Cronaca
rsa post covid

«Ripensare a modello case di riposo»

Garbella e Craviolo: «Abbiamo lavorato tanto per farle diventare “aperte”, non torniamo al passato»

«Ripensare a modello case di riposo»
Cronaca Elvo, 26 Maggio 2020 ore 07:00

«Ripensare a modello case di riposo».

Sicurezza e costi

La tempesta che si è abbattuta sulle case di riposo tra fine febbraio e i primi giorni di maggio sembra essersi attenuata. Tanti i decessi sospetti anche nelle Rsa biellesi, con il Covid principale indiziato nell’aver provocato una strage di anziani già debilitati da età avanzata e altre patologie. All’indomani della tragedia e degli errori evidenti come i tamponi fatti a tappeto, con colpevole ritardo, per individuare i contagiati tra operatori e ospiti, le case di riposo devono guardare al futuro in maniera differente, in particolare sul fronte della sicurezza e dei costi da sostenere. Nulla sarà più come prima: «Da vent’anni lavoriamo duramente per “aprire” questo tipo di strutture - dicono due responsabili - il rischio è di tornare al passato».

Cerino Zegna

Paola Garbella è il direttore generale della Fondazione Cerino Zegna che ha in gestione le Rsa di Occhieppo Inferiore (dove ci sono ancora 5 positivi asintomatici), Mongrando e Lessona. In questi due paesi, i centri diurni restano chiusi: «È il nostro grande cruccio, attendiamo ancora disposizioni precise, speriamo dal 3 giugno di poterli riaprire» dice. Attualmente vi lavorano 220 persone e gli ospiti sono poco meno di 200. «Da noi le visite parenti sono ancora interdette - spiega Garbella - e da marzo abbiamo sopperito con le videochiamate. Le attività socio ricreative le abbiamo ancora sospese tranne che a Lessona dove sono ricominciate in maniera lieve. Niente feste, laboratori o ginnastica. Ma dal 28 aprile abbiamo un accesso regolamentato al Cerino Zegna di Occhieppo, dove ci sono sei posti letto (11 a Lessona e 1 a Mongrando, ndr) per accogliere persone con tampone negativo e che si sottopongono a 14 giorni di isolamento in camera singola. Abbiamo subito ovviamente perdite importanti in termini economici a cui bisogna aggiungere 50mila euro di costi aggiuntivi per l’acquisizione di dispositivi di protezione. Le rette? Per i privati si pagano 74 euro al giorno, nessun ritocco». Il futuro dell’Rsa è tutta da decifrare: «Abbiamo lavorato duramente per più di 20 anni per farle diventare strutture aperte al territorio con iniziative e orari di apertura massimi, adesso il rischio è di tornare indietro. Mi domando se questo non provoca cambiamento dell’appeal dell’Rsa. Inoltre, e lo dico senza polemica, bisogna rivedere la cura medica che nel tempo è sempre stata in capo ai medici di base generale. Però con un aggravamento della situazione sanitaria che mi lascia molti punti interrogativi».

Mosso e Trivero

Chiara Craviolo è la direttrice della casa di riposo Borsetti di Mosso (oggi con 50 ospiti), del centro anziani (20) e della San Bernardo di Trivero (22), strutture gestite dalla Nuova Assistenza di Novara. Ci lavorano un’ottantina di persone e gli ultimi tamponi effettuati hanno dato tutti esito negativo. «La nostra fase 2 è partita continuando incessantemente a dare notizie ai parenti dei nostri ospiti - spiega Craviolo - purtroppo finché ci vincolano a tenerli lontani, non cambia molto, lo sappiamo. Nel frattempo stiamo pensando di tenere gli incontri futuri nelle varie aree aperte a nostra disposizione, sui terrazzi e nei giardini interni. Non abbiamo mai smesso di fare attività, ovviamente riducendole, e con tutte le precauzioni del caso». Sul futuro: «Ho sentito parlare di strutture chiuse come i vecchi manicomi. È folle. Le strutture sono già state aperte con visite senza necessità di prenotazioni di ingressi. Purtroppo la pandemia ha bloccato tutto. Per riorganizzarsi ci saranno sicuramente delle perdite dal punto di vista economico, ci inventeremo cose diverse e a distanza. Alzare i costi delle rette? I nostri ospiti non convenzionati pagano 74 euro al giorno, aumentare non si può».

Lorenzo Lucon

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