Una fusione che valeva 5mila Lire

Una fusione che valeva 5mila Lire
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"Dopo 315 anni possiamo registrare finalmente un passo in avanti in tema di fusioni dei Comuni», ha detto Maurizio Piatti, sindaco da due mesi del nuovo Comune di Campiglia, nato dalla fusione di tre paesi dell’Alta Valle Cervo,  in occasione dell’inaugurazione della mostra sulla storia, il lavoro e la vita in quelle località dal 1690 fino all’Unità d’Italia. 

Storia e cuore. Quale migliore occasione per riprendere le fila della storia di terre che un antico documento del 1696 definiva “… montagne sterile e infruttifere… solo fieni e canape, castagne e alcune noci… montagne montuosissime e sassose senza minima piana. Molti sono periti di fame, altri hanno habandonato le proprie case e sono andati ad habitare altrove per non poter più sussistere”. 
Storia che rivive nei locali del Santuario di San Giovanni d’Andorno, dove saranno in mostra fino al 21 agosto libri - molti sarebbero da restaurare. Chi vuole dare una mano? - e documenti d’epoca rispolverati dagli archivi dei tre Comuni ora unificati. 

Il racconto di un nonno. Idealmente è un nonno, raffigurato nel manifesto della mostra, che parla e spiega alla sua nipotina la storia contenuta nei preziosi manoscritti. Le ricorda, attraverso il documento datato 22 agosto 1694, l’offerta di 5mila lire da parte della cittadinanza per ottenere dal Duca la separazione dal Marchesato d’Andorno e creare un nuovo Comune con sede a Campiglia. 

Difficoltà a rapportarsi. Purtroppo bastano quattro anni e nel 1700 torna la divisione in piccoli Comuni. E i poveri valligiani continuano a emigrare in cerca di fortuna e di lavoro, si inchinano davanti ai Savoia che sono i loro maggiori committenti, partecipano sempre alle vicende storiche dei Savoia, dall’assedio di Torino con il sacrificio di Pietro Micca alle sanguinose guerre che si succedono fino alla Rivoluzione francese, quando a Campiglia i cittadini prestano giuramento alla Repubblica per “mantenere Libertà e Uguaglianza”. Garibaldi a Sagliano ma anche la vita di tutti i giorni. È il 1849 e ospite del vescovo Losana arrivano a Biella i Cacciatori delle alpi, con Garibaldi che ricorda l’eroe locale rendendo visita alla sua casa natale di Sagliano. Il nonno virtuale della mostra continua a raccontare la storia della Valle, i cambiamenti, anche nella Chiesa locale, che segnano la vita dei valligiani quando non esiste più memoria degli antichi privilegi. I curatori della mostra, Chiara Fiorina e Giorgio Piccino, hanno raccolto anche gli antichi strumenti di lavoro, testimonianza della vita difficile in montagna. Si va dagli attrezzi da lavoro dei muratori al necessario per lavorare le noci o la segale. Un’antica notifica precisa che tra i mestieri più richiesti dal Ducato c’era la lavorazione della pietra per costruzioni e fortificazioni militari, che vedeva in prima linea gli emigranti dell’Alta Valle Cervo. 

"Dopo 315 anni possiamo registrare finalmente un passo in avanti in tema di fusioni dei Comuni», ha detto Maurizio Piatti, sindaco da due mesi del nuovo Comune di Campiglia, nato dalla fusione di tre paesi dell’Alta Valle Cervo,  in occasione dell’inaugurazione della mostra sulla storia, il lavoro e la vita in quelle località dal 1690 fino all’Unità d’Italia. 

Storia e cuore. Quale migliore occasione per riprendere le fila della storia di terre che un antico documento del 1696 definiva “… montagne sterile e infruttifere… solo fieni e canape, castagne e alcune noci… montagne montuosissime e sassose senza minima piana. Molti sono periti di fame, altri hanno habandonato le proprie case e sono andati ad habitare altrove per non poter più sussistere”. 
Storia che rivive nei locali del Santuario di San Giovanni d’Andorno, dove saranno in mostra fino al 21 agosto libri - molti sarebbero da restaurare. Chi vuole dare una mano? - e documenti d’epoca rispolverati dagli archivi dei tre Comuni ora unificati. 

Il racconto di un nonno. Idealmente è un nonno, raffigurato nel manifesto della mostra, che parla e spiega alla sua nipotina la storia contenuta nei preziosi manoscritti. Le ricorda, attraverso il documento datato 22 agosto 1694, l’offerta di 5mila lire da parte della cittadinanza per ottenere dal Duca la separazione dal Marchesato d’Andorno e creare un nuovo Comune con sede a Campiglia. 

Difficoltà a rapportarsi. Purtroppo bastano quattro anni e nel 1700 torna la divisione in piccoli Comuni. E i poveri valligiani continuano a emigrare in cerca di fortuna e di lavoro, si inchinano davanti ai Savoia che sono i loro maggiori committenti, partecipano sempre alle vicende storiche dei Savoia, dall’assedio di Torino con il sacrificio di Pietro Micca alle sanguinose guerre che si succedono fino alla Rivoluzione francese, quando a Campiglia i cittadini prestano giuramento alla Repubblica per “mantenere Libertà e Uguaglianza”. Garibaldi a Sagliano ma anche la vita di tutti i giorni. È il 1849 e ospite del vescovo Losana arrivano a Biella i Cacciatori delle alpi, con Garibaldi che ricorda l’eroe locale rendendo visita alla sua casa natale di Sagliano. Il nonno virtuale della mostra continua a raccontare la storia della Valle, i cambiamenti, anche nella Chiesa locale, che segnano la vita dei valligiani quando non esiste più memoria degli antichi privilegi. I curatori della mostra, Chiara Fiorina e Giorgio Piccino, hanno raccolto anche gli antichi strumenti di lavoro, testimonianza della vita difficile in montagna. Si va dagli attrezzi da lavoro dei muratori al necessario per lavorare le noci o la segale. Un’antica notifica precisa che tra i mestieri più richiesti dal Ducato c’era la lavorazione della pietra per costruzioni e fortificazioni militari, che vedeva in prima linea gli emigranti dell’Alta Valle Cervo. 

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