Patteggia per la morte di “Zanfo”
Accusata dell’omicidio colposo di Guido Zanforlin, 62 anni, “Zanfo” per gli amici, travolto e ucciso a Viverone l’8 giugno dell’anno scorso mentre in sella alla sua inseparabile moto stava percorrendo la statale del lago, la conducente dell’auto coinvolta nell’incidente, Tania Cesarina Battistini, 48 anni, di Roppolo ma, di fatto, domiciliata a Castellamonte, ha patteggiato mercoledì mattina davanti al giudice dell’udienza preliminare, Claudio Ferrero, una pena a un anno e due mesi di reclusione con la condizionale.
Secondo il capo d’imputazione, la moto Bmw con il sella Zanforlin, titolare dell’omonima carrozzeria di via Rondolino a Cavaglià, stava procedendo da Piverone verso Viverone a una velocità non superiore ai 70 chilometri all’ora. L’imputata (difesa dall’avvocato Gino Obert di Torino), stava viaggiando nell’opposta direzione. Giunta all’altezza dell’incrocio con via Formagnana, dopo essersi portata sul margine destro della strada, aveva all’improvviso effettuato una manovra di inversione a sinistra per riportarsi nella direzione opposta senza prima accertarsi di poterla effettuare in sicurezza. In quel momento , infatti, stava arrivando la moto del carrozziere che - sempre secondo l’accusa - era perfettamente avvistabile sia per la distanza limitata in cui si trovava, sia per la luce proiettata dalla sua moto, sia per le condizioni generali di illuminazione caratterizzata da luce diurna e artificiale. Il motociclista, molto esperto, aveva provato a sottrarsi all’impatto sfilando davanti alla Punto, ma purtroppo non c’era riuscito. Lo scontro era stato molto violento. “Zanfo” era finito a quaranta metri dalla vettura. Per le gravi ferite riportate, era morto sul colpo.
Il rombo di cinquanta moto aveva accolto l’arrivo del feretro il giorno del funerale. Il rombo dei biker del Motorrad Club di Biella e del Motoclub di Alice Castello, che con “Zanfo” avevano condiviso decine di motoraduni e migliaia di chilometri fianco a fianco, aveva scortato sino sul sacrato della chiesa la bara, adagiata su un sidecar. Una moltitudine di persone si era stretta accanto al dolore della moglie, Rosanna, e dei due figli, Claudio e Fabio. Don Adriano Bregolin aveva voluto ricordare l’amico carrozziere, evidenziando come la chiesa del paese non fosse mai stata così affollata per rendere omaggio a un uomo semplice. «Proprio quella sua semplicità - aveva concluso il sacerdote - lo rendeva unico. “Zanfo” resterà per sempre nei nostri cuori e nei nostri ricordi...».
Valter Caneparo
Accusata dell’omicidio colposo di Guido Zanforlin, 62 anni, “Zanfo” per gli amici, travolto e ucciso a Viverone l’8 giugno dell’anno scorso mentre in sella alla sua inseparabile moto stava percorrendo la statale del lago, la conducente dell’auto coinvolta nell’incidente, Tania Cesarina Battistini, 48 anni, di Roppolo ma, di fatto, domiciliata a Castellamonte, ha patteggiato mercoledì mattina davanti al giudice dell’udienza preliminare, Claudio Ferrero, una pena a un anno e due mesi di reclusione con la condizionale.
Secondo il capo d’imputazione, la moto Bmw con il sella Zanforlin, titolare dell’omonima carrozzeria di via Rondolino a Cavaglià, stava procedendo da Piverone verso Viverone a una velocità non superiore ai 70 chilometri all’ora. L’imputata (difesa dall’avvocato Gino Obert di Torino), stava viaggiando nell’opposta direzione. Giunta all’altezza dell’incrocio con via Formagnana, dopo essersi portata sul margine destro della strada, aveva all’improvviso effettuato una manovra di inversione a sinistra per riportarsi nella direzione opposta senza prima accertarsi di poterla effettuare in sicurezza. In quel momento , infatti, stava arrivando la moto del carrozziere che - sempre secondo l’accusa - era perfettamente avvistabile sia per la distanza limitata in cui si trovava, sia per la luce proiettata dalla sua moto, sia per le condizioni generali di illuminazione caratterizzata da luce diurna e artificiale. Il motociclista, molto esperto, aveva provato a sottrarsi all’impatto sfilando davanti alla Punto, ma purtroppo non c’era riuscito. Lo scontro era stato molto violento. “Zanfo” era finito a quaranta metri dalla vettura. Per le gravi ferite riportate, era morto sul colpo.
Il rombo di cinquanta moto aveva accolto l’arrivo del feretro il giorno del funerale. Il rombo dei biker del Motorrad Club di Biella e del Motoclub di Alice Castello, che con “Zanfo” avevano condiviso decine di motoraduni e migliaia di chilometri fianco a fianco, aveva scortato sino sul sacrato della chiesa la bara, adagiata su un sidecar. Una moltitudine di persone si era stretta accanto al dolore della moglie, Rosanna, e dei due figli, Claudio e Fabio. Don Adriano Bregolin aveva voluto ricordare l’amico carrozziere, evidenziando come la chiesa del paese non fosse mai stata così affollata per rendere omaggio a un uomo semplice. «Proprio quella sua semplicità - aveva concluso il sacerdote - lo rendeva unico. “Zanfo” resterà per sempre nei nostri cuori e nei nostri ricordi...».
Valter Caneparo