Caipo e Pinter: è fusione

Caipo e Pinter: è fusione
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Piccola-grande rivoluzione nel meccanotessile europeo dei macchinari per la produzione di filati fantasia e core-spun: la biellese Caipo e la catalana Pinter, entrambe leader nel settore, hanno infatti appena unito le loro forze nell’ottica di una più efficace penetrazione sui mercati internazionali nell’era della globalizzazione. Una fusione, avvenuta il 26 novembre scorso, con cui le due aziende, sino ad oggi diretti competitors sullo stesso segmento produttivo mondiale,  hanno ora razionalizzato il loro potenziale sotto l’egida della holding Pinter-Caipo Technologies, Un’operazione che consentirà di raggiungere, sin da subito, un complessivo fatturato di 25 milioni di euro e di affrontare pertanto con una massa critica d’impatto i mercati internazionali.

«Una fusione decisa e conclusa in soli sei mesi - spiega Alvaro Miorelli, presidente  di Caipo Automazione Industriale -, quindi in tempi davvero brevissimi per un’operazione così straordinaria. Questo è avvenuto per le forti motivazioni sia della proprietà sia del management delle due aziende e per la perfetta convergenza di strategia a lungo termine».

Specialità.  In effetti, a ben guardare, la storia delle due aziende si è sviluppata in senso complementare per anni.  Sia la biellese Caipo sia la catalana Pinter sono infatti due medie aziende di settore la cui produzione è polarizzata sui macchinari per la realizzazione di filati fiammati e fantasia e quelli per filati core-spun.
Una specialità produttiva che, a livello mondiale, vedeva, sino a pochi anni fa, le due aziende concorrere fra loro accanto ad un altro competitor svizzero: una torta che, nel tempo, si è però dovuta parzialmente dividere con i nuovi costruttori locali dei Paesi in forte crescita nel settore tessile, costringendo ad un confronto serrato sui prezzi.
«A favorire la scelta in questa direzione - spiega Adrià Serra, amministratore delegato di Pinter - non è quindi stata la congiuntura attuale o la necessità economica ma piuttosto la constatazione della sinergia naturale che poteva esistere e la voglia di scommettere per garantirci una maggior competitività. Il vero ed immediato valore aggiunto è quello di mettere insieme conoscenze tecnologiche e di mercato, di disporre di fattori umani e di intelligenze per presidiare al meglio mercati sempre più lontani e continuare nella ricerca e sviluppo di nuovi prodotti».
«Pur essendo concorrenti diretti - chiarisce Marilena Bolli, amministratore delegato di Caipo -, già dai primi confronti sono emerse interessanti complementarietà: da un lato noi, con una produzione di macchinari per filati fantasia che rappresentava l’80% del fatturato ed il restante 20% polarizzato su macchinari per filati core-spun; dall’altra, Pinter, con una situazione speculare: un 80% di fatturato assorbito da macchinari per filati core-spun ed il restante 20% per macchine destinate alla produzione di filati fantasia e fiammati. Stessa complementarietà si è da subito evidenziata nelle  strutture tecniche e produttive: da un lato noi, più indirizzati all’elettronica, dall’altro loro, più focalizzati sul know how meccanico. Infine, due aziende fortemente export oriented verso Paesi extra Ue: le vendite in tale direzione rappresentano, infatti, mediamente oltre il 90% dei nostri fatturati, mentre omogenea, al 10%, è la quota di fatturato investito da entrambe  in R&S».
Insomma, due aziende fatte per capirsi al volo. E così e stato.

Risorse. Se, per decenni, non si è parlato di matrimonio, è stato solo perché  il mondo era ancora qualcosa di troppo grande. Ma l’ultimo decennio, con la spinta della terza globalizzazione produttiva e con l’avvento dell’era dell’innovazione tecnologica della rete che, con un semplice clic,  accorcia distanze prima immense, ha cambiato equilibri e parametri.
«La globalizzazione - dice Alvaro Miorelli - è stata la cartina di tornasole che ha messo a nudo, per ogni impresa indipendentemente dalla sua nazionalità, quanto oggi la dimensione aziendale sia importante per presidiare o conquistare  i mercati ed investire credibilmente in R&S».
Insomma, stessi problemi richiedono stesse soluzioni: più facile trovare queste soluzioni quando non si ha l’acqua alla gola, si sono dette, pragmaticamente, la catalana Pinter e la biellese Caipo che, non a caso, vivono oggi un momento di particolare solidità economica e non hanno problemi finanziari. Una situazione che ha consentito ai due partner di prendere le decisioni ritenute migliori in piena libertà d’azione.

Strategia. Grazie all’accordo tra Pinter e  Caipo, le due aziende continueranno le rispettive produzioni di macchinari a Barcellona e a Valle  Mosso, mettendo in comune  l’investimento in ricerca, ma, in un’ottica di economia di scala, mettendo soprattutto l’accento sulla realizzazione e gestione delle strutture post-vendita sui principali mercati.
«La rete di strutture post-vendita sui mercati locali di sbocco, per un settore come quello meccanotessile, rappresenta infatti un fattore importante di vantaggio competitivo - spiega ancora Adrià Serra -. Si tratta di un fattore che implica investimenti importanti per i quali la massa critica assume oggi rilievo decisivo. Con la fusione, sarà più facile operare in questa direzione, sia razionalizzando le strutture già esistenti (abbiamo già delle joint ventures in India, sia come Pinter sia come Caipo), sia creandone di nuove e spartendo i mercati secondo l’influenza e la capacità dei rispettivi agenti commerciali».
La Pinter-Caipo Technologies, holding controllante con sede a Barcellona, sarà guidata da un consiglio che rappresenterà i vertici delle due controllate. Per la terra biellese e catalana, le ricadute positive si misurano soprattutto con la internazionalizzazione e con il permanere sui territori di due aziende che tradizionalmente mantengono e stimolano in loco un indotto importante attraverso l’outsourcing produttivo.
Per il Biellese, inoltre, un esempio decisivo di come si possa e si debba compiere un salto mentale di qualità, comprendendo che il concorrente non è  tanto l’imprenditore  dall’altro lato della strada ma, piuttosto, colui che sta dall’altra parte del mondo.
«Questa fusione - conclude infatti Marilena Bolli - vuole rappresentare soprattutto l’evoluzione virtuosa del modello di impresa familiare, permettendo un percorso di separazione tra management e controllo azionario. Con l’operazione, abbiamo voluto dare un duplice segnale: quello dell’importanza della continuità storica, salvaguardando il nostro rispettivo background, e quello dell’importanza di non fermarsi solo ad esso ma impegnandoci sul terreno dell’internazionalizzazione che è, nella società odierna che deve tenere insieme dimensione globale e locale, una delle nuove forme in cui si declina la responsabilità sociale  d’impresa».

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