Quando il torrente cambia colore, da rosso scuro a nero

Quando il torrente cambia colore, da rosso scuro a nero
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Il torrente Oremo, dopo aver accolto il rio Bolume, scorre di fianco alla strada del “Maghettone” prima di tuffarsi nell’Elvo a Borriana. Ad accoglierlo, nel loro grembo, ci sono boschi e campi coltivati. Lo scenario è piacevole, il fresco delle fronde, d’estate, è presente lungo quasi tutto il suo tratto. Il torrente è formato da classiche cascatelle, ritorni d’acqua, piccoli salti e mulinelli, buche e lame, nelle quali sarebbe giusto aspettarsi la presenza di trotelle sospettose, ma pronte a lanciarsi sull’esca se presentata a dovere. Invece non ne vale la pena, meglio cambiare zona. Quello che potrebbe essere uno splendido tratto di torrente adatto alla pesca, dall’acqua limpida, cristallina, è in realtà un confluente dell’Elvo di colore nero. L’acqua scorre, s’arresta, salta, si butta nelle lame e nelle buche... nera! Non si può immaginare che possa accogliere dei pesci vivi. La scorsa settimana era rosso scuro e quella prima ancora chissà.
E’ triste ritrovarsi in questi ambienti - che potrebbero essere da sogno - e non lasciarsi catturare dallo sconforto e dall’angoscia. Perché nessuno controlla? Perché nessuno previene? Chi sono i balordi che inquinano?
Quello di quel tratto di Oremo non è un inquinamento locale, un grave insulto alla natura per pochi intimi, diventa bensì sempre più globale con il trasporto di quelle migliaia di ettolitri d’acqua colorata verso l’Elvo, il Sesia, il Po, il mare. Ha tempo di diluirsi, si dirà. Più a valle, le specie di pesci boccheggeranno ma riusciranno a vivere. Ma che tristezza...
Vorrei che le pene per i balordi che inquinano, che abbandonano sacchetti d’immondizia lungo i torrenti di montagna o anche solo sulle sponde di un laghetto o di una diga, venissero raddoppiate, triplicate. E che i loro beni venissero confiscati. Chi commette questi sfregi alla natura non merita indulgenza perché fa del male a tutti. Ciò non significa essere ambientalisti radicali, di quelli che, per ora solo in altre province, arrivano al punto di impedire addirittura a chi pesca di esercitare la propria passione. Significa solo essere pescatori con la “P” maiuscola. Coscienziosi e consapevoli.
Valter Caneparo

Il torrente Oremo, dopo aver accolto il rio Bolume, scorre di fianco alla strada del “Maghettone” prima di tuffarsi nell’Elvo a Borriana. Ad accoglierlo, nel loro grembo, ci sono boschi e campi coltivati. Lo scenario è piacevole, il fresco delle fronde, d’estate, è presente lungo quasi tutto il suo tratto. Il torrente è formato da classiche cascatelle, ritorni d’acqua, piccoli salti e mulinelli, buche e lame, nelle quali sarebbe giusto aspettarsi la presenza di trotelle sospettose, ma pronte a lanciarsi sull’esca se presentata a dovere. Invece non ne vale la pena, meglio cambiare zona. Quello che potrebbe essere uno splendido tratto di torrente adatto alla pesca, dall’acqua limpida, cristallina, è in realtà un confluente dell’Elvo di colore nero. L’acqua scorre, s’arresta, salta, si butta nelle lame e nelle buche... nera! Non si può immaginare che possa accogliere dei pesci vivi. La scorsa settimana era rosso scuro e quella prima ancora chissà.
E’ triste ritrovarsi in questi ambienti - che potrebbero essere da sogno - e non lasciarsi catturare dallo sconforto e dall’angoscia. Perché nessuno controlla? Perché nessuno previene? Chi sono i balordi che inquinano?
Quello di quel tratto di Oremo non è un inquinamento locale, un grave insulto alla natura per pochi intimi, diventa bensì sempre più globale con il trasporto di quelle migliaia di ettolitri d’acqua colorata verso l’Elvo, il Sesia, il Po, il mare. Ha tempo di diluirsi, si dirà. Più a valle, le specie di pesci boccheggeranno ma riusciranno a vivere. Ma che tristezza...
Vorrei che le pene per i balordi che inquinano, che abbandonano sacchetti d’immondizia lungo i torrenti di montagna o anche solo sulle sponde di un laghetto o di una diga, venissero raddoppiate, triplicate. E che i loro beni venissero confiscati. Chi commette questi sfregi alla natura non merita indulgenza perché fa del male a tutti. Ciò non significa essere ambientalisti radicali, di quelli che, per ora solo in altre province, arrivano al punto di impedire addirittura a chi pesca di esercitare la propria passione. Significa solo essere pescatori con la “P” maiuscola. Coscienziosi e consapevoli.
Valter Caneparo

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