Sicurezza in carcere KO: dopo l'inchiesta paga l'ex direttrice
Addirittura il metal detector all'ingresso non funzionava. C'erano poi fili scoperti e altre violazioni.
Sicurezza in carcere KO: dopo l'inchiesta paga l'ex direttrice.
Arrivano i carabinieri
Era stato lo stesso procuratore, Teresa Angela Camelio, ad accorgersi, durante la sua prima visita istituzionale, che qualcosa nel carcere di viale dei Tigli non funzionava a dovere e che le misure di sicurezza apparivano per certi versi parecchio allentate. Al punto che, addirittura, non era attivo il metal detector all’ingresso ed erano nulli alcuni sistemi per garantire la sorveglianza tra detenuti e parenti durante i colloqui, con un solo agente a dover controllare tre sale. Quando il Procuratore aveva inviato i carabinieri che lavorano al suo fianco (coordinati dal luogotenente Tindaro Gullo) e lo Spresal a verificare i tanti dubbi che le erano sorti anche dopo essersi confrontata con le rappresentanze sindacali della Polizia penitenziaria, il caso era letteralmente esploso.
Sanzioni alla direttrice
Con l’intervento degli ispettori del “Visag”, il servizio di Vigilanza sull'igiene e sulla sicurezza dell'amministrazione della Giustizia, sono state contestate alla stessa direttrice del carcere di allora, Antonella Giordano - in qualità di datore di lavoro e responsabile della struttura - parecchie violazioni che sono costate al dirigente una sanzione di 8.300 euro subito pagata che ha assorbito l’indagine penale e l’eventuale fase processuale.
Più sicuro
«Adesso possiamo affermare che il carcere è diventato un posto più sicuro, sia per gli operatori sia per gli stessi detenuti», ha spiegato il Procuratore capo che, a suo tempo, aveva ricevuto nel suo ufficio i rappresentanti sindacali degli agenti penitenziari che per un certo periodo avevano dato vita a clamorose forme di protesta davanti al carcere proprio per rimarcare le tante magagne che si trovavano a dover affrontare ogni giorno.
L'indagine
Con l’intervento dei carabinieri dell’aliquota che opera in Procura, coadiuvati in parte agli ispettori dello Spresal (l’organismo dell’Asl di Biella che si occupa della prevenzione nei luoghi di lavoro) e degli ispettori della struttura di vigilanza dell’amministrazione penitenziaria, l’elenco delle violazioni si era fatto lungo e dettagliato. Alla fine il luogotenente Gullo aveva tirato le fila delle indagini e aveva presentato al Procuratore uno scenario dalle tinte assai fosche.
Le violazioni
Oltre al metal detector che non funzionava all’ingresso che nella peggiore delle ipotesi avrebbe potuto consentire a un malintenzionato armato di entrare in una struttura che, quantomeno sulla carta dovrebbe essere blindata, erano emerse mancanze nei vari reparti con porte pesanti con cerniere ormai usurate che avrebbero potuto cadere addosso ad agenti o detenuti, vetri messi anche peggio, fili elettrici scoperti. La porta della mensa, poi, era stata addirittura scocciata e bloccata proprio per impedire che potesse scardinarsi e travolgere qualcuno.
Tentata evasione e droga
Il malfunzionamento dei sistemi di sicurezza, inoltre, era stato a quel tempo evidenziato dal tentativo di fuga di un detenuto che era addirittura riuscito a scavalcare il muro di cinta senza essere ripreso dalle telecamere ormai da tempo scassate ed era poi stato fermato solamente dalle parti del cancello d’ingresso. Senza contare che, per colpa dei sistemi di sicurezza allentati, troppe volte era entrata in viale dei Tigli della droga.
Con la pesante oblazione pagata da parte della direttrice del carcere, quindi, il procedimento si è estinto.
V.Ca.