Filatura: da Pitti Filati, sentore di "New Normal"

Firenze- “New normal”: è questa la locuzione che sintetizza al meglio il nuovo clima che i filatori sentono oggi arrivare sul comparto. Un’era di nuova normalità, di stabilizzazione, di minor volatilità che non induce ancora a facili ottimismi ma che già consente, finalmente, la razionalizzazione di quell’ansia che il 2012 ancora alimentava tra gli operatori.
Dalla 74ª edizione di Pitti Filati (che ha chiuso i battenti venerdì alla Fortezza da Basso di Firenze e che ha portato in riva d’Arno 102 marchi internazionali dell’alto di gamma della filatura) arriva infatti un’aria nuova che conferma i dati dei preconsuntivi di Smi sul 2013: il rallentamento del tasso di caduta del comparto, stimato a -2,1%, con riflessi positivi anche sul valore della produzione italiana (che dovrebbe evidenziare un ridimensionamento del calo, segnando un -2,8%) e la conferma di un saldo commerciale positivo (78 milioni) con l’estero. In particolare, sul fronte italiano, il consumo apparente che, nel 2012, aveva fatto segnare una contrazione di oltre il 14%, l’anno scorso ha, invece, contenuto il calo a -2,9%.
Punto di svolta. Tradotti in termini di mood e di collezioni, i dati Smi sembrano immettere nel motore della filatura italiana e di quella made in Biella in particolare, il carburante per ripartire verso rotte nuove con un surplus di innovazione.
«La sensazione - commenta Paolo Todisco, Ad di Zegna Baruffa - Lane Borgosesia - è quella che il comparto stia ritrovando stabilità. Certo, non siamo ancora in presenza di un rimbalzo significativo che possa innestare fenomeni di ottimismo, ma il concetto di “New Normal” rappresenta un’eccellente sintesi dell’orizzonte verso il quale il comparto sta evolvendo».
Dopo un 2012 che ha rappresentato, mediamente, l’anno di contrazione dei fatturati e un 2013 ancora segnato da una certa volatilità delle materie prime che ha condizionato i conti economici, la filatura s’avvia a assumere, nel 2014, un cambio di passo in grado di riportare il comparto (tradizionalmente anticipatore della congiuntura come gli altri anelli “a monte della filiera) in territorio positivo.
Soprattutto, Pitti Filati (sempre più salone B2B al di là della eccezionale capacità degli organizzatori di mantenere e accrescere la valenza di kermesse unica dove produzione, cultura e fashion si incontrano) ha messo in luce come export, capacità di internazionalizzazione e investimenti in R&S, rappresentino le variabili vincenti per le aziende di comparto.
«Le aziende biellesi - prosegue Todisco - hanno sempre avuto un’attenzione peculiare per il mercato estero, anche se occorre precisare che, spesso, il mercato italiano assorbe la parte più nobile e creativa che, a livello poi di capo finito, viene venduta all’estero. Del resto, i maglifici che lavorano l’alta gamma mondiale sono tutti in Italia. Oggi, semmai, diventa sempre più cruciale il fattore della dimensione aziendale. L’operazione che, nel 2009, ha consentito la nascita del nostro gruppo che unisce Zegna Baruffa-Lane Borgosesia, Chiavazza e Botto Poala è andata nella direzione del riacquisto di dimensione e solidità funzionale. Il Biellese deve fare questo salto. L’internazionalizzazione, in altri termini, è già nel nostro Dna ma oggi occorre più massa critica».
Brand. Una massa critica che non fa certamente difetto ad uno dei nomi più illustri del tessile biellese, “Giuseppe Botto”, che rappresenta l’esempio di un’azienda che non ha mai smesso di scommettere ed investire su prodotto e organizzazione.
«Investimenti che oggi permettono di intercettare i segnali positivi che il mercato comincia a restituire - dice l’Ad, Silvio Botto Poala -. Oggi, infatti, “Botto Giuseppe” presenta ai clienti un’offerta a 360 gradi (come il nome della collezione lanciata sin dallo scorso anno) che va dai filati per maglieria, tessuti jersey e tessuti classici. Il tutto in un’ottica internazionale: sui 59 milioni del nostro fatturato, il 65% è polarizzato sull’estero. Non solo: sempre in tema di investimenti, stiamo oggi affrontando anche la discesa nei settori a valle della filiera, muovendoci in direzione del prodotto finito».
Non è un caso, infatti, che “Botto Giuseppe” abbia creato il marchio “Pin 1876” (dal diminutivo del nome del fondatore dell’azienda) con cui oggi propone sciarpe raffinatissime, sintesi di leggerezza estrema e di eleganza, realizzate con i migliori filati dell’azienda e distribuite in alcune boutique esclusive nel mondo.
«Siamo partiti dalle sciarpe - conclude Silvio Botto Poala -, ma stiamo già pensando di lanciare a breve anche una linea di maglie fini di lusso».
Nostro inviato
Giovanni Orso