«Se testimoni, tua figlia...»

«Se testimoni, tua figlia...»
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Era arrivato al punto di minacciarla fuori dall’asilo mentre lei aspettava la sua bambina. E due settimane dopo davanti alla fabbrica dove aveva trovato lavoro, a fine turno: «Pensaci bene, togli la denuncia, ricorda che hai una figlia e potresti non trovarla più a casa...». Minacce gravi, pesanti, da far paura, rivolte  da un uomo, che tutti sapevano avere precedenti penali anche pesanti, nei confronti della donna che lo aveva trascinato davanti a un giudice con l’accusa d’averla costretta a prostituirsi per risarcire le spese e il favore d’averla fatta entrare in Italia dall’Albania. Una storia triste, un mix di  grave disagio, di necessità, di pesanti ricatti. Ma lei ha tenuto duro e, per l’ennesima volta, si è rivolta alle forze dell’ordine e ha denunciato quello che col tempo s’era trasformato nel suo persecutore.

Accusato di tentata estorsione e minacce gravi, si è trovato imputato un cittadino albanese di 42 anni, Dritan Domi, che più volte in passato aveva alterato anche solo parte delle sue generalità pur di non farsi riconoscere, già colpito da tre decreti di espulsione, due emessi dalla Questura di Vercelli e uno dalla Questura di Biella.
In aula l’imputato non s’è fatto vedere. C’era solo il suo difensore d’ufficio, l’avvocato Riccardo Ventura, che ha svolto al meglio il suo mestiere. Alla fine la condanna è arrivata lo stesso, senza la concessione delle attenuanti generiche («per i pessimi precedenti penali», ha scritto il giudice, Eugenio Gramola, NELLA FOTO), ma con una derubricazione del reato, da tentata estorsione a tentata violenza privata, che ha contribuito a un inevitabile contenimento della condanna. La pena è stata comunque notevole: due anni tondi di reclusione, che l’imputato, con il beneficio della condizionale ormai azzerato, dovrà per forza scontare.
Il giudice, nelle motivazioni contestuali alla sentenza, ha spiegato che il profitto che l’imputato intendeva ottenere  (fondamentale nell’ipotesi di reato dell’estorsione) «era meramente - se così si vuol dire - morale, in quanto rappresentava una sorta di vendetta rispetto a quanto commesso dalla parte offesa». E cioé l’averlo denunciato per averla costretta a esercitare la prostituzione.
L’imputato, stando al capo d’accusa, voleva costringere la connazionale a ritirare le denunce e ad andarsene dall’Italia. «Ti aiutiamo noi ad ottenere un altro passaporto e ad andare via», aveva precisato Dritan Domi a corollario delle sue minacce. La donna  - che da anni abita a Biella, lavora e sta crescendo la sua bambina in modo sereno - nonostante la paura per se stessa e per la figlia, aveva deciso di non lasciarsi condizionare e aveva denunciato di nuovo alle forze dell’ordine il connazionale.
V.Ca.

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