Doc: Colline biellesi o Alto Piemonte?
VERONA - Se il Vinitaly rappresenta la vetrina del vino italiano di qualità, il Piemonte ne è stato, anche quest’anno, uno dei protagonisti, con le sue 18 Docg e 42 Doc (il più alto numero tra le regioni italiane), ma anche con i suoi prodotti agroalimentari, la sua cultura, il suo paesaggio: una proposta articolata - dalla mostra sui paesaggi vitivinicoli al Ristorante Piemonte, dalle degustazioni al fitto programma di seminari e incontri - in cui il vino riveste il ruolo di “ambasciatore” di un territorio, in tutte le sue sfaccettature. A portare a Verona i grandi vini piemontesi, 600 espositori: oltre ad aziende grandi e piccole, 20 Cantine cooperative, 5 associazioni di produttori, 10 consorzi di tutela.
Ben presente, nel Padiglione Piemonte, anche la viticoltura biellese: uno stand per la giovane Associazione Vignaioli Colline Biellesi, insieme ai produttori associati sotto il marchio Lessona Doc; e poi - all’interno del grande stand del Consorzio Tutela Nebbioli Alto Piemonte - le aziende Le Pianelle e Roccia Rossa, e l’azienda Pietro Cassina, presente coi suoi vini in diversi punti del padiglione.
E se, per i produttori storici, il Vinitaly rappresenta una sorta di “ufficio volante”, in cui incontrare clienti consolidati e vendere, per molti piccoli produttori la fiera è invece l’occasione per presentarsi al mondo: «E’ soprattutto una vetrina - dice Pietro Cassina, produttore di Lessona -, l’occasione per entrare in contatto con nuovi mondi: raramente si portano a casa ordini, più che altro si portano a casa contatti, che poi vanno sviluppati… io ho potuto incontrare molti buyers stranieri: soprattutto europei, ma anche dagli Stati Uniti, dall’Asia e, con mia sorpresa, persino dall’Africa… si inizia un rapporto, poi ci si rivede in cantina, e da lì può nascere la vendita…».
Del resto, per i vini biellesi - che vivono una sorta di “rinascimento”, dopo decenni di silenzio - riuscire a farsi largo in un mercato così affollato e competitivo non è facile, e “fare squadra” è essenziale. Ma, se la necessità di una sinergia tra produttori locali è ampiamente condivisa, circa la strategia da seguire emergono posizioni diverse. Da un lato, si punta ad una nuova Doc “Colline Biellesi” che - sostituendo la più generica denominazione di ricaduta “Coste della Sesia” - identifichi più nettamente le produzioni locali e possa diventare uno strumento di marketing territoriale. Dall’altro, si preferirebbe invece una Doc “Alto Piemonte” che, avendo come sotto-denominazioni le numerose Doc già esistenti nel Piemonte Orientale, faccia riferimento ad un ambito territoriale più ampio, facilmente riconoscibile dal consumatore finale e in grado di competere coi grossi brand delle aree limitrofe, dal Monferrato all’Oltrepò Pavese.
Due possibili strade, tra le quali la scelta potrebbe dipendere, più che dalle preferenze dei produttori, dalle scelte legislative e dall’evoluzione del mercato, che richiede una continua revisione delle strategie commerciali. Una discussione per ora aperta, che si intreccia con il tema di fondo di Vinitaly: il rapporto indissolubile del vino con il territorio, tra passato e futuro, tra identità e marketing.
Simona Perolo
VERONA - Se il Vinitaly rappresenta la vetrina del vino italiano di qualità, il Piemonte ne è stato, anche quest’anno, uno dei protagonisti, con le sue 18 Docg e 42 Doc (il più alto numero tra le regioni italiane), ma anche con i suoi prodotti agroalimentari, la sua cultura, il suo paesaggio: una proposta articolata - dalla mostra sui paesaggi vitivinicoli al Ristorante Piemonte, dalle degustazioni al fitto programma di seminari e incontri - in cui il vino riveste il ruolo di “ambasciatore” di un territorio, in tutte le sue sfaccettature. A portare a Verona i grandi vini piemontesi, 600 espositori: oltre ad aziende grandi e piccole, 20 Cantine cooperative, 5 associazioni di produttori, 10 consorzi di tutela.
Ben presente, nel Padiglione Piemonte, anche la viticoltura biellese: uno stand per la giovane Associazione Vignaioli Colline Biellesi, insieme ai produttori associati sotto il marchio Lessona Doc; e poi - all’interno del grande stand del Consorzio Tutela Nebbioli Alto Piemonte - le aziende Le Pianelle e Roccia Rossa, e l’azienda Pietro Cassina, presente coi suoi vini in diversi punti del padiglione.
E se, per i produttori storici, il Vinitaly rappresenta una sorta di “ufficio volante”, in cui incontrare clienti consolidati e vendere, per molti piccoli produttori la fiera è invece l’occasione per presentarsi al mondo: «E’ soprattutto una vetrina - dice Pietro Cassina, produttore di Lessona -, l’occasione per entrare in contatto con nuovi mondi: raramente si portano a casa ordini, più che altro si portano a casa contatti, che poi vanno sviluppati… io ho potuto incontrare molti buyers stranieri: soprattutto europei, ma anche dagli Stati Uniti, dall’Asia e, con mia sorpresa, persino dall’Africa… si inizia un rapporto, poi ci si rivede in cantina, e da lì può nascere la vendita…».
Del resto, per i vini biellesi - che vivono una sorta di “rinascimento”, dopo decenni di silenzio - riuscire a farsi largo in un mercato così affollato e competitivo non è facile, e “fare squadra” è essenziale. Ma, se la necessità di una sinergia tra produttori locali è ampiamente condivisa, circa la strategia da seguire emergono posizioni diverse. Da un lato, si punta ad una nuova Doc “Colline Biellesi” che - sostituendo la più generica denominazione di ricaduta “Coste della Sesia” - identifichi più nettamente le produzioni locali e possa diventare uno strumento di marketing territoriale. Dall’altro, si preferirebbe invece una Doc “Alto Piemonte” che, avendo come sotto-denominazioni le numerose Doc già esistenti nel Piemonte Orientale, faccia riferimento ad un ambito territoriale più ampio, facilmente riconoscibile dal consumatore finale e in grado di competere coi grossi brand delle aree limitrofe, dal Monferrato all’Oltrepò Pavese.
Due possibili strade, tra le quali la scelta potrebbe dipendere, più che dalle preferenze dei produttori, dalle scelte legislative e dall’evoluzione del mercato, che richiede una continua revisione delle strategie commerciali. Una discussione per ora aperta, che si intreccia con il tema di fondo di Vinitaly: il rapporto indissolubile del vino con il territorio, tra passato e futuro, tra identità e marketing.
Simona Perolo