Export, a marzo tessile in discesa
Da un lato l’Istat, che certifica che l’export made in Italy, a marzo, ha perso un po’ di smalto (i dati di trimestre, però, restano in area positiva); dall’altro, l’ultima recentissima edizione del rapporto-analisi sui settori industriali di Prometeia-Intesa Sanpaolo che delinea un manifatturiero italiano più forte e meno vulnerabile del quale pronostica la positiva evoluzione del fatturato.
A marzo 2016, per l’Istat, la flessione tendenziale dell’export complessivo italiano è stata del -1,1% (-1,5% su base congiunturale), rivelandosi particolarmente forte (-5,2%) verso l’area extra Ue; in particolare, la diminuzione più consistente si è determinata verso i Paesi appartenenti all’Area Mercosur (-28,2%) e Opec (-21,6%). Analizzando più nel dettaglio il commercio estero di prodotti rientranti nell’aggregato “prodotti tessili e dell’abbigliamento, pelli e accessori”, nel marzo scorso, esso ha lasciato sul campo, su base tendenziale, un -3,5%, portando il complessivo risultato trimestrale a appena uno stentato +0,2%. Guardando poi dentro questo aggregato, i prodotti tessili in senso stretto hanno ceduto l’1% (contribuendo ad determinare un risultato trimestrale del +2,4%), gli articoli in pelle (e simili) hanno realizzato un -3,5%, mentre a risentire il calo delle vendite estere più consistente sono stati gli articoli di abbigliamento (-5%): un segno meno che connota, peraltro, anche l’andamento trimestrale di quest’ultima tipologia produttiva (-0,6%). Un segnale, quello di marzo, che viene colto dal presidente di Smi, Claudio Marenzi, invitando a non focalizzarsi comunque solo sulla parte a valle della filiera tessile (dove, appunto, il calo si è rivelato più consistente), ma a guardare ad essa nel suo complesso. «La battuta d’arresto rispetto alla crescita prevista - spiega Claudio Marenzi - dipende principalmente dalla Cina. Se questo mercato non riprenderà ed il trend negativo continuerà, è probabile che nel 2016 dovremo aspettarci una chiusura in flessione dell’export».
Che nell’export del settore tessile, dopo stagioni di segni positivi, qualcosa stia cambiando, è un dato di fatto. Il vento, peraltro, sembra mutare anche per contesti come il tessile made in Biella la cui connotazione di alta gamma ha garantito, assai spesso, la realizzazione di performances in controtendenza rispetto a quelle che il settore realizzava a livello “macro”. «In effetti - spiega l’imprenditore Alessandro Barberis Canonico, presidente di “Ideabiella”, la manifestazione che costituisce il “salotto buono” del tessile italiano -, ci aspettiamo una piccola frenata. Alcuni fattori importanti stanno, infatti, invertendo la rotta. C’è un euro che si sta rafforzando, e questo complica le cose. Poi, vi è il rallentamento che classicamente caratterizza il mercato statunitense prima delle elezioni presidenziali. Anche la Cina, dopo l’annunciato e mai realizzato piano del governo per stimolare i consumi della nuova classe media, stenta a riprendere. Insomma, ci troviamo di fronte ad una serie di fattori che contribuiscono a creare i prodromi di un rallentamento la cui percezione in termini più marcati si avrà, tuttavia, solo più avanti. Per il tessile biellese, è oggi ancora prematuro formulare un giudizio supportato da dati concreti, ma la sensazione di una possibile frenata c’è: dopo aver chiuso una buona stagione invernale (mediamente oltre il 10%), i lanifici sentono infatti ora un piccolo ritardo sugli ordinativi della stagione estiva, peraltro appena aperta. Comunque, per avere le idee più chiare, credo sia opportuno aspettare l’esito dei saloni tessili di luglio, ossia Prima Mu e l’edizione di Milano Unica a New York».
Giovanni Orso
Da un lato l’Istat, che certifica che l’export made in Italy, a marzo, ha perso un po’ di smalto (i dati di trimestre, però, restano in area positiva); dall’altro, l’ultima recentissima edizione del rapporto-analisi sui settori industriali di Prometeia-Intesa Sanpaolo che delinea un manifatturiero italiano più forte e meno vulnerabile del quale pronostica la positiva evoluzione del fatturato.
A marzo 2016, per l’Istat, la flessione tendenziale dell’export complessivo italiano è stata del -1,1% (-1,5% su base congiunturale), rivelandosi particolarmente forte (-5,2%) verso l’area extra Ue; in particolare, la diminuzione più consistente si è determinata verso i Paesi appartenenti all’Area Mercosur (-28,2%) e Opec (-21,6%). Analizzando più nel dettaglio il commercio estero di prodotti rientranti nell’aggregato “prodotti tessili e dell’abbigliamento, pelli e accessori”, nel marzo scorso, esso ha lasciato sul campo, su base tendenziale, un -3,5%, portando il complessivo risultato trimestrale a appena uno stentato +0,2%. Guardando poi dentro questo aggregato, i prodotti tessili in senso stretto hanno ceduto l’1% (contribuendo ad determinare un risultato trimestrale del +2,4%), gli articoli in pelle (e simili) hanno realizzato un -3,5%, mentre a risentire il calo delle vendite estere più consistente sono stati gli articoli di abbigliamento (-5%): un segno meno che connota, peraltro, anche l’andamento trimestrale di quest’ultima tipologia produttiva (-0,6%). Un segnale, quello di marzo, che viene colto dal presidente di Smi, Claudio Marenzi, invitando a non focalizzarsi comunque solo sulla parte a valle della filiera tessile (dove, appunto, il calo si è rivelato più consistente), ma a guardare ad essa nel suo complesso. «La battuta d’arresto rispetto alla crescita prevista - spiega Claudio Marenzi - dipende principalmente dalla Cina. Se questo mercato non riprenderà ed il trend negativo continuerà, è probabile che nel 2016 dovremo aspettarci una chiusura in flessione dell’export».
Che nell’export del settore tessile, dopo stagioni di segni positivi, qualcosa stia cambiando, è un dato di fatto. Il vento, peraltro, sembra mutare anche per contesti come il tessile made in Biella la cui connotazione di alta gamma ha garantito, assai spesso, la realizzazione di performances in controtendenza rispetto a quelle che il settore realizzava a livello “macro”. «In effetti - spiega l’imprenditore Alessandro Barberis Canonico, presidente di “Ideabiella”, la manifestazione che costituisce il “salotto buono” del tessile italiano -, ci aspettiamo una piccola frenata. Alcuni fattori importanti stanno, infatti, invertendo la rotta. C’è un euro che si sta rafforzando, e questo complica le cose. Poi, vi è il rallentamento che classicamente caratterizza il mercato statunitense prima delle elezioni presidenziali. Anche la Cina, dopo l’annunciato e mai realizzato piano del governo per stimolare i consumi della nuova classe media, stenta a riprendere. Insomma, ci troviamo di fronte ad una serie di fattori che contribuiscono a creare i prodromi di un rallentamento la cui percezione in termini più marcati si avrà, tuttavia, solo più avanti. Per il tessile biellese, è oggi ancora prematuro formulare un giudizio supportato da dati concreti, ma la sensazione di una possibile frenata c’è: dopo aver chiuso una buona stagione invernale (mediamente oltre il 10%), i lanifici sentono infatti ora un piccolo ritardo sugli ordinativi della stagione estiva, peraltro appena aperta. Comunque, per avere le idee più chiare, credo sia opportuno aspettare l’esito dei saloni tessili di luglio, ossia Prima Mu e l’edizione di Milano Unica a New York».
Giovanni Orso