Emissioni industriali. il caso Piemonte finisce in Senato

Emissioni industriali. il caso Piemonte finisce in Senato
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Sui limiti alle emissioni industriali in atmosfera fissati da Regione Piemonte, torna a montare la protesta del mondo produttivo. La Regione, infatti ha compiuto, a suo tempo, una scelta più restrittiva rispetto a quella di altre regioni italiane e di altri Paesi Ue. Una scelta che ora l’amministrazione Chiamparino si trova a dover gestire mentre le aziende  piemontesi  sono alle prese con il termine, già scaduto a fine dicembre, per adeguare gli impianti termici industriali ai nuovi parametri che stabiliscono più bassi limiti di emissione degli ossidi di azoto.

Interrogazioni. Questa volta però, il cahier de dolèances delle aziende trova supporto nella senatrice biellese Nicoletta Favero (Pd) che prende una posizione forte sulla vicenda.
«La Regione Piemonte proroghi di 2 anni i termini - dice Nicoletta Favero -. Le aziende, e in particolare le piccole e medie imprese del comparto tessile, infatti, non possono sostenere, in un momento di crisi come questo, gli ingenti costi relativi».
Proprio per questi motivi , la senatrice Pd ha presentato nei giorni scorsi, insieme ad altri colleghi, due interrogazioni parlamentari in materia rivolte asi ministri dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico.

Proroga. La senatrice va anche oltre e chiede con chiarezza che il Governo intervenga.
«Nel 2011 - spiega Nicoletta Favero - la Regione Piemonte ha imposto il limite di 150 mg/Nm3 alle emissioni di ossidi di azoto, limite più restrittivo rispetto alle altre regioni, e ha stabilito il termine del 31 dicembre 2013 per l’adeguamento degli impianti termici industriali. Le aziende del Piemonte, tuttavia, vivono situazioni diverse e complesse. Alcune sono costrette ad utilizzare generatori alimentati ad olio combustibile, molto più inquinante, a causa della carenza di metanodotti ad alta e media pressione e dovrebbero quindi sostenere costi fino a 800 mila euro per il collegamento alla rete a gas. Altre, che già utilizzano il metano, dovrebbero sostituire i bruciatori o gli impianti, sostenendo da 30 ai 100 mila euro di costi. È per questo che chiediamo, come ha già fatto l’Uib, che il Governo proroghi di almeno 2 anni il termine, già scaduto, per l’adeguamento degli impianti termici industriali e rintracci significative fonti di co-finanziamento degli interventi di metanizzazione, ad esempio il Programma operativo regionale del Fesr. Chiediamo anche che la Regione integri i limiti, prevedendo disposizioni differenziate per gli impianti più vecchi».

Regole. Dall’Uib, arriva un giudizio di condivisione rispetto all’iniziativa della senatrice Favero e l’auspicio che essa possa dare luogo in breve a risultati concreti.
«Dobbiamo dire, per chiarire bene il tema e sgomberare il campo da ogni equivoco, che la tutela dell’ambiente, la sostenibilità ed il rispetto delle norme di sicurezza sono una priorità per le nostre aziende - dice il direttore Uib, Pier Francesco Corcione -. Tuttavia, una burocrazia pressante e norme non equilibrate rispetto ad altri territori affini rischiano di diventare un ostacolo difficile da affrontare per le imprese».
Tanto più laddove i nuovi limiti alle emissioni di ossidi di azoto (e non solo) fissati dalla Regione danno origine  ad un quadro anomalo.
«Paradossalmente - spiega infatti il direttore di Uib -, i valori registrati attualmente nel Biellese rientrerebbero nel quadro normale definito dalla maggior parte delle altre regioni italiane, compresa la vicina Lombardia. È evidente come questo rappresenti un aggravio se solo si considera che l’adeguamento sulla base di questi limiti più restrittivi implica un enorme investimento strutturale da parte delle aziende e costituisce un handicap  per le realtà industriali locali rispetto ai concorrenti non solo stranieri ma anche più vicini».
Giovanni Orso

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