«Contratti di rete per il commercio»

«Contratti di rete per il commercio»
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Il commercio locale non intercetta ancora la ripresa dei consumi. Alcuni settori hanno tuttavia tenuto, nel periodo tra Natale e il primo trimestre dell’anno, ma, complessivamente, la domanda resta al palo. In questa situazione congiunturale, a livello nazionale, le imprese del comparto si trovano a misurarsi ogni giorno anche con la difficoltà rappresentata dal minor accesso al credito. Secondo l’indice  Confcommercio-Cer, ammonta a 97,2 miliardi di euro lo stock di credito mancato alle Pmi dal 2010 ad oggi: una stretta creditizia che ha tolto ossigeno a tante piccole imprese soprattutto del settore commerciale.

Le banche, chiamate sempre più a rispettare rigidamente i nuovi parametri introdotti dai trattati di Basilea, hanno fatalmente attuato una selezione spinta nell’elargizione del  credito. Come precisa Confcommercio, dal 2009, il numero di aziende che hanno vista  accolta la loro richiesta di finanziamento si è più che dimezzato: dal 64,2% al 29% . Anche la quota di imprese finanziate completamente è diminuita di 18 punti percentuali, passando dal 22,2% del 2009 al 4,8% del terzo trimestre 2014. In un contesto sempre più difficile di accesso al credito, molte aziende, soprattutto di piccole dimensioni, sono state costrette a chiudere (dal 2008, emerge da un rapporto del Cerved, 13 mila Pmi sono fallite, oltre 5 mila hanno fatto ricorso a procedura concorsuale e 23 mila sono state liquidate).

«Nel complesso - dice il presidente di Ascom Biella, Mario Novaretti - le banche hanno smesso di fare il loro originario mestiere. Le piccole somme destinate un tempo a finanziare il commerciante, avevano un effetto moltiplicatore non trascurabile. Certo, a completare realisticamente il quadro, non va dimenticato anche il momento  che stiamo vivendo, caratterizzato da un ristagno della domanda e dal fatto che il settore, dopo la stagione delle liberalizzazioni, ha conosciuto un moltiplicarsi, in taluni casi anche eccessivo, di attività commerciali». A caratterizzare la situazione congiunturale del commercio biellese, intanto, continua ad essere il segno meno. «Alcuni settori - spiega infatti Novaretti - tra Natale ed il primo trimestre di quest’anno, hanno tenuto, e ciò è già  un segnale da registrare positivamente. Tuttavia, nell’insieme, la contrazione dei consumi continua a farsi sentire ed a pesare». Per il presidente di Ascom Biella, lo stimolo della domanda locale, al di là di quelle che sono le variabile macroecomiche su cui è difficile incidere, può derivare tuttavia anche da una valorizzazione del turismo e delle risorse territoriali. «Perché questo avvenga - dice il presidente di Ascom Biella - va tuttavia fatto un salto decisivo di mentalità. Sono convinto che l’attuazione di contratti di rete tra esercizi commerciali soprattutto di valle potrebbe rappresentare un buon strumento per garantire un plus competitivo in termini di prezzi, intercettando quella clientela che oggi non trova conveniente, per esempio, fare la spesa nel piccolo negozio di montagna. La difesa di queste realtà commerciali, sotto questo aspetto, passa anche da una visione più sinergica. Ciò non toglie che sul tappeto restino problemi come la contrazione del credito o l’eccessiva pressione fiscale su cui, come Ascom Biella, non smettiamo di invocare attenzione».

G.O.      

Il commercio locale non intercetta ancora la ripresa dei consumi. Alcuni settori hanno tuttavia tenuto, nel periodo tra Natale e il primo trimestre dell’anno, ma, complessivamente, la domanda resta al palo. In questa situazione congiunturale, a livello nazionale, le imprese del comparto si trovano a misurarsi ogni giorno anche con la difficoltà rappresentata dal minor accesso al credito. Secondo l’indice  Confcommercio-Cer, ammonta a 97,2 miliardi di euro lo stock di credito mancato alle Pmi dal 2010 ad oggi: una stretta creditizia che ha tolto ossigeno a tante piccole imprese soprattutto del settore commerciale.

Le banche, chiamate sempre più a rispettare rigidamente i nuovi parametri introdotti dai trattati di Basilea, hanno fatalmente attuato una selezione spinta nell’elargizione del  credito. Come precisa Confcommercio, dal 2009, il numero di aziende che hanno vista  accolta la loro richiesta di finanziamento si è più che dimezzato: dal 64,2% al 29% . Anche la quota di imprese finanziate completamente è diminuita di 18 punti percentuali, passando dal 22,2% del 2009 al 4,8% del terzo trimestre 2014. In un contesto sempre più difficile di accesso al credito, molte aziende, soprattutto di piccole dimensioni, sono state costrette a chiudere (dal 2008, emerge da un rapporto del Cerved, 13 mila Pmi sono fallite, oltre 5 mila hanno fatto ricorso a procedura concorsuale e 23 mila sono state liquidate).

«Nel complesso - dice il presidente di Ascom Biella, Mario Novaretti - le banche hanno smesso di fare il loro originario mestiere. Le piccole somme destinate un tempo a finanziare il commerciante, avevano un effetto moltiplicatore non trascurabile. Certo, a completare realisticamente il quadro, non va dimenticato anche il momento  che stiamo vivendo, caratterizzato da un ristagno della domanda e dal fatto che il settore, dopo la stagione delle liberalizzazioni, ha conosciuto un moltiplicarsi, in taluni casi anche eccessivo, di attività commerciali». A caratterizzare la situazione congiunturale del commercio biellese, intanto, continua ad essere il segno meno. «Alcuni settori - spiega infatti Novaretti - tra Natale ed il primo trimestre di quest’anno, hanno tenuto, e ciò è già  un segnale da registrare positivamente. Tuttavia, nell’insieme, la contrazione dei consumi continua a farsi sentire ed a pesare». Per il presidente di Ascom Biella, lo stimolo della domanda locale, al di là di quelle che sono le variabile macroecomiche su cui è difficile incidere, può derivare tuttavia anche da una valorizzazione del turismo e delle risorse territoriali. «Perché questo avvenga - dice il presidente di Ascom Biella - va tuttavia fatto un salto decisivo di mentalità. Sono convinto che l’attuazione di contratti di rete tra esercizi commerciali soprattutto di valle potrebbe rappresentare un buon strumento per garantire un plus competitivo in termini di prezzi, intercettando quella clientela che oggi non trova conveniente, per esempio, fare la spesa nel piccolo negozio di montagna. La difesa di queste realtà commerciali, sotto questo aspetto, passa anche da una visione più sinergica. Ciò non toglie che sul tappeto restino problemi come la contrazione del credito o l’eccessiva pressione fiscale su cui, come Ascom Biella, non smettiamo di invocare attenzione».

G.O.      

 

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