Piazzavano trappole

Piazzavano trappole
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E’ costato caro a quattro cacciatori di frodo piazzare delle trappole in mezzo a un bosco del Parco della Bessa, una delle riserve naturali biellesi che comprende parte del territorio dei comuni di Cerrione, Borriana, Zubiena e Mongrando. Sono finiti tutti sotto processo e condannati dal giudice onorario, Iolanda Villano, a pene comprese tra i quattro e i dieci mesi. Uno di loro è finito nei guai anche per i reati di ingiurie e minacce per aver aggredito e preso a malaparole il Guardaparco responsabile della vigilanza.

Antonio E., 53 anni, di Mongrando, e il suo amico Francesco P., 48 anni, di Genova, se la sono cavata con una pena a quattro mesi di arresto più 800 euro di ammenda con la condizionale. Un mese in più di arresto e mille euro di multa, è la pena inflitta ad Antonio P., 54 anni, di Gaglianico.
Infine Roberto P., 46 anni, di Mongrando, ha avuto la pena più pesante proprio per le frasi non proprio piacevoli  che si era lasciato scappare quel giorno: dieci mesi di reclusione con la condizionale.
Per ricostruire i fatti bisogna andare indietro nel tempo. Sono passati giusto quattro anni. Il pomeriggio del 23 marzo 2008, il responsabile del Parco della Bessa aveva notato lungo una traccia di passaggio lasciata dagli animali selvatici in mezzo a un bosco, un lacciolo in plastica e metallo, di colore bianco, preparato da mano sapiente con nodo scorsoio. La trappola era assicurata alla base di un albero. Per evitare che qualche animale ci finisse dentro, il Guardaparco l’aveva disattivata. Non l’aveva però rimossa. L’aveva lasciata nello stesso punto e si era nascosto con l’intenzione di verificare se la trappola fosse controllata e se qualcuno si fosse avvicinato per riattivarla.
In effetti, da lì a poco, erano arrivati i quattro imputati che dopo essersi consultati, avevano riattivato il lacciolo metallico. Solo in quel momento - ottenuta la certezza quegli sconosciuti fossero sul serio coloro che avevano attivato la trappola - il Guardaparco, peraltro in divisa d’ordinanza, era venuto allo scoperto e si era qualificato.
Tre del quartetto non avevano avuto problemi a fornire le loro generalità mentre il quarto, nonostante gli altri cercassero in tutti i modi di convincerlo a scendere a più miti consigli, aveva iniziato a insultare e a minacciare in modo pesante il pubblico ufficiale il quale, considerato che la zona era isolata e con sé non aveva armi, aveva deciso di allontanarsi e di presentarsi subito dopo nella caserma dei carabinieri di  Salussola a presentare denuncia.
V.Ca.

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