’Ad, Lincoln Germanetti -. E la mostra che inauguriamo oggi lo attesta».

Dottor Germanetti, come è stato il 2023 per Lanificio di Tollegno?
«Sicuramente un anno positivo. I dati ufficiali e completi, secondo nostro uso, verranno diffusi solo a maggio. A Eco di Biella, tuttavia, posso anticipare che l’anno scorso abbiamo sviluppato un fatturato di circa 40 milioni di euro, in piena linea con le previsioni. Ulteriore motivo di soddisfazione è il fatto che Lanificio di Tollegno dà attualmente lavoro a 160 dipendenti».

Per il tessile, tuttavia, il 2024 si annuncia in salita. Le aziende del territorio, non a caso, hanno registrato un’impennata nel numero di ore di cassa integrazione richieste e autorizzate. Anche voi prevedete nubi all’orizzonte?
«Facciamo chiarezza: il numero di ore richieste e autorizzate è un dato suggestivo, ma occorrerà poi valutare, alla fine, l’effettivo “tiraggio” ossia l’impiego di esse che a fine anno sarà stato davvero fatto. Detto questo, noi, anche in questa prima parte dell’anno, possiamo dichiararci soddisfatti dell’andamento. Certo, il tessile, classicamente, è un settore che presenta un andamento altalenante, caratterizzato dall’alternanza di picchi produttivi e rallentamenti secondo la stagionalità. La nostra fortuna è quella di essere un’azienda fortemente export oriented con clienti stabili in tutto il mondo. Le nostre vendite estere si distribuiscono quasi omogeneamente per un terzo verso l’Ue, per un terzo verso il mercato americano e per un ulteriore terzo verso l’Asia, con Giappone e Corea in testa. Per noi è storicamente importante il mercato americano, anche se, come tradizione, negli anni dell’elezione presidenziale, come appunto il 2024, potremmo risentire forse un piccolo rallentamento dovuto all’incertezza interna».

Dire Tollegno significa non solo dire storia e qualità, ma anche innovazione. Che cosa sta capitando su questo fronte?
«Noi investiamo ogni anno, da tempo, circa il 6% del nostro fatturato in innovazione di processo e di prodotto. Questo investimento costante ci ha permesso di ottenere risultati di soddisfazione sia sul piano dell’eco-sostenibilità e della sicurezza, per esempio con una riduzione del consumo idrico pari a circa il 45% e un abbattimento delle emissioni di anidride carbonica, sia sul prodotto dove ci distinguiamo con “3D Wool”, marchio depositato già nel 2008 e che rende tutti i nostri tessuti tridimensionali e elasticizzati. Non solo, ma l’investimento sul prodotto riguarda costantemente anche la realizzazione di collezioni di tessuti sempre più performanti e aggiornati, soprattutto con un occhio alla clientela giovane».

Crede che l’Intelligenza Artificiale possa cambiare il volto di un settore, quello tessile, da molti considerato un “settore maturo” e dove l’artigianalità ha un peso determinante?
«Non parlerei di cambiamento; piuttosto, credo che essa possa rappresentare un’opportunità per migliorare certe fasi. Noi, per esempio, abbiamo investito sulla digitalizzazione dei campionari. Tuttavia, il capitale umano resterà sempre fondamentale».

Nei dati che riguardano il tessile biellese, è in crescita il cosiddetto mismatch delle imprese ossia la difficoltà a reperire le figure cercate. Quali, a suo parere, le cause e quale il ruolo della formazione?
«Difficile individuare una causa specifica. Certo, sta anche a noi rendere più appetibile l’immagine dell’industria tessile. La formazione resta basilare dentro un orizzonte in cui il tessile resterà importante e non certamente in disarmo. Anzi: credo che nel 2030 le nostre aziende tessili saranno in saturazione produttiva, perché globalmente le aziende tessili sono sempre meno e quelle che restano si stanno rafforzando. Gli spazi quindi esistono: la popolazione mondiale con capacità di spesa sta crescendo e noi siamo depositari unici di un know how consolidato».

La mostra che viene inaugurata oggi rappresenta un unicum a livello nazionale. Quale ruolo può rivestire l’arte per il tessile e quale importanza possono avere gli archivi storici dei lanifici?
«Si tratta di un fattore importante per promuovere il complessivo saper fare italiano e la cultura che esso sottende. Noi abbiamo pensato di riqualificare un’area del nostro sito produttivo per rigenerarla in questa funzione e una parte della mostra resterà come esposizione permanente. Stesso discorso vale per gli archivi aziendali. Il progetto di salvaguardia del nostro archivio fu avviato già nel 2009 da mio padre Ermanno e noi abbiamo continuato a investirci sopra, forti della consapevolezza che un’azienda come la nostra, che risale al 1862, ha uno degli archivi tessili più completi al mondo: abbiamo due Km di documenti, alcuni dei quali, i più antichi, restaurati in collaborazione con la Venaria Reale di Torino. Sono testimonianze preziose non solo per l’azienda, ma anche per la storia del costume e dell’economia. E chi visiterà la mostra potrà rendersene conto».
Giovanni Orso

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