Prosciolto cittadino rumeno che ottenne il reddito di cittadinanza
Dichiarò falsamente di essere residente in Italia da oltre dieci anni: in cinque mesi ottenne 6904,68 euro (poi restituiti).
È stato discusso mercoledì in tribunale a Biella il caso di C.R. I., un cittadino di 39 anni di origini rumene residente in un comune del Biellese, imputato in un processo per aver richiesto (e ottenuto) con dichiarazioni false il reddito di cittadinanza: da queste accuse l'uomo è stato prosciolto per tenuità del fatto.
Prosciolto per tenuità del fatto: l'inizio della vicenda
I fatti risalgono al dicembre del 2020, quando l'allora 35enne ottenne il primo versamento del reddito di cittadinanza per il quale aveva presentato domanda. Al fine di ottenerlo, però, avrebbe reso dichiarazioni false in merito alla situazione anagrafica del proprio nucleo famigliare, omettendo di fornire informazioni dovute per la concessione del beneficio e dichiarando falsamente “di aver risieduto in Italia per almeno dieci anni e di risiedere in Italia da almeno due anni in modo continuativo”, un prerequisito indispensabile per accedere al Reddito di cittadinanza.
Il percepimento dei soldi e il rinvio a giudizio
L'uomo riuscì a beneficiare del Reddito di cittadinanza da dicembre 2020 fino al maggio del 2021, ottenendo nel lasso di tempo un importo totale pari a 6904,68 euro. Le irregolarità nella sua domanda, però, sarebbero nel frattempo emerse e avrebbe perso il diritto al reddito anche a fronte del fatto che avrebbe omesso di comunicare, entro i termini previsti, le variazioni del proprio reddito. Per questo nei confronti dell’imputato era stata avanzata la richiesta di rinvio a giudizio in data 5 luglio 2023.
L'integrazione delle indagini da parte della Guardia di Finanza
Il giudice aveva all'epoca disposto l’integrazione delle indagini, dalla quale era emerso che al momento della presentazione della domanda volta all’ottenimento del reddito l'imputato non fosse residente in Italia da almeno dieci anni e che comunque non avesse il requisito della residenza continuativa di almeno due anni. L’attività d’integrazione probatoria disposta d’ufficio ha rilevato inoltre che l'imputato era sconosciuto alle banche dati tributarie e non, come dimostrò la Guardia di Finanza incaricata dell'approfondimento investigativo. Di fatto l'uomo era come se fosse un fantasma: a lui non risultavano essere infatti intestate attività, veicoli o utenze, né godeva di versamenti tributari, contributivi o assicurativi o informazioni reddituali e informative di polizia.
Prosciolto per tenuità del fatto
Sebbene in astratto ci fossero tutti gli elementi per condannare l'uomo, le modalità della condotta non hanno avuto connotazione di particolare gravità ed essendo il danno cagionato esiguo, anche a fronte della procedura di restituzione delle somme indebitamente percepite attivata ad istanza dello stesso imputato, finora incensurato, la giudice ha emesso una sentenza con la quale l'uomo è stato di fatto prosciolto perché il fatto non è punibile per particolare tenuità dello stesso.